Guerra Ucraina: l’Italia “politically correct” può davvero aiutare i profughi?

Editoriale di Tina Rossi

La guerra in Ucraina è un problema che non si risolverà in breve tempo. E’ il conflitto bellico più delicato della storia dell’uomo, e non per sminuire i quasi 10 milioni di morti della prima guerra mondiale, o i quasi 70 della seconda.

Questa è una guerra che farà più danni in assoluto, per ovvie ragioni di incremento demografico, evoluzione degli armamenti, sviluppo delle risorse energetiche, tecnologiche e necessità umanitarie.

Ci sarebbe da dire che sono otto anni che l’Occidente assiste passivo alla crescita di un leader che ha ricalcato la propaganda mussoliniana per esaltare la sua figura. Otto anni in cui i giochi di frontiera sono stati sotto gli occhi di tutti, ma nei telegiornali di pochi. I segnali c’erano ed erano evidenti e più che segnali erano vere e proprie evidenze che non dovevano passare inosservate.

Anyway, una volta definita la via d’uscita dignitosa per eliminare il pericolo Putin, l’Ucraina diventerà una svizzera al confine con l’Occidente, ma solo alla fine…

Nel frattempo, bisognerà far fronte all’ennesimo esodo di profughi.

Guerra Ucraina: strategie di comunicazione

Intendiamoci subito prima di avere dei fraintendimenti: questa povera gente deve essere aiutata e ha il sacrosanto diritto alla libertà, all’assistenza umana e umanitaria. Ogni dittatura è condannata a prescindere e deve essere fermata.

Come persona e come giornalista promuoverò ogni azione atta ad aiutare e a supportare la sofferenza di chi chiederà aiuto.

Ciò che trovo preoccupante, invece, è la strategia di comunicazione che puntualmente è stata adottata dai media per raccontare la guerra in Ucraina.

Una comunicazione provinciale e bigotta dove le immagini cruente e brutali di feriti, famiglie in fuga e aeroporti pieni di gente che spera di poter scappare dalla guerra faran da padrone in tutti i tg, nazionali e non, per molti giorni.

Un’azione mediatica volta a toccare i cuori degli spettatori e a farci sentire delle merde nella nostra confort zone. Una comunicazione che ti sta dicendo che c’è chi sta peggio di te e che sei uno spietato cinico insensibile se non fai anche tu qualcosa.

Addirittura si ricorre a immagini e video fake che girano su social e chat, trasmessi per buoni anche dai TG nazionali. Contributi mediatici che con la guerra in Ucraina non c’entrano nulla. Risultano essere appartenenti ad altre guerre del passato o addirittura prese da film e videogiochi di nuova generazione (fonte Nicola Porro.it).

Lo trovo davvero stucchevole e vi spiego perchè.

We are the world

Tra qualche mese avremo in casa migliaia di persone. Sapremo gestirle?

Riformulo meglio la domanda: avremo le risorse per gestirle?

Oggi siamo tutti buonisti e guai a dire che i profughi sono un problema. Si passa per insensibili. Tutti a dire “poverini”, ma fra qualche tempo, come la penseremo?

E risparmiatemi il pippotto sul cinismo, per favore. Fare una riflessione sulle conseguenze di una nuova ondata di persone che avranno bisogno di assistenza subito, di un tetto il prima possibile, e di un lavoro poi, non è essere cinici: è essere realisti.

Dico per prima quello che che molti pensano nel segreto del loro confessionale. Lo dico oggi, educatamente e con toni calmi, prima di sentirlo gridare tra qualche martedi da Mario Giordano che, invocando Donato, offrirà le sue tonsille alle telecamere.

E non c’entra la carità cristiana ne il buon cuore. E’ una questione seria di risorse economiche che mancano in Italia già da un pezzo e che con la pandemia sono ancora più carenti.

Il lettore operaio

La domanda che si porrebbe il lettore operaio di Brecht è ma se non sono in grado di aiutare me, come pensano di aiutare loro? E soprattutto perchè non aiutano prima me? Quando arriva il mio turno?

Perchè mi pongo queste domande? Perchè la pioggia di miliardi che doveva coprire i piccoli imprenditori dai danni della pandemia, non è mai arrivata. Sono arrivate briciole buone solo a far tirare giu la serranda.

In Italia il tasso di natalità è sotto lo zero perchè il precariato impera, ed è sceso ancora a causa della pandemia: “i dati Istat sono un campanello d’allarme. Meno 15mila nascite nel 2020 e meno 12.500 nel 2021. La denatalità è la grande emergenza del nostro Paese. Le misure economiche e di sostegno alle famiglie devono diventare strutturali” (fonte Twit del ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà).

Lo dico oggi, perchè prima o poi, se ne parlerà ovunque.

L’assistenza è un dovere morale ma si scontra con la capacità effettiva di aiutare queste persone: siamo effettivamente in grado di assorbire questa ennesima onda d’urto? Esistono le risorse economiche logistiche e anche morali? Il nostro non è un paese che sta bene. L’Europa intera sta vivendo un momento più che critico.

Facile per governatori e politici cavalcare l’onda emotiva e dichiarare sistemi.

Qualche esempio?

Seconde case per ospitare i profughi

Il Governatore del Veneto avanza l’ipotesi di chiedere ai suoi cittadini di mettere a disposizione le loro seconde case per ospitare i profughi ucraini: “Grazie ai volontari già pronti, non escludo che se ci dovesse esser il peggio noi potremmo chiedere aiuto alle famiglie venete. Si tratta di donne e bambini, non escludo che se poi ci sarà bisogno, con un numero verde, chiederemo le disponibilità delle seconde case. Poi per il cibo ci arrangiamo noi” (fonte Il Gazzettino.it).

Ora vi chiedo: quanti veneti (e se l’idea piace ad altri governatori, quanti italiani) sono disposti a dare la loro seconda casa? Sulla base di quali garanzie? Come la recupereranno? Chi assorbirà i costi derivanti dalla proprietà? E soprattutto, rientreranno in possesso della proprietà o dovranno poi chiamare Fuori dal Coro per farla liberare?

Milano (e non solo), invece, pensa al ricongiungimento famigliare. Visto l’elevato numero di ucraini residenti in città, ipotizza un contributo alle famiglie che già hanno assunto una badante in casa per assistenza anziani, in caso di accoglimento di un famigliare della stessa (fonte Il Corriere.it).

La domanda sorge spontanea: perchè non sono previsti contributi per un “ricongiungimento famigliare” di un italiano che accoglie in casa la sorella che ha perso lavoro e casa? Come mai il filtro per quest’ultima nella richiesta di un eventuale contributo (tradotto, reddito di cittadinanza), è subordinato al reddito della famiglia ospitante e fa cumulo nell’Isee, che di fatto fa decadere la domanda per superamento della soglia prevista?

Essere umani di serie A ed essere umani di serie B?

Innanzitutto, non ho ben capito la differenza tra il profughi afghani (dove sono finiti? Non c’è più una sola fonte televisiva nazionale che ne parli), libici o africani, e quelli ucraini. Non ho sentito parlare, infatti di CPT per ucraini, ne di una “Ellis Island” per controlli covid. (A proposito, anche il covid è sparito dai nostri TG da quando c’è la guerra in Ucraina da vedere in TV).

E ancora: l’Europa come sosterrà il nostro paese? Come ha fatto per i profughi afgani, libici e del Rwanda?

Di fatto, l’Ucraina ha già depositato la richiesta di entrare nell’Unione Europea e, cito testualmente La Repubblica.it: “a Bruxelles la Ue varerà la direttiva di accoglienza temporanea che prevede in automatico il riconoscimento della protezione internazionale per un anno (rinnovabile) a tutte le persone che provengono dalle zone di guerra che non dovranno dunque presentare alcuna richiesta di asilo da passare al vaglio delle commissioni territoriali. Riceveranno il documento e potranno circolare liberamente in Europa. Non è dunque prevista alcuna ripartizione in quote di accoglienza per i 27 stati membri dell’Europa visto che i profughi saranno liberi di muoversi e di scegliere il Paese in cui andare a raggiungere amici e parenti”.

Anche gli afgani avevano passaporti ed erano profughi in fuga da una guerra. La Legge è uguale per tutti, ma non tutti sono uguali davanti alla legge?

E come la metteremo con vaccini, green pass base, rafforzati e superminkiapower?

Stato d’emergenza

Fa bene l’Italia a dichiarare lo Stato d’Emergenza. E non perchè ormai la povera e vecchia Costituzione giace agonizzante con il suo articolo 11, calpestata dagli anfibi camuffati da splendide derby in lucida pelle nera.

Siamo in emergenza, è vero, e la coperta è corta.

E’ giusto aiutare e lo faremo. Noi italiani siamo un popolo straordinario e condivideremo ancora una volta gli onori e gli oneri della parola accoglienza. E lo faremo con cuore, con umiltà e sincerità, ma per favore, risparmiatemi il politically correct.

Se parliamo di politically correct, le dichiarazioni rilasciate appaiono difficilmente impraticabili, e hanno tutta l’aria di essere buone a compiacere solo un elettorato. Perchè la cruda realtà è ben altra.

Sediamoci pure tutti a tavola ma la pagnotta è sempre una sola.

Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”