Guerra in Ucraina e global warming: danni ambientali incalcolabili

Fermatevi o non esisterà più un pianeta dove giocare a risico

Quando pensiamo alla guerra in Ucraina la mente associa immediatamente immagini di feriti, rifugiati e morti, in uno scenario di palazzi distrutti e macerie fumanti. Ma la guerra non uccide solo gli uomini e non distrugge solo edifici. La guerra, prima ancora di scoppiare, distrugge il pianeta. E lo fa inquinando mari, terra, macinando risorse energetiche e cibando eserciti, qualunque sia la loro bandiera.

Il primo passo per organizzare una guerra, è creare gli eserciti e le flotte. Mezzi, armi e tecnologie che richiedono energia, derivante da petrolio, comodo da trasportare ma altamente inquinante.

Vi siete chiesti come arrivano le bombe sul fronte? Vi siete chiesti quanti chilometri devono macinare i carri armati e le armi? Quanto mare deve percorrere una flotta per giungere a destinazione e quanto cielo devono percorrere gli aerei? Carburante nell’ambiente e tonnellate di rifiuti che si disperdono sopra e sotto di noi.

E fino a qui, non è ancora stata sganciata una sola bomba.

I trasporti militari arrivano poi sul territorio di guerra dove i campi allestiti occupano ettari di terreno, un capitale ecologico fatto di biodiversità e di delicati equilibri tra flora e fauna, irrimediabilmente modificati dalla presenza delle truppe, dalle esercitazioni belliche e dalla presenza di mezzi inquinanti.

E questo succede anche solo per le regolari esercitazioni di addestramento, senza che ci sia una vera e propria guerra da combattere.

Uno studio della Royal Geographical Society rivela che l’armata degli Stati Uniti, nel 2017 (quindi in “tempo di pace”) e solo per il mantenimento dei contingenti ha consumato quanto la Grecia o l’Austria: 270 mila barili di petrolio, liberando nell’ambiente oltre 25 milioni di tonnellate di CO2 (fonte RGS).

L’impatto della milizia degli Stati Uniti sull’ambiente è impressionante. Non possiamo fornire quello della Russia in quanto “non pervenuto”.

Giornata internazionale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in situazioni di guerra e conflitto armato

Ebbene si. Esiste una giornata internazionale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in situazioni di guerra e conflitto armato.

Nel 2001, l’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente ha deciso che la Giornata Internazionale per la Prevenzione dello Sfruttamento dell’Ambiente in Guerra e Conflitti Armati si sarebbe svolta d’ora in poi ogni anno alla data del 6 novembre. La risoluzione “riconosce il ruolo di ecosistemi sani e gestione sostenibile delle risorse nella riduzione del rischio di conflitti armati. Sottolinea inoltre la necessità di una maggiore consapevolezza da parte della comunità internazionale del problema dei danni causati all’ambiente durante i conflitti armati e ricorda la necessità di un’adeguata protezione dell’ambiente contro gli effetti di tali conflitti“. (A/RES/56/4)

L’ UNEP riferisce che quasi la metà dei conflitti interni derivano dal tentativo di appropriarsi di risorse naturali, siano esse acqua, terra fertile, legno, diamanti o petrolio. Il lato grottesco è che per le strategie belliche sono per la maggior parte basate proprio sulla distruzione delle stesse risorse in territorio nemico. Per ottenere un vantaggio militare, infatti, è sistematico inquinare pozzi d’acqua potabile, bruciare raccolti, abbattere alberi o uccidere animali.

I danni ambientali causati dai conflitti armati sconvolgono gli ecosistemi e compromettono le risorse naturali molto tempo dopo la fine delle ostilità. Hanno anche effetti che si estendono e si estendono ben oltre i limiti dei territori nazionali e che avranno conseguenze per le generazioni future.

Sebbene l’umanità abbia sempre contato le sue vittime di guerra in termini di soldati e civili morti e feriti, città distrutte e mezzi di sussistenza, l’ambiente è spesso rimasto la vittima non pubblicizzata della guerra. Non può esserci pace duratura se le risorse naturali e gli ecosistemi da cui le persone dipendono vengono distrutti

UNEP

I giocatori del Risico

Le nazioni sono sempre le stesse e le motivazioni pure. Dalla guerre puniche alle 169 guerre che si stanno combattendo sul nostro pianeta, ma che hanno un impatto mediatico notevolmente inferiore a quello della guerra in Ucraina, la storia è sempre la stessa e il passato non insegna. La memoria non insegna.

Oggi, in una li-erate society, post-alfabetizzata o digital literacy (cioè educata all’era digitale), sono davvero puerili i post e i blog dove il popolino esprime odio e sputa sentenze su una o sull’altra super potenza che dal secolo scorso continuano un braccio di ferro, freddo o caldo che sia.

Il problema non sono le stelle e le strisce o la falce e il martello, sostituiti poi da un tricolore bianco rosso e blu (guarda caso). E il problema non esiste solo da quando è scoppiata la guerra in Ucraina. La domanda non è “chi” ma “perchè”.

E il perchè sta in cosa nutre l’animale uomo.

E l’animale uomo si nutre di risorse energetiche prima ancora che di cibo.

Ma nella ricerca spasmodica di procacciare sempre più fonti di energia, attraverso guerre e odio, si rischia davvero di non aver più un pianeta dove giocare a Risico.

Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”