La Casa di Carta 4 – Netflix: emblema del maschilismo?

Su Netflix La Casa di Carta 4. La scorsa estate commentavamo insieme la terza parte della serie tv La Casa di Carta come emblema del femminismo post #MeToo.

Finalmente, a inizio aprile, su Netflix è arrivata anche La Casa di Carta 4, i cui commenti, non solo positivi, stanno spopolando sul web. Emerge, con piacevole sorpresa (in parte) un leggero cambio di rotta nella narrazione “maschi contro femmine”. Che la nuova serie sia l’emblema, invece, del maschilismo?

Tutta colpa degli uomini

Partiamo dal nemico interno alla banda: Palermo. È colpa sua, infatti, del suo ego e della sua sete di potere se quasi tutto il piano va in fumo e se un altro componente della banda muore.

Nairobi, che a inizio serie viene salvata da un’improvvisata Tokyo-allegro chirurgo, non ce la fa e viene uccisa dal suo sequestrato Gandìa, nonostante il patto di resa ottenuto dalla banda ormai disarmata. Tutta colpa degli uomini, quindi. Siamo ormai lontani dal sacrificio di Berlino che protegge il suo ostaggio (a cui non aveva comunque negato un’evidente oggettivazione femminile tipica del luogo comune del possesso della donna).

La fragilità maschile

Insomma, nella quarta stagione de “La Casa di Carta” la fragilità maschile in questo nuovo capitolo sembra farla da padrone. Come quella di Rio che, di nuovo nel gruppo, inizia a nascondere i propri traumi. Denver li intuisce, ma li usa per screditarlo. Chi è che lo ascolta? La moglie di Denver, Stoccolma, che guarda caso ora si trova in crisi col suo consorte.

Il motivo? Il solito luogo comune dell’uomo rude che non capisce la sensibilità femminile e l’incomunicabilità di genere. Lui non la ascolta, pensa solo a se stesso. A rimproverarlo, però, stavolta c’è un altro uomo, Bogotà, un orso dal cuore tenero che ovviamente per questo risulta sconfitto: si era appena dichiarato a Nairobi e dopo poco ha dovuto veder crollare il suo sogno d’amore.

Le donne sono la soluzione

Come la già citata Tokyo che salva la vita a Nairobi mostra un caratterino ribelle degno di prendere il comando della banda, portando appunto Palermo alla furia, e alla fine riesce a ingannare Gandìa, non sono da meno anche le altre donne: la compianta Nairobi incita gli orafi a fondere più lingotti possibili per uscire presto dalla banca; l’intrusa Manila, che solo in questa stagione si scopre essere cugina di Denver e Mosca, finto ostaggio e ex-uomo – sarà forse per il suo cambiamento in donna che è diventata degna di riuscire a fermare la furia di Arturito? –; infine, la spietata Alicia Sierra, che dal luogo comune della maternità raccontato nella terza stagione, riesce a risorgere e affinare tutto il suo intuito femminile per trovare, alla fine, il Professore – cosa ovviamente non riuscita ai colleghi uomini che si fanno prendere la mano dalla sete di vendetta e vengono corrotti dal nemico.

I luoghi comuni non si fermano

Qualcosa del #MeToo però – come se sottolineare la forza delle donne non ne fosse già un segnale – resta. Come la fragilità di Lisbona che, messa al muro dalla collega, rischia di tradire il Professore finché non capisce di avere ancora l’amato dalla sua parte: la figura della classica principessa da salvare.

E ancora, cosa non meno importante o sconvolgente, il paragone di Tokyo con una Maserati. In un dialogo in cui Denver cerca di sviluppare un’inedita sensibilità nei confronti di Rio, la ragazza viene paragonata alla potenza di un’auto indomabile. Morale, le donne portano solo problemi, ma la vera domanda è: perché devono essere rincorse e fermate o perché sono migliori degli uomini?

Netflix - La casa di carta 4 tutto il cast della serie tv
La Casa di Carta 4 – Serie TV Netflix – il cast
Giulia Di Leo
Giulia Di Leo
Laureata in Lettere moderne, ha frequentato la scuola di giornalismo all’Università Cattolica di Milano e oggi scrive per La Stampa e Zetatielle. Dice di sé: “ Sono una ragazza di provincia nata col sogno di scrivere, amo la mia città, Casale Monferrato, che mi ha insegnato a vivere di semplicità e bellezza, portandomi, poi, ad apprezzare la metropoli milanese che nella maturità mi ha conquistata. Non riesco a vivere senza musica: nata nel ’95, ho vissuto di riflesso gli anni delle musicassette degli 883. Mi nutro di cantautorato, pop, indie e trap per aprirmi al vecchio e al nuovo. Senza mai averne capito il perché, il giornalismo è sempre stato il sogno della vita, amo scrivere e la mia attitudine è raccontare e raccontarmi, con stile razionale e schietto. Il mio più grande desiderio è fare della mia passione un lavoro, avvicinandomi a tutti i mondi che fanno parte di me”.