2020 anno bisestile: virus, incendi e cavallette e siamo solo ad Aprile

Anno bisesto anno funesto dicono gli anziani, e il 2020 ha tutte le carte per vincere l’appellattivo di anno bisestile più funesto della storia. Il trascorrere di questo anno sembra l’avverarsi di una sorta di profezia biblica, come quella delle 10 piaghe d’Egitto. Non bastava il virus a diffondere il panico, con gli incendi delle ultime settimane, ora ritorna anche lo spettro del pericolo nucleare di Chernobyl, e l’invasione delle cavallette. E non è una battuta.

Anno Domini 2020: l’anno bisestile

L’anno bisestile inizia, come tutti i capodanni, a champagne e fuochi d’artificio. Chi l’avrebbe detto che neanche due mesi dopo saremmo entrati in isolamento forzato per colpa di un virus. Una piaga che non ha precedenti nella civiltà moderna. Una pandemia che non sta risparmiando nessuno, in un modo o nell’altro. Ma non è l’unica catastrofe che si abbatte sul mondo, in questo 2020, sesto anno bisestile del nuovo millennio.

L’incedio di Chernobyl

E’ dal 4 aprile che bruciano i boschi nell’area circostante all’ormai famoso reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl. Le cause, non ancora accertate, sono ancora oggetto di indagine. L’incendio che ha interessato la regione di Polesie, un’area a circa 15 chilometri dalla centrale nucleare di Chernobyl e si è piano piano avvicinato alla struttura in acciaio e cemento che avvolge il reattore che era stato oggetto dell’esplosione nucleare del 1986. La regione vanta una delle aree boschive più vaste in Europa. In quella zona, la popolazione convive da 34 anni con gli effetti della contaminazione radioattiva del disastro. È completamente bruciato il villaggio di Vilìcha. Come nell”86, la popolazione è stata evacuata e molte famiglie sono rimaste senza casa e alimenti. Il fumo radioattivo agisce negativamente nell’organismo umano, soprattutto in quello dei bambini

Chernobyl, 26 aprile 1986

La centrale nucleare si trova in Ucraina (all’epoca parte dell’Unione Sovietica), a 18 chilometri da Chernobyl e a 3 chilometri dalla cittadina Pripyat. Con lo scoppio del reattore della centrale qualsiasi cosa nella zona è letteralmente spazzata via e qualsiasi forma vivente sparisce. La nuvola radioattiva viaggia su tutta l’Europa per giorni e giorni. Tutta la zona intorno alla struttura è contaminata e la popolazione evacuata non farà mai più ritorno. Nel tempo, la foresta si è riformata e ha riconquistato tutta l’area, ma ogni forma vivente porta con se un’alto tasso di radioattività.

Black Carbon

Greenpeace Russia afferma che l’incendio boschivo di questi giorni, è il disastro ambientale peggiore mai registrato dall’incidente nucleare ad oggi. Ventimila ettari di foresta bruciati per giorni e giorni, e anche l’arrivo della pioggia del 14 aprile, che in un primo momento sembrava aver spento ogni focolaio ancora vivo, purtroppo non è bastata. Si registrano due ulteriori focolai a 2 km dalla centrale. La qualità del’aria ha subito un degrado importante e il timore è che il vento trasporti materiale radioattivo e che il fumo e le ceneri aumentino i livelli di radiazioni.

Se l’azione dei radionuclidi all’interno del corpo umano è conosciuta, meno nota è quella del nero di carbonio. I radionuclidi causano problemi cardiaci, trombosi e ictus. Il black carbon o nero di carbonio, è l’insieme di sostanze naturali e prodotti di combustione di materiale vegetale, quindi organico, di natura ciclica, aromatica e, pertanto, cancerogena (fonte progetto humus.it). Il black carbon crea fumi con molecole organiche cancerogene che rimangono nel ciclo alimentare delle coltivazioni e degli orti. Gli elementi radioattivi liberati dalla combustione degli alberi si concentrano nell’atmosfera e grazie ai venti, raggiugendo vaste zone, si depositano sui terreni contaminandoli. Inoltre, il fumo radioattivo è un elemento critico nell’organismo umano, soprattutto in quello dei bambini e crea patologie importanti. Un rischio che si aggiunge a quello del coronavirus.

Come si evince dal video simulazione, pubblicato dall’ IRNS (Institut de Radioprotection et de Sûreté Nucléaire), anche in questo caso, la nuvola sprigionata dall’incidente, si propaga su tutta l’Europa, arrivando fino a noi. Gli effetti saranno ovviamente minori, rispetto alla Polesia, ma la situazione è monitorata da vicino dagli istituti competenti.

L’invasione delle cavallette

Mentre in Europa siamo sotto il giogo dell’emergenza coronavirus, in Africa non se la passano meglio. L’anno bisestile 2020 inizia con un’invasione. Vero è che in questa parte di mondo si registrano pochi casi di covid-19, ma alcune zone del continente sono aggredite da un’altra catastrofe: le cavallette.

Certo, qualcuno dirà a questo punto, “a ognuno la sua croce”, ignaro che diventerà la croce di tutti. In tempi non sospetti, cioè in tempi non da coronavirus, un’ave maria e un pater noster laverebbe la coscienza di chiunque. E’ probabile che sollevi anche un tonante “echissene” da parte dei più, visto che noi abbiamo un virus da combattere, altro che cavallette. E invece non è così.

Un disastro che costerà all’Europa milioni di euro

Qualcuno un pò più accorto comprenderà subito che il problema è serio perchè a breve ci toccherà assorbire l’emergenza umanitaria che coinvolge, oltre i paesi attraversati in Asia, una fascia lungo il lato orientale del corno d’Africa che va dal Sudan al Kenia passando per, Eritrea, Somalia e Uganda, se siamo fortunati. Naturalmente, il fatto che intanto l’Europa ha stanziato 1,2 miliardi di scellini kenioti (più di 10 milioni di euro) come primi aiuti internazionali, è una notizia meno importante del decreto liquidità o del MES, per cui non è emerso all’attenzione dei media. Gli stati interessati hanno dichiarato lo stato di emergenza già dall’inizio dell’anno, contemporaneamente alla dichiarazione dell’emergenza coronavirus.

Un’intera macro regione di mondo invasa da milioni e milioni di insetti che hanno famelicamente attaccato le colture, trovando le condizioni ideali per riprodursi in tutta libertà. Il focolaio d’origine (oramai diventa un’espressione d’obbligo) è lo Yemen e da qui, attraversando deserti e mare, sono arrivate in Africa, senza incontrare resistenza. Superato il Mar Rosso, sono arrivate indisturbate in Somalia e in Eritrea, pronte ad invadere il Kenia.

Il caso Kenia

Nello specifico il Kenia, paese dove hanno sede le multinazionali di produzione alimentare dedicate alle esportazioni, ha già concentrato tutti i sui mezzi e i suoi sforzi per preservare le grandi aziende, lasciando però in uno stato di totale abbandono le campagne e chi ci vive. I contadini locali si sono così trovati a combattere contro le locuste cercando di allontanarle con le sole braccia. Conclusione: i raccolti che servivano al sostentamento delle famiglie e al mantenimento dei piccoli commerci locali sono stati divorati dalle cavallette.

Se consideriamo che a Nairobi esiste una delle più grandi baraccopoli del mondo che conta più di 600 mila persone (probabilmente anche di più se si considera l’impossibilità di censire anagraficamente aree di questo tipo), possiamo immaginare il domino di situazioni che derivano dalla scarsa alimentazione. Le cure mediche che sono riservate a chi se lo può permettere e la mancanza di condizioni igieniche genereranno una necessità di aiuti umanitari tali che lo stesso Kenia reclamerà al mondo.

Una catastrofe alimentare da milioni e milioni di dollari che ci arriverà addosso in termini di aiuti umanitari.

2020 anno bisestile un dipinto dove Totò con bombetta in testa, occhiali e baffetti fa le corna - incendi Chernobyl
2020 anno bisestile: virus, incendi e cavallette e siamo solo ad Aprile
Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”