La quercia, scelta dagli antichi irlandesi per il settimo mese del calendario arboreo
La quercia porta ancora oggi l’antico nome di Dair, come nei tempi più remoti: la radice è la stessa del sostantivo doras, che significa “porta”. Perché, per il popolo dei celti, permetteva il passaggio dalla realtà sensibile a quella soprannaturale. Nel calendario arboreo irlandese, era simbolo del settimo mese lunare, compreso tra gli attuali 10 giugno e 7 luglio. Seguiva quindi il mese del biancospino e precedeva quello dell’agrifoglio. Con la sua iniziale, connotava la consonante D nel corrispondente alfabeto, che derivava da questo stesso calendario. Era l’albero prediletto dei druidi, ossia i sacerdoti dei celti, in cerca del varco tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Era uno dei Sette Alberi Sacri della tradizione.


Albero sacro in quasi tutte le culture
Oltre ai celti, quasi tutti i popoli dell’antichità ebbero un legame speciale con la quercia. Greci, romani, sassoni, germani e scandinavi la inserirono nelle diverse mitologie come elemento proprio della divinità, compagna tanto di Zeus quanto di Thor. Nel santuario di Zeus, a Dodona, nell’Epiro, i pellegrini venivano da ogni parte della Grecia per consultare l’oracolo. Il mormorio delle foglie della quercia del santuario, mosse dal vento, era ritenuto la voce di Zeus che parlava ai suoi fedeli.


I grandi santi irlandesi che scelsero la quercia
La compatrona d’Irlanda santa Brigida fu badessa del monastero di Kildare, toponimo che significa “chiesa delle querce”. Con l’evangelizzazione dell’Isola di Smeraldo, infatti, i cristiani adottarono la quercia quale simbolo di forza, per il legno così duro che resisteva persino alle asce. Ci volevano utensili di ferro affilato, per abbatterla, e il materiale da costruzione che si ricavava era fondamentale per erigere abitazioni e chiese. Essendo anche un legno sagomabile, era impiegato nei cantieri navali, sia in Irlanda, sia nel resto d’Europa.
San Colm Cille, ovvero san Columba, si recava spesso a pregare presso una quercia che si trovava nella zona di Kenmore. Nei secoli seguenti, la popolazione continuò a custodire quella pianta con affetto, in ricordo del grande santo. Era cara soprattutto ai condannati a morte. Se riuscivano a farsene portare un rametto in prigione dalla famiglia, tenendolo in bocca – quando avevano già il cappio al collo per l’impiccagione – venivano graziati.


L’albero degli sposi
In Irlanda, la quercia è anche la pianta del matrimonio. In epoca pagana, le coppie si sposavano sotto una quercia e questa pratica non fu abbandonata del tutto con l’introduzione del cristianesimo. Dopo aver celebrato le nozze in chiesa, gli sposi si recavano presso una quercia, incidevano un cuore sulla corteccia e danzavano intorno al tronco. Al banchetto nuziale, poi, veniva offerta ad amici e parenti una bevanda preparata con le ghiande macerate.
Sugli stemmi delle famiglie nobili
Considerata simbolo di forza, la quercia fu inserita pure nello stemma di molte famiglie irlandesi, sia come albero intero, sia come semplice foglia. Quale elemento araldico, compare di solito in smalto verde, con le ghiande d’oro. La troviamo ad esempio nello scudo delle famiglie Boyle, Flanagan, Hegarty, Keane, O’Callaghan, Riordan, Tobin, etc… C’è poi una celebre famiglia, questa volta italiana, che alla quercia dedicò non solo lo stemma, ma anche la propria casata. Si tratta della famiglia Della Rovere, originaria di Savona, che diede alla Chiesa ben due papi, zio e nipote, ovvero Sisto IV e Giulio II. Il loro scudo è blu cobalto e accoglie una quercia d’oro. Il rovere è, infatti, una varietà di quercia ed è quella che vi illustreremo anche dal punto di vista fitoterapico.


Il Royal Oak Day
Questo giorno si festeggia in Gran Bretagna il 29 maggio di ogni anno, ponendo rami di quercia all’ingresso delle case e delle chiese. In tale data, cade sia l’anniversario della nascita di re Carlo II Stuart sia quello in cui, nel 1660, restaurò la monarchia. Erano da poco trascorsi gli anni terribili della dittatura del Lord Protettore Oliver Cromwell. E la Royal Oak in questione è la cosiddetta “Quercia Reale”. A quale episodio, dunque, si fa riferimento?
Dopo la battaglia di Worcester (3 settembre 1651), che contrappose le truppe puritane di Cromwell e quelle scozzesi di Carlo Stuart, quest’ultimo riuscì a sfuggire ai nemici. Nei pressi di Boscobel House, si rifugiò in una quercia secolare capitozzata e non fu scoperto dai soldati di Cromwell. Come ben si può immaginare, re Carlo fu assai grato alla pianta, soprannominata da allora Royal Oak.
Ancora oggi, a Boscobel House, c’è un esemplare nato dai suoi semi. Royal Oak è diventato il nome anche di molti pub, sul suolo britannico, e di diverse navi. Fra queste, la più tristemente famosa fu la corazzata ammiraglia britannica della prima metà del XX secolo. Fu affondata all’inizio della Seconda Guerra Mondiale dal sommergibile tedesco U47 di Günther Prien, il 14 ottobre 1939, a Scapa Flow, nelle isole Orcadi.


Un breve ritratto botanico
A voler essere corretti, è meglio parlare di querce, anziché di quercia, perché se ne contano quasi 500 specie! Il loro genere è decisamente antico, dato che compaiono nel Cretaceo Medio. Appartengono tutte alla famiglia delle Fagacee, ossia quella del faggio. Le due specie più diffuse sono state catalogate come Quercus robur L. (robur in latino allude appunto alla forza) e Quercus petrea LIEBL., ovvero il rovere.
L’espressione Quercus petrea si traduce con “quercia delle rocce”. Si distinguono con relativa facilità grazie alla forma della chioma, più tondeggiante nel rovere, che ha foglie dai lobi meno evidenti. Sono presenti in quasi tutta Europa e prediligono, quale habitat, i boschi di radura in clima temperato. Il rovere può raggiungere i 40 metri d’altezza e ha il tronco dalla corteccia scanalata. I rami sono posti a vari livelli, lungo il fusto, e formano una chioma a ventaglio. Le foglie, lucide e scure, sono trapezoidali alla base, con lunghi piccioli e lobi appena accennati. I fiori, che sbocciano a maggio, insieme con la comparsa delle foglie, si suddividono in maschili e femminili. I primi sono esili amenti verdini, quelli femminili assomigliano a gemme sessili. I frutti autunnali sono le ghiande: sono peduncolate nella quercia, mentre sono tozze e sessili nel rovere.


Il rovere per la nostra salute
Lo apprezziamo soprattutto per il suo legno straordinario dalla sfumatura fulva. Le botti per contenere il whiskey e i vini più preziosi sono di rovere e persino le caravelle di Cristoforo Colombo furono costruite in rovere. Ma la sua corteccia rappresenta anche una droga medicinale interessante. Essa contiene gli acidi quercitannico, ellagico e gallico, la catechina, la quercite e la quercinite. Questi principi attivi hanno proprietà astringenti sull’apparato gastrointestinale, sulle mucose, sulle pareti dei vasi e sul sistema ghiandolare.


Il decotto di rovere, che è molto amaro, si prepara ponendo due cucchiai rasi di droga in mezzo litro di acqua fredda. Si fa bollire per una decina di minuti, si lascia in infusione per pari tempo, si filtra e si dolcifica. Si beve come se fosse un tè, lungo la giornata. Giova a chi soffre di emorragie (delle vie respiratorie e dell’intestino), di diarrea, di linfatismo, di gastrite, di debolezza generale e d’incontinenza urinaria infantile.
Autori del calibro di Jean Valnet e Giovanni Negri ne indicano l’efficacia in caso di tubercolosi, con cura da effettuarsi solo sotto stretto controllo medico. Per uso esterno, il decotto non dolcificato si versa nell’acqua del semicupio per lenire le emorroidi. Aggiunto nel bagno, dona sollievo a chi è soggetto a dermatosi, impetigine e ulcere alle gambe. Come pediluvio, allevia i geloni e rende i piedi profumati quando, dopo una giornata spesa in mille attività, il loro odore non è esattamente quello delle violette.
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