La viola del pensiero, ovvero “Biddy’s eyes”.
La viola del pensiero viene indicata in Irlanda con tanti soprannomi. Il più noto è senz’altro Biddy’s eyes perché i suoi fiori sono cangianti come gli occhi di santa Brigida, patrona d’Irlanda insieme con san Patrizio. Secondo tradizione, Brigida aveva gli occhi chiari, la cui sfumatura variava dall’azzurro, al lilla, al violetto, proprio come le variopinte viole del pensiero. Per questo motivo, in alcune contee, quando a maggio cominciano a sbocciare questi fiori, si confezionano bambole di stoffa che raffigurano la santa. Nottetempo, nella cameretta di una bambina, si distende la bambola su un letto di viole del pensiero, per augurare alla piccina una vita serena. Sempre in onore di santa Brigida, nei giardini si piantano viole in aiuole a forma di cuore, per invocarne la protezione sulla famiglia. E guai a strapparne o a coglierne una: la santa farà piovere su quella casa per giorni e giorni!


Herb Trinity e gli altri nomi curiosi
Ma in Irlanda la viola del pensiero è anche il fiore della Trinità, o herb Trinity. Perché in una sola corolla sono presenti tre colori diversi, come a far parte della Trinità ci sono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. E poi ci sono tante espressioni romantiche che alludono a essa, come Cupid’s delight o Lady’s delight, delizia di Cupido o della dama. È “tre facce in un cappuccio” (three faces in a hood), o “amore nell’ozio” (love in idleness). È un “bacio dietro la porta del giardino” (kiss behind the garden door) oppure una coccola d’amore (cuddle me to you). In lingua irlandese, tuttavia, è semplicemente goirmín, ossia “celeste” come le mutevoli sfumature dei suoi petali.


Grande successo della viola del pensiero anche in Gran Bretagna
Fu soprattutto nelle Isole Britanniche che, a partire dal XV secolo, la viola del pensiero divenne elemento decorativo. Insieme con il trifoglio e la pratolina, era infatti inserita nei margini e nei distacchi dei manoscritti. Un secolo dopo, verso la metà del Cinquecento, si cominciò a coltivarla come pianta da giardino. Furono i britannici a eccellere nel selezionarne varietà assai pregiate e a istituire addirittura concorsi per premiare la viola più bella. D’altronde, pare che fosse il fiore preferito del loro massimo poeta William Shakespeare, al punto da inserirlo in due suoi capolavori. Nell’Amleto, egli la considera metafora di un pensiero ricorrente, ad avvalorare il suo significato nel linguaggio dei fiori di “pensiero costante”. In Sogno di una notte di mezza estate, invece, la rende complice di un incantesimo d’amore. Oberon, re delle fate, ne versa infatti gocce di succo negli occhi di Titania, affinché s’innamori di Bottom, anche se le appare quale asino.


Classificazione e caratteristiche botaniche
La viola del pensiero appartiene ovviamente alla famiglia delle Violacee ed è stata classificata da Linneo come Viola tricolor L. È comune in Europa e in Asia e predilige, quale habitat, i campi, i prati e i margini dei boschi. Non è di facile descrizione, perché di multiforme aspetto. È una specie erbacea, che raggiunge anche i 40 centimetri d’altezza, spesso ramificata, ma non sempre in modo così fitto. Le foglie sono ovali, allungate e poco dentate, eppure ci sono anche grandi foglie secondarie pennate. I fiori, che sbocciano da fine aprile a ottobre, sono a cinque petali, di tre colori in diversi abbinamenti: bianco, giallo, violetto, blu e persino rosa! I frutti sono piccole capsule che, a maturazione, si aprono in tre parti, per liberare i semi.


Proprietà fitoterapiche della viola tricolor
Si tratta di un fantastico depurativo, che s’addice soprattutto ai problemi di pelle. Tra i principi attivi, troviamo glicosidi flavonici (violaquercitrina, violaxantina), carotenoidi, mucillagini, acido salicilico, sali minerali, tannini, albumina vegetale, vitamina C e saponine. I primi studi clinici risalgono al XVI secolo, quando Joachim Camerarius detto il Giovane (figlio del celebre umanista omonimo) l’impiegò come antisifilitico. Nel 1779, il dottor Carl Strack pubblicò un trattato in latino sulla crosta lattea dei neonati. Strack affermò di curarla in modo definitivo con quindici giorni di somministrazione di viola del pensiero. Il secolo scorso, fu Henri Leclerc a indicarla quale rimedio risolutivo per combattere l’acne giovanile. Secondo Jean Valnet, ha anche altre interessanti proprietà: giova in caso di psoriasi, eczemi, ulcere alle gambe, orticaria, herpes, gotta, reumatismi, scrofolosi, flebiti ed emorroidi.


La droga medicinale è costituita dai fiori, il cui infuso si può bere come se fosse un tè. Per prepararlo, se ne prende una mezza manciata, si versa in mezzo litro d’acqua fredda e, non appena raggiunge il bollore, si spegne. Si lascia quindi riposare sotto coperchio per una decina di minuti. Si filtra, si dolcifica a piacere e si beve lungo la giornata. La presenza di saponine sconsiglia di superare le due o tre tazze quotidiane. C’è infine un piccolo inconveniente che dobbiamo svelarvi: la viola tricolor è un ottimo diuretico, che aumenta la quantità di urine prodotte. Purtroppo, come già succede mangiando asparagi, ne rende piuttosto antipatico l’odore, assimilandolo a quello della pipì di gatto. Pazienza: pur di debellare i brufoli, sarà un sacrificio sopportabile.