“Rec it be” molto più che un remake. Parola di Larsen Premoli

Rec it be” è un progetto che va al di là del semplice tributo, della semplice cover di un album dei Beatles. E’ un qualcosa di voluto, di sentito, dal profondo del cuore, da un profondo amante della musica, che ha fatto di una passione un mestiere. Un progetto che è diventato solidarietà, in un periodo maledetto. Larsen Premoli, fondatore di Rec Lab Studio, si racconta e ci racconta, in questa intervista, la genesi, lo sviluppo e il futuro di un’idea, diventata realtà. Non solo, viene fuori anche una parte parecchio incazzata di Larsen Premoli, col sistema e con…leggete e saprete.

Quattro chiacchiere con Larsen Premoli

Innanzitutto raccontaci un po’ di te e di Rec Lab Studio.

Ciao! Ho avuto un passato da musicista e da didatta, ho suonato in moltissimi progetti principalmente come tastierista ma non solo. Ho registrato una discreta manciata di album con esse, e un po’ da sempre sono stato appassionato del fissare in modo indelebile la musica nel tempo.

Così oltre dieci anni fa ho professionalizzato questa passione cresciuta nel tempo e ho fondato i RecLab Studios alle porte di Milano. Da allora, qui abbiamo accresciuto la struttura e realizzato un 700 e passa produzioni diventando uno dei principali punti di riferimento per la produzione musicale, fatta con amore e qualità e mezzi di altissimo profilo.

Quello che senz’altro ci differenzia oltre all’accessibilità economica, è la vastissima dotazione di strumenti. Abbiamo accumulato decine e decine di amplificatori e strumenti musicali di ogni epoca. Tendenzialmente, chi viene a produrre musica al Lab può venire anche solo munito delle proprie idee e trova a disposizione tutto il necessario per dar loro la miglior forma!

Da “Let it be” a “Rec it be”

RecLab è una grande famiglia, i nostri artisti tendono a conoscersi fra di loro grazie ai molti progetti ed eventi che realizziamo anno per anno per coinvolgerli oltre al semplice rapporto lavorativo.

La scorsa estate ho dato il via ad un altro di questi progetti e in occasione del nostro undicesimo anniversario (febbraio 2020) ho radunato 73 amici rappresentanti di altrettanti progetti musicali passati dal Lab, e abbiamo iniziato un lungo lavoro di incisione di tutte le parti, realizzando così un remake completo dello storico album dei Fab Four!

Al contempo abbiamo realizzato delle video riprese e delle interviste con ciascuno che ci hanno raccontato aneddoti e la storia del Gennaio del 1969 dei quattro ragazzi di Liverpool. Ne sono usciti così un album, 13 videoclip, e 13 puntate di un documentario che è stato poi presentato anche nella sua versione “Film director’s cut” in una serata “cinema online” sui nostri canali social.

Tutto il ricavato dal progetto attraverso un sistema di offerte benefiche e gadgets lo stiamo devolvendo ad Oscar’sAngels Italia un’associazione di volontari che opera negli ospedali con bambini e ragazzi gravemente malati. Era previsto un gigantesco evento dal vivo per il 9 Maggio, che causa Covid riproporremo più avanti.

Perchè Beatles?

Nel 1970 sono usciti parecchi dischi importanti, cito a caso “Atom heart mother” dei Pink Floyd, “Deja vu” di CSN&Y. Perché avete scelto proprio i Fab Four?

Dunque, il fatto che “Let it Be” compisse 50 anni è stato un fortuito caso che ha avvalorato la scelta, in generale avendo già toccato i Pink Floyd nel nostro ottavo anniversario con il progetto “The Return to The Dark Side of The Moon” ho amato l’idea di toccare la mia seconda passione, ovvero i Beatles, una band il cui songwriting eccelso consentisse di poter spaziare molto con musicisti e cantanti molto diversi, e così ecco che in occasione del nostro undicesimo anniversario abbiamo scelto l’undicesimo album – in ordine di produzione – dei Beatles!

Il coinvolgimento di tanti artisti nel progetto, come è andata in studio e fuori dalla sala di registrazione?

Splendidamente bene! Ho avuto 73 “sì” in meno di 48 ore quando ho proposto la cosa, e poi in studio ciascuno è stato fantastico. Pensate che tutti hanno inciso da capo a piedi la propria parte con take intere, moltissime “buona la prima” proprio per rispettare un disco che è stato per lo più realizzato dal vivo (in parte anche durante un concerto sul tetto della loro etichetta Apple!).

Il Disco è vero, genuino, inciso senza ritocchi, senza editing o auto-tune sulle voci, passato su nastro magnetico… insomma un’esperienza indimenticabile di provare a fare nel 2020 un disco, un po’ come lo si faceva cinquant’anni fa!

Soddisfatto del risultato?

Tantissimo! In particolare, mi sento di aver azzeccato tutte le assegnazioni, ogni musicista e soprattutto ogni voce scelta per ciascun brano trovo che siano davvero adatte alle parti che sono state affidate…

Sono rimasto stupefatto di come dopo aver accumulato TeraByte di materiale in 73 ritagli di tempo e serate è bastato sostanzialmente fare il volume e la posizione stereofonica di ciascun elemento per trovarsi in mano un disco con lo stesso sapore ed equilibrio dell’originale, senza dover fare chissà quale lavoro di mixaggio o mastering.

Il potere di una buona registrazione, e soprattutto di un songwriting e un arrangiamento che ancora cinquant’anni spesso ci dobbiamo solo sognare!

rec it be - larsen premoli nella foto il logo del progetto, a caratteri giallorossi su sfondo bianco, disegnato a cerchio

Paul is dead

La copertina che avete scelto, ispirata a “Sgt Peppers…”, si presta, naturalmente quella originale, a molte disquisizioni sulla presunta morte di Paul Mc Cartney, come ho scritto anche nel mio articolo. Tu cosa pensi? Paul is dead…o no?

A quale dei quattro Paul ti riferisci? Ahahahah, no ovviamente amo alla follia tutto il ricamo che si fece sulla notizia, apparsa sul gazzettino universitario dell’epoca.

Ma è ben noto che si trattò di uno screzio di redazione fatto da un ragazzo estromesso dal giornale scolastico che nella notte sostituì sui rulli la prima pagina per “vendetta” probabilmente ignaro dello scalpore che ne scaturì.

Forse fu il primo caso virale di “Fake news” della storia, su cui i Beatles marciarono alla grandissima negli album successivi!

L’idea di dare il nome di “Sgt. Peppers Only RecLab’s Band” ai miei 73 sergenti arrivò un po’ per il “sound” dell’omofonia con “Sgt.Peppers Only Hearts Club Band” ma soprattutto per farsi questa colossale foto di gruppo, il cui numero di volti sulla copertina combaciava perfettamente… e così questa “Band” presenta “Rec it Be”, l’undicesimo lavoro dei Beatles rifatto per l’undicesimo anno di vita degli studios!

I progetti futuri di Larsen Premoli

“Rec it be” avrà un seguito?

Senz’altro, ma nel mio non tornerà Palpatine precedentemente ucciso da Darth Vather per coprire un evidente buco di trama!

Scherzi a parte, questo è il secondo capitolo di un progetto di remaking per coinvolgere artisti del Lab e fare beneficienza.

Non dubito che ce ne saranno altri, ma di solito lascio passare un po’ di tempo, per ritrovare l’entusiasmo e la magia necessari a fare questa cosa con amore e sorpresa.

Nel frattanto mi sto già inventando altre cose. Questa volta pensate per tirare un calcio in culo a un sistema vergognoso, in cui il sistema dell’arte musicale è andato a ficcarcisi di testa negli ultimi vent’anni e del quale ormai si è così succubi da entrambe le barricate (artisti/fruitori).

Un Larsen Premoli abbastanza incazzato

Parecchio. Incazzato con un sistema che non ci si rende conto che siamo dei burattini tutti completamente impazziti dove c’è un manovratore (vedi società di streaming ad esempio) che nulla investono sul prodotto. Gli artisti finanziano senza un utile e che i fruitori ricevono gratuitamente senza dargli un valore e la dovuta attenzione di conseguenza, ricevendolo per altro in una forma agghiacciante:

Io non possiedo Spotify, ma veramente riuscite ad ascoltare la musica a quel livello di degrado qualitativo con cui viene proposta? E’ ora di spaccare tutto… e nel nostro retrobottega abbiamo già iniziato a pensarci, presto mostreremo la nostra flotta, dove i cannoni ovviamente, saranno pieni di fiori.

Grazie del tempo che ci hai concesso, alla prossima!

Grazie a voi a presto! Invito tutti a farsi un giro sul nostro sito dove poter prendere visione e ascolto del progetto, e perché no, portarsene a casa un pezzo con una bella offerta che farà un sacco di bene a dei ragazzi in seria difficoltà! CIAO!

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.