Fin che la barca va… tu puoi sognare!

Racconto semiserio, tra treno e barca, del 62° Salone Nautico internazionale di Genova

Fin che la barca va…”, anche se, ad essere sincero, per andare a Genova, a visitare il 62° Salone Nautico Internazionale, per gli amici S[n], ho preso il treno. E per ben due volte.

Si, perché Genova, pur essendo una città meravigliosa, da girare in macchina è un delirio.

Parlo per esperienza personale: se seguite alla lettera il navigatore, rischiate di trovarvi in un caruggio in discesa (a gradoni), senza quasi via d’uscita. “Quasi” perché sì, si può tornare indietro, rigorosamente in retromarcia, ma rischiando seriamente di chiamare il carro attrezzi, perché la frizione diventa come un gamberone alla griglia. Inutile sottolineare che durante la manovra, possono scendere tutti i Santi e tutte le Madonne, compresi quelli e quelle ancora da beatificare. Anzi, per amor di verità: scendono.

Volendo, ci sarebbero altre alternative: l’elicottero (ne parlerò più avanti), oppure la barca (che per il momento ancora non ho), ma al momento, risultano impraticabili. Andarci a nuoto, grazie anche no, non ho più il fisico (se mai l’ho avuto).

Quindi mi accontento, si fa per dire, del treno, e mai scelta fu più azzeccata.

Infiniti treni

Non parlo mai di politica, ma all’andata, durante il primo viaggio, il treno è in ritardo. Al secondo giro, dopo le elezioni, magicamente il convoglio è in perfetto orario. Chissà come mai.

Mi servo del treno rare volte, sono sincero, ma ogni qual volta ci salgo sopra, mi diverto ad osservare e ad ascoltare chi sta intorno a me: è una fonte inesauribile di spunti per articoli e magari romanzi.

Avevo già notato tre tipi sulla banchina, dall’aspetto dinamico e danaroso, che con spiccato accento milanese parlavano ad alta voce di “barchette”, giacche a vento, e di mare in genere.

Combinazione, si siedono di fianco a me, dall’altra parte del corridoio. Nonostante le mascherine, riesco a sentire abbastanza chiaramente i discorsi, e scopro che sono comproprietari, al porticciolo di Borghetto S. Spirito (uno dei più piccoli al mondo), di un mega gommone da 5 (cinque) metri, equipaggiato da un motore da ben 20 (venti) cavalli. Perdo tutto l’interesse ai loro discorsi, indosso gli auricolari, metto i New Trolls (l’album “FS” calza a pennello) e mi tuffo nella lettura di una rivista di nautica comprata in stazione. Giusto arrivare al Salone “imparato”, giusto per non fare la figura del “belinun”.

barca - un riquadro di genova dall'alto

Genova per noi

Durante il viaggio, da Loano dove abito a Genova ci vuole “solo” un’ora e mezza, quindi ho parecchio tempo per guardare fuori dal finestrino. A parte il mare a destra, andando verso Levante, e la montagna a sinistra, arrivando in città, si vede la Genova vecchia, quella dei pescatori, dei caruggi, soprattutto a Sampierdarena, con le case appiccicate l’una all’altra, dove il sole e il mare sono giusto un’ipotesi. Ma il fascino di Zena è anche questo (colori blucerchiati a parte).

Sceso alla stazione Brignole, vado a piedi verso il Salone. Sulla strada incrocio Via XX Settembre: bellissima, un po’ Napoli, un po’ Marsiglia, da rimanere a bocca aperta. Poi Viale Brigate Partigiane (dove qualche settimana fa sono stati notati dei cinghiali a passeggio), e finalmente è Salone Nautico Internazionale di Genova 2022.

Home by the sea

Avere il pass stampa serve, anche per evitare una coda chilometrica all’entrata, in entrambi i giorni di visita. Un mega wall, a forti tinte azzurro mare ci dà il benvenuto e ci accompagna verso l’esposizione.

Appena entrato noto subito il ristorante principale, che si chiama “Crêuza de mä, e questo già mi fa sentire bene, tanto da decidere sui due piedi di registrare una puntata video di “33 giri di ricordi”, quindi stay always tuned.

La seconda cosa che noto, è un elicottero che arriva da Ponente. Si posa sulla piazzola d’atterraggio, giusto il tempo per far scendere un tizio elegantissimo, con al collo una collana d’oro che brilla anche a centinaia di metri di distanza, e i suoi gorilla. Sarà un armatore. 

A proposito di armatore e, di conseguenza, di soldi, voglio rendervi edotti, attraverso due brevi aneddoti.

Il primo: chiedo quasi timidamente di poter visitare uno dei maxi-yacht, quelli che ti fanno sentire orgogliosamente, meravigliosamente e assolutamente povero. La risposta della standista stra gnocca, tutta scosciata e scollata, è la seguente: “E’ arrivato l’armatore (ma dai…?), passi più tardi”. Messaggio ricevuto. È stato bello, breve, ma intenso.

Il secondo: sulle banchine e tra gli stand è pieno di gente col tipico sguardo “io so io e voi nun siete un cazzo” (“Il Marchese del Grillo” – 1981 con Alberto Sordi). Per intenderci, quelli che se la tirano millantando soldi veri, ma che sono invece quelli che ad ogni addebito sul conto corrente, ricevono la telefonata del Direttore di turno, che li invita a versare. In genere non versano e chi di dovere è costretto a stornare la rata o l’addebito. Poi bestemmiano se non si alza l’asta del telepass, ma è un dettaglio.

the ocean race - tante barche a vela ormegggiate in porto a genova

Sailing

Ma ora occupiamoci del motivo per cui siamo qui.

Barche di tutti i tipi, dallo yacht allo sciallino, dal fisherman (il mio sogno nel cassetto) al gozzo, passando per catamarani e tender. Ce n’è per tutti i gusti e per tutti i portafogli (si vabbè, più o meno).

Maxi rib con motorizzazioni che fanno un baffo ai contrabbandieri e agli scafisti del Cartello di Medellín, lusso sfrenato a bordo, divani di pelle umana, rubinetteria di metallo prezioso, e ogni altro ammennicolo che rappresenti lo status di chi ha i danè.

Senza dimenticare la barca a vela: scafi sempre più aerodinamici, ormai sempre più simili a una vettura di Formula 1.

Il padiglione coperto ospita barche più abbordabili, soprattutto nel prezzo, walkaround, tender e jet ski: imbarcazioni per chi è più smanettone, anche in mare, e che offrono tutti i comfort.

E poi i motori fuoribordo: bestioni alti come un giocatore di basket, dalla potenza superturbominkiapower. Giusto per fare un esempio: motore Yamaha da 4.6 litri, 460 hp, 8 cilindri boxer, per una velocità di più di 60 nodi (circa 120 km/h). Praticamente il motore di una Mustang omologata USA. Libidine.

barche - un motore fuoribordo yamaha di colore bianco

Come è profondo il mare

C’è ancora tempo per dare un’occhiata alla tecnologia di bordo, con questi super ammennicoli ormai la barca va da sola, e per guardare, sottolineo, guardare, i cartellini dei prezzi dell’abbigliamento tecnico.

Buonissima la pizza bianca, pardon, la focaccia al formaggio, del Consorzio della Focaccia di Recco: una tipicità tipicamente ligure, che ha sempre il suo perché.

Prima di uscire, noto lo stand della Sampdoria e quasi la focaccia mi si inacidisce nello stomaco. Per par condicio, cerco sulla piantina lo stand del Genoa, ma non lo trovo. Protesterò formalmente con gli organizzatori.

Rifaccio il percorso a piedi al contrario, Genova all’imbrunire è ancora più bella, e salgo sul treno che mi riporterà a casa.

La stanchezza di 20.153 passi percorsi, mi ha dato una certezza (che fa pure rima): prima o poi avrò anch’io una barca, e al prossimo Salone Nautico magari ci andrò direttamente via mare. Del resto, sognare non costa nulla.

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.