Recensione di Roberto Tartara
Il Salone del Libro di Torino è l’appuntamento annuale con la cultura. Anche se l’emergenza Covid impedisce lo svolgimento della manifestazione, con SalTo Rewind, ogni giorno, per tutto il mese di maggio, ospitiamo un libro. Oggi, SalTo Rewind ospita la recensione del libro di Hum Lewis-Jones “Le terre immaginate. Un atlante di viaggi letterari“, a cura del giornalista Roberto Tartara.
Nel centro della mappa, una scritta: Qui c’è la cassa del tesoro”
“C’è una data da ricordare, nella storia della letteratura.
È l’estate del 1881 e Robert Louis Stevenson, per far divertire il figlioccio di 12 anni durante una piovosa vacanza in Scozia, disegna una mappa. Un’isola dalle coste frastagliate con boschi, vette, paludi e insenature. Ci sono segnati solo pochi nomi, e parlano di avventure e disastri: la Collina del Cannocchiale, l’Isola dello Scheletro, Le Tombe. Sulla punta sudorientale dell’isola c’è una rosa dei venti e il disegno abbozzato di un galeone. E nel centro c’è una croce rossa come il sangue con accanto la scritta, anch’essa in rosso: QUI C’È LA CASSA DEL TESORO.
Da quel pezzo di carta è nato uno dei capolavori della letteratura mondiale: L’isola del tesoro. Da quando fu pubblicato, nel 1899, innumerevoli bambini sono approdati su quelle spiagge, si sono mossi con circospezione attraverso quelle foreste, hanno affrontato e sconfitto i pirati. Nulla sarebbe accaduto senza quei giorni di pioggia, senza quella mappa.“ (Le terre immaginate. Un atlante di viaggi letterari – Hum Lewis-Jones)
Le carte geografiche
Per anni le mie visite a Roma hanno visto la celebrazione di un rito misterioso dal sapore alchemico. Un po’ come un segreto indicibile dell’isola del tesoro di Stevenson. Ai Musei Vaticani, mentre la pazza folla si addensava nelle stanze di Raffaello e alla Sistina, mi davo per smarrito all’accompagnatore di turno, chiunque fosse il malcapitato, per trascorrere il tempo occorrente innanzi le carte geografiche (tutto il giorno).
La Galleria Vaticana è forse la più grande rappresentazione geografica mai realizzata; è lunga centoventi metri, dove l’Italia descritta non è una curiosità geografica, ma il teatro di grandi gesta, dall’antichità all’evo moderno. Nel ‘500 con le nuove scoperte i cartografi colmarono le lacune della carte più antiche con le informazioni fornite da viaggiatori e avventurieri. Nacquero mappe stampate come interi cicli pittorici di contenuto geografico. Fino a poco tempo prima nelle carte geografiche di vaste aree, specie in Africa, in mancanza di altri dati e per indicare l’estraneità al mondo civilizzato, veniva scritto “hic sunt leones”, qui ci sono solamente bestie selvagge.


Le terre immaginate. Un atlante di viaggi letterari
Perdonate la divagazione, oggi bene o male si dovrebbe parlare del volume curato da Hum Lewis-Jones. L’autore ha appena compiuto quarant’anni, è uno storico dell’arte e nella vita è una guida per spedizioni polari, nonché autore di libri e programma televisivi. Ha riunito quindici scrittori e illustratori di fama internazionale per scrivere insieme ‘Le terre immaginate. Un atlante di viaggi letterari’, pubblicato in Italia da Salani. Si trovano le narrazioni di aneddoti e vicende straordinarie come quella narrata all’inizio, ripresa da un testo di Riccardo Vanni che non dimentica di citare un secondo autore di riferimento per questa pagina. E noi lo seguiamo con piacere.
Joseph Conrad, in Cuore di Tenebra, mette in bocca a Marlow parole che in realtà manifestano i suoi desideri primordiali: “Quand’ero un ragazzino, avevo la passione per la carte geografiche. Passavo ore a guardare l’America del Sud, o l’Africa, o l’Australia… A quei tempi c’erano molti spazi vuoti sulla carta della Terra, e quando ne vedevo uno dall’aria particolarmente invitante (ma ce l’hanno tutti, quell’aria) ci posavo il dito sopra e dicevo: “Quando sarò grande, ci andrò”. Il Polo Nord era uno di quei luoghi, mi ricordo. Non ci sono ancora stato.”
Spesso mi capita di pensare che la sua passione più grande, prima ancora della scrittura (lui autore sommo si dedicò alla narrativa a tempo pieno dopo i 36 anni) siano stati i viaggi indotti da quelle ‘dannate’ carte geografiche.

