“Un’azione performativa collettiva sulle conseguenze dei cambiamenti climatici, e in particolare i processi di desertificazione, innalzamento del livello del mare, eventi metereologici estremi e relativo Displacement,cioè riposizionamento di intere popolazioni”. Questa la descrizione che l’artista Andreco ha fatto della sua performance d’arte del 9 ottobre in piazza del Nettuno a Bologna.
In occasione del Terra di Tutti Film Festival la perfomance di Andreco ha visto una vera e propria coreografia collettiva, alla quale hanno partecipato attivamente, nel rispetto delle norme realtive al Covid-19, molti cittadini. Il messaggio che Andreco, tramite Displacement ,vuol far arrivare, è che l’arte unita ad altri strumenti di comunicazione, può dar luogo ad una vera e propria sensibilizzazione di massa.
Displacement e le urgenze contemporanee
L’ arte, quindi, non viene vissuta da Andreco come intrattenimento.Ma come un invogliare al cambiamento della società ponendo l’accento sulle urgenze contemporanee. I rapporti tra uomo e ambiente, spazio urbano e paesaggio naturale, sono indagati dall’artista unendo i vari linguaggi dell’arte, della ricerca e della scienza.
Andreco è attivo da anni nella sensibilizzazione della giustizia climatica. Tramite le sue installazioni e performance collettive evidenzia la mancata volontà politica di cambiare il sistema di produzione. Bologna ha già ospitato nel 2016 un altro suo progetto “Climate 02 Exchanges”. Nato in collaborazione con Cheap Festival e iniziato a Parigi l’anno precedente. L’artista, inoltre, vanta la partecipazione a manifestazioni di rilevanza internazionale, come La Biennale di Architettura di Venezia e La Triennale di Milano.
L’obiettivo è lavorare insieme
” Quello che influenza le mie opere arriva da ambiti anche molto diversi. Tra questi sicuramente gli studi antropologici, filosofici e scientifici, in particolar modo quelli legati al campo della sostenibilità ambientale, la gestione delle risorse, la neutralizzazione degli inquinanti e i cambiamenti climatici – dichiara Arteco in un intervista ad Artribune-. Nel tempo ho iniziato a coinvolgere scienziati e centri di ricerca.
Credo che i vari progetti in giro per il mondo siano stati una buona palestra mentale. Dai contadini del semiarido brasiliano agli abitanti delle oasi del Sahara, da boschi del Galles fino a New York, dal Sud Africa alla Repubblica Domenicana, mi sono rapportato con contesti e culture diverse. Non da turista ma per lavorare insieme.
È stata una grande scuola, anche se mi sento ancora dietro al banco, con un’infinità di cose da imparare. E forse è proprio questo che mi piace trasmettere. La certezza che alla conoscenza non c’è fine e che ogni progetto è un’occasione per apprendere, sperimentare, rischiare, mettersi in gioco”.
Andreco un ingegnere prestato all’arte
Andreco unisce un dottorato in Ingegneria Ambientale e collaborazioni post dottorato con Università di Bologna e Columbia University di New York sulla gestione sostenibile delle risorse in diverse condizioni climatiche, con un percorso artistico che si serve di installazioni, performance, video, pittura murale, scultura e progetti d’arte pubblica.
“Lavorare nello spazio aperto è complesso- spiega l’artista-. Sicuramente trovo interessante la possibilità di relazionarmi con un pubblico vasto ed eterogeneo, senza semplificare mai la qualità dei concetti e dei temi trattati. C’è anche bisogno di esercizio costante e una certa sensibilità: difficile prevedere tutto, rimane sempre una componente di rischio.
Un arte che si muove su confini incerti
Andreco apre uno spazio a un nuovo modo di pensare l’arte. Un arte che vuole incidere con la creatività fatta di luoghi e persone variabili, la superficie concreta delle urgenze moderne. Dando così un senso al presente e al futuro. Interprete sublime del pensiero di George Braques , padre del cubismo: “l’arte è fatta per turbare e la scienza per rassicurare“. Entrambe con Desplacement si muovono lungo il confine incerto dei tempi odierni.