Ci siamo, Artissima Fair ha aperto le porte!
Non è sicuramente facile raccontare tutto ciò che si può trovare all’Oval di Torino, da oggi fino al 3 novembre.
Sicuramente un’Artissima internazionale, aperta a tutte le nuove tendenze artistiche che muovono il mondo.
Un Artissima, per dirla con le parole della sindaca Chiara Appendino, “che stimola ad interrogarsi sulle sfide dell’intera umanità. Perché gli artisti aiutano a mettere al centro il dibattito sulle grandi sfide”.
Un high-tech che è già “vintage”
Quello che colpisce maggiormente è la scelta comune a vari artisti di servirsi di materiali presi dall’high-tech. Aggirandosi nei vari padiglioni che compongono una tra le fiere più significative nel panorama internazionale, è impossibile non notare come i nostri device (ma sí dai diciamolo all’inglese, i nostri cari e amati dispositivi), siano il fulcro di molte installazioni.
Una tra tutte, forse la più significativa in assoluto quella che propone la galleria Z2O Sara Zanin di Roma. Una proiezione di città composte con vecchi componenti di computer , grattacieli costruiti con neon. E ancora torri con router come appena usciti da un enorme cortocircuito. Il tutto prodotto dalla fantasia geniale dell’artista Kristof Kintera.
Ma in tutta la Fair le installazioni con device ridotti a rottamati simboli della nostra società si rincorrono. In realtà ci stupiscono con la loro alienante semplicità. Una riflessione amara sulla solitudine della nostra era moderna.
Carta bianca…. O quasi
Ancora un altro elemento colpisce: la carta. Gallerie diverse, artisti diversi, ma un linguaggio comune. Le opere vengono costruite e rivestite con carta. Carta bianca e grigia in un caso, carta con molte parole stampate nell’altro. Ma se guardiamo bene, la carta con tante parole stampate non è che la Costituzione che riveste fucili allineati al muro.Come un simboleggiare che la forza delle leggi e della parola scritta possa ingabbiare le armi.
Ancora la carta, questa volta grigia riveste completamente una stanza, una sedia. Carta appallottolata a terra, brandelli di idee pensate e poi lasciate a terra. Forse perché non abbastanza potenti, non abbastanza chiare, non abbastanza geniali. Insomma non abbastanza.
L’architettura sta al tempo come il sale sta all’acqua
Questa l’installazione che fa più riflettere. Un’assioma incontrovertibile. Una proporzione perfetta. Un marchingegno che sembra uscire fuori da una tavola di alchimia dell’800.
Una grande torre da cui partono due tubi trasparenti che lasciano colare acqua su figure solide fatte di sale. E a guardare bene quei solidi ricordano le piramidi, il Colosseo. E capiamo come il tempo sgretoli nello stesso modo dell’acqua con il sale la nostra architettura. In fondo non rimane che un contenitore pieno di acqua salata su cui campeggia la scritta “OBLIO”. Il tutto targato Superstudio Firenze.
Un’Artissima Fair che fa riflettere. Che ci aiuta scendere nel nostro attaccamento maniacale alla tecnologia. Nelle nostre dipendenze moderne. Che possiamo riassumere in una frase presa al volo passando tra le corsie:
“l’oggetto escluso ci appartiene sempre e comunque”