Il carcere fotografato da detenuti e agenti: RI-SCATTI, la mostra

Ri-scatti – Per me si va tra la perduta gente: la vita del carcere, vista attraverso un’obbiettivo. In mostra al PAC di Milano fino al 6 novembre 2022

Per chi finisce in carcere, l’obiettivo è uno solo: uscirne. Ma “uscire dal carcere” non significa solo varcare il cancello e non voltarsi più.

“Uscire” assume un significato molto più vasto. E’ un percorso che passa per le parole consapevolezza, dignità e riscatto. La vita del carcere è un mondo parallelo a quello che è al di là delle sbarre.

Certamente, se si finisce in carcere, a monte c’è un reato e una responsabilità. Nessuna obiezione.

Ma puntare il dito e giudicare è più facile che guardare oltre la condanna. Perchè al di là del giudizio c’è un compito ben più difficile: la comprensione. Non si tratta di parlare di perdono, è un concetto troppo soggettivo sul quale non si può che rispettare l’opinione personale di ognuno. Comprendere, questo si può, senza dimenticare un valore che, in realtà, è più un diritto umano: il diritto alla dignità.

“La dignità umana si basa sul diritto al rispetto, sintesi di riconoscimento e di pari considerazione delle persone; in essa libertà ed eguaglianza si fondono”.

PER ME SI VA TRA LA PERDUTA GENTE – Diego Sileo

Per me si va tra la perduta Gente

Dall’altra parte, però, esiste l’espiazione del reato, il pentimento e la riabilitazione. Le ore sono tante per pensare a ciò che si è fatto e i “se” e i “forse” passano per quelle famose sliding doors che determinano le scelte giuste e quelle sbagliate.

Una volta dentro,il tempo assume un altro significato. Gli anni, ma anche solo le ore, sono perle preziose di una stessa collana chiamata vita. Un tempo che non può essere sprecato, che va impiegato per percorrere un viaggio dentro se stessi, tra le proprie debolezze, le proprie fragilità, ma che deve fare leva sulle proprie forze e talenti, sulla volontà di conoscere se stessi e il proprio ruolo nella vita e nella società.

Un percorso difficile poichè obbligato.

Un faccia a faccia con un altro se stesso, quello che non si conosce, quello che, forse, si teme di più. Quello che dall’altra parte dello specchio ogni giorno scruta con occhi impertinenti la coscienza.

È difficile capire. Il carcere è un mondo sconosciuto per chi non ci vive e per chi non lo vive. Per chi non varca quella soglia che segna la linea di separazione tra il vivere e il sopravvivere, tra il tempo che passa e l’immutabilità dei giorni. Quello che è importante nel nostro quotidiano diventa spesso privo di senso nelle sezioni detentive, e quello che invece è vitale dietro le sbarre è pressoché insignificante per noi.

Diego Sileo – Curate di RI-SCATTI

Riscatti e RI-SCATTI

RI-SCATTI è la mostra che fotografa l’invisibile, inteso come ciò che è nascosto ma che è sotto gli occhi di tutti. RI-SCATTI è un film muto che urla, un riflettore su vite in bianco e nero, in attesa che torni il colore sui loro giorni. Il risultato è un racconto intenso, veritiero, esplicito, dalle tinte forti ed estremamente duro. E’ il live motiv della mostra stessa, che già l’anno scorso con“Ri-Scatti. Fino a farmi scomparire”, dove il tema erano i disturbi alimentari, ha riscosso un’affluenza di pubblico eccezionale

Uno sguardo umile ma fiero su spaccati di vita che triangolano l’inquadratura su diversi punti di vista.

Il carcerato e il carceriere, il peccato e la coscienza, facce di una stessa medaglia chiamata penitenziario.

Per questo RI-SCATTI quest’anno punta l’obbiettivo anche sulle figure che stanno dall’altra parte delle sbarre, quelli in divisa.

Quest’anno RI-SCATTI si è sviluppato attraverso un duplice percorso, comune tra le due parti molto di più di quanto non si possa pensare” – spiega Diego Sileo, curatore della mostra. “Dove al centro di tutto c’è stato l’uomo con le sue sfumature, i suoi errori, le sue debolezze, le sue fragilità, il suo coraggio, le sue responsabilità. L’essere e il dover essere. Senza filtri e senza effetti speciali. Solo verità“.

Don Raffaè

Sono gli agenti penitenziari, in bilico tra rigore e umanità, parte di uno stesso mondo di cui sono entrambi, in qualche modo, prigionieri. Un mestiere che richiede un equilibrio importante tra autorevolezza e autorità, tra rigore e comprensione. Un mestiere davvero non facile.

Sin da subito ci è sembrato interessante coinvolgere nel progetto anche chi lavora dentro il carcere, chi porta una divisa e crede fermamente in quello che fa, per vocazione, per scelta di vita o perché semplicemente si è ritrovato a farlo. Spesso bistrattati, mal giudicati, considerati un elenco di numeri anonimi, inghiottiti dal vortice delle frasi fatte, dei pregiudizi, dei luoghi comuni sulle forze dell’ordine e che poi purtroppo alcune volte – come la cronaca ci ricorda – si rivelano anche spaventosamente veritieri, gettando nel discredito l’intera categoria. Fuori e dentro. Tutti i giorni“. Prosegue Sileo.

Dentro i corridoi e le sezioni, con le giornate scandite dai servizi di guardia, l’ordinaria battitura di sbarre, le chiavi che girano, i comandi da eseguire, l’apertura e la chiusura dei blindi, il passaggio di consegne, i turni notturni, i piantonamenti, le scorte in tribunale, le “domandine”da raccogliere. Tutto nel nome del rigore, della vigilanza e del controllo, per osservare, scrutare, intuire le ragioni di ogni singolo atteggiamento, di ogni frase detta a metà, e prevedere ogni possibile ed eventuale rischio che si cela dietro un movimento“.

La fotografia può essere un mezzo di riscatto?

Una domanda a cui Diego Sileo risponde esaustivamente e in maniera toccante.

Dall’inizio di questo nuovo progetto di RI-SCATTI, ottobre 2021, molte persone mi hanno chiesto più e più volte se credevo davvero che l’arte della fotografia potesse funzionare come elemento di riscatto, anche in un ambiente per sua natura ostile come il carcere e come sia riuscito a relazionarmi con uomini e donne che si sono macchiati di colpe spesso molto gravi e crudeli.

Come si fa?

Per quanto l’esperienza di RI-SCATTI in passato mi abbia abituato e preparato ad approcciare realtà sempre molto difficili, a volte anche molto dure e drammatiche, in questi undici mesi passati in carcere confesso di aver vacillato e non poco. Ho dovuto rivedere tutto di me stesso, delle mie convinzioni, delle mie consapevolezze, delle mie sensibilità. Il carcere è davvero una realtà a sé stante, ha le sue regole, i suoi ritmi, le sue logiche, persino un suo linguaggio.

In carcere tutto è riprogrammato e ripensato seguendo un nuovo codice: come ci si incontra, come ci si relaziona con l’altro, come si instaura un rapporto con l’altro, e come si sceglie di non fermarsi al reato che ci si presenta davanti agli occhi. Credo che qui si possa trovare la risposta alle domande di cui sopra: essere disposti alla conoscenza dell’altro senza alcun tipo di pregiudizio. Senza puntare il dito contro”.

RI-SCATTI, la mostra

La nuova edizione si propone di raccontare le complessità, le difficoltà, ma anche le opportunità della vita negli istituti di reclusione, al di là delle semplificazioni e delle stigmatizzazioni, fornendo ai partecipanti uno strumento formativo e generando anche un confronto costruttivo e una sinergia concreta tra l’amministrazione cittadina, quella penitenziaria e le istituzioni culturali milanesi. 

Il PAC continua a coraggiosamente a indagare con un inedito sguardo fotografico le realtà più difficili e complesse del nostro presente – ha dichiarato l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi. Dietro a questo sguardo, che in mostra diventa anche il nostro, possiamo scoprire mondi a noi ignoti, anche se affatto lontani, e comprendere un vissuto altro da noi.

In qualunque mostra, in realtà, si entra a far parte dell’universo di pensiero e suggestione di un artista, ma in questo progetto, che giunge all’ottava edizione, c’è di più: c’è la volontà di scavare in vissuti particolari, insegnando alle persone come rappresentare se stesse, come dare al proprio quotidiano il senso di una vita vissuta pienamente, se pure in modo diverso rispetto a quella che scorre con altri ritmi e altri codici al di fuori delle mura del carcere. E c’è anche la volontà di non fermarsi mai alla superficie delle cose e alle cornici che le definiscono: un obiettivo fondamentale per chi si occupa di rappresentare la contemporaneità“.

Info e credits

Dal 9 ottobre al 6 novembre 2022, per l’ottavo anno consecutivo, torna RI-SCATTI, il progetto ideato e organizzato dal PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano e da Ri-scatti Onlus, l’associazione di volontariato che dal 2014 crea eventi e iniziative di riscatto sociale attraverso la fotografia e promosso dal Comune di Milano con il sostegno di Tod’s. 

Quest’anno quindi i protagonisti assoluti sono stati i detenuti e gli agenti della polizia penitenziaria dei quattro istituti di detenzione milanesi: Casa di Reclusione di Opera, Casa di Reclusione di Bollate, Casa Circondariale F. Di Cataldo, IPM C. Beccaria. Undici mesi di corso, cento partecipanti (di cui sessanta detenuti e quaranta agenti di polizia), oltre 50.000 scatti fotografici realizzati, di cui 800 selezionati per essere esposti, e materiali video inediti ed esclusivi per raccontare la realtà delle carceri dal punto di vista diretto di chi le abita e di chi le vive per lavoro. 

La mostra è patrocinata dal Ministero della Giustizia e realizzata in collaborazione con il Politecnico di Milano e con il Provveditorato Regionale Lombardia del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria,

Tutte le foto – stampate da FDF Fotolaboratorio Digital Service – e il catalogo sono in vendita e l’intero ricavato andrà a supportare e a finanziare interventi architettonici volti al miglioramento della qualità della vita nelle carceri. Queste attività saranno gestite e coordinate dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano che, insieme al Dipartimento di Design, da molti anni svolge ricerche di tipo partecipativo negli spazi detentivi.

La mostra al PAC che conclude il progetto formativo è come sempre ad ingresso gratuito. 

Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”