L’erba Roberta, antico geranio con fama di santo, di re e…di fuorilegge!

L’erba Roberta, ovvero il geranio che non ti aspetti

Ebbene sì, l’erba Roberta è un geranio selvatico: appartiene in modo inequivocabile alla famiglia delle Geraniacee e risponde al nome latino di Geranium robertianum L. Ma non aspettiamoci uno degli opulenti gerani coltivati che occhieggiano dai vasi: esso passa quasi inosservato, quando lo sfiora il nostro passo. È frequente in Europa, Nord America e Asia e predilige come habitat i terreni umidi, i boschi e persino le discariche!

È una specie erbacea, ramosa, alta sino mezzo metro, dal fusto eretto che presenta peli ghiandolosi e che è di tipico colore rossastro. Le foglie sono bipennate, formate da 3 o 5 segmenti peduncolati, anch’esse pubescenti e tinte di un bel verde cupo. In autunno, tuttavia, assumono sfumature rosso ruggine. I fiori, che sbocciano tra maggio e ottobre, sono posti a due a due all’ascella delle foglie, e svettano grazie a lunghi piccioli. La corolla è formata da 5 petali conniventi e, pur piccolina (i petali sono lunghi circa un centimetro), spicca per il suo caratteristico rosa acceso. I frutti sono formati da cinque carpelli rugosi che, a maturazione, si separano per disperdere l’unico seme, ovale e reticolato.

fiore rosa in primo piano su fondo nero

Il problema del nome: a quale Roberto fa riferimento?

In realtà, per molti studiosi non c’è alcun Roberto cui attribuire quest’erba. L’aggettivo robertianum deriverebbe da una corruzione del termine latino ruber, che traduce il colore rosso del fusto e delle foglie autunnali. Ma sono sorte tante ipotesi curiose che val la pena almeno citare. La prima attribuisce questo geranio a san Ruperto, che pare se ne servisse in modo miracoloso: da qui il nome Sancti Ruperti herba. C’è chi poi ha chiamato in causa Roberto I detto Il Diavolo, duca di Normandia e padre di Guglielmo il Conquistatore.

A dispetto del soprannome, che gli era stato appioppato per le intemperanze e le efferatezze adolescenziali, fu uomo pio e fondò molti monasteri. Morì poco più che ventenne durante il pellegrinaggio che aveva voluto compiere in Terrasanta, nel 1035, destando profonda commozione tra i suoi sudditi. Per questo gli dedicarono un fiore in memoria, che sarebbe la nostra erba Roberta. E se scomodassimo addirittura Robin Hood? In Grand Bretagna è, infatti, indicata come poor Robin o proprio Robin Hood, perché si nasconde nei boschi come l’eroe della foresta di Sherwood. Il poeta William Wordsworth, che visse a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, considera poor Robin una pianta allegra. Perché, pure quando i fiori sono caduti, offre i suoi rossi steli al sole.

erba roberta spuntata su una roccia

La cimicina di Madame de Staël

Un altro nome popolare dell’erba Roberta, assai meno poetico, è cimicina. Esso è dovuto all’odore fetido e sgradevole che emana la pianta, simile a quello di una cimice schiacciata. A questo proposito, ci viene in mente un aneddoto che riguarda la scrittrice Germaine Necker, figlia del ministro delle finanze di Luigi XVI e meglio nota come Madame de Staël. Sebbene fosse una donna emancipata, commise la debolezza d’invaghirsi di un ufficiale piuttosto avvenente. Ma quando le fu presentato, si accorse che era un uomo sciocco, incapace di sostenere la sua brillante conversazione. Allora lo paragonò alla cimicina, geranio dal bel fiore rubizzo come la sua uniforme, ma dalla puzza nauseabonda di mediocrità.

Madame de Stael ritratto conservato a Versailles (licenza CC)

In Irlanda, dove brilla il re splendente e salta il púca

Il nome gaelico dell’erba Roberta è An Ruithéal Rí: in esso traduce il sostantivo re, messo in relazione etimologica con i raggi di ruithéal. Insomma, per gli abitanti dell’Isola di Smeraldo, questo geranio è un re che splende! In alcune contee, tuttavia, è anche soprannominato death come quickly, ossia “la morte viene velocemente”, per il suo fetore di tomba. Pare, inoltre, che ne sia ghiotto il púca. Avete mai sentito parlare del púca? Nelle sue celebri Fiabe Irlandesi, il Premio Nobel William Butler Yeats ce lo descrive come uno spirito animale sfrenato, antenato del Puc shakespeariano. A volte appare al popolo come un caprone, altre come un cavallo, altre ancora come un toro, se non addirittura come un’aquila. In ogni caso, è attratto dal gramo odore della cimicina, di cui si nutre a sazietà. Contento lui…

piccolo fiore  di erba roberta rosache spunta un prato

Principi attivi e proprietà terapeutiche

L’erba Roberta è una droga medicinale interessante. Per preparare la tisana, si utilizza tutta la pianta, che contiene diversi principi attivi. C’è soprattutto l’olio essenziale, che è abbondante e che conferisce il cattivo odore. Troviamo poi la geraniina, che è un principio amaro, l’acido ellagico, sostanze tanniche e resina. La pianta fresca è irritante per l’epidermide ed è stata utilizzata sin dall’antichità come rimedio vulnerario per le contusioni. L’infuso, invece, si prepara ponendo due cucchiai rasi di erba in mezzo litro d’acqua fredda. Si porta a bollore, si spegne, si lascia riposare una decina di minuti sotto coperchio e infine si cola. Si dolcifica a piacere e si beve lungo la giornata, proprio come se fosse un tè.

Studi clinici di Henri Leclerc dimostrarono, il secolo scorso, la sua utilità nel trattamento del diabete, con la diminuzione della glicosuria. Ha proprietà antisettiche (gastroenteriti), astringenti (dovute al tannino, in caso di diarrea) e toniche, specialmente nelle astenie primaverili. È cicatrizzante e giova come antiinfiammatorio e antalgico (nevralgie). Se viene gargarizzato, lenisce il mal di gola, le afte e le stomatiti. I medici naturalisti prescrivono anche cataplasmi di foglie fresche tritate per trattare le ulcere cutanee a lento decorso. Che ne dite? Non è un portento l’erba di Robin Hood?

Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.