La Gioconda? Credo che sia stata rubata stamattina.

Questa è l’incredibile storia del furto della Gioconda di Leonardo. Compiuto tra le 7 e le 8 del mattino al museo del Louvre. Un giorno che tutte le persone nominate, da qui in poi, non dimenticheranno mai. Per tutta la loro vita. Un furto talmente incredibile ed eclatante che la RAI, nel 1978 ne farà uno sceneggiato televisivo in tre puntate che chiamerà appunto “Il furto della Gioconda”

Ma veniamo alla nostra storia. È lunedì 21 agosto 1911. Siamo a Parigi, precísamente al Louvre. È mattina. Il museo è chiuso e occorre pulirlo a fondo, dopo il solito assalto della domenica. Tutto scorre tranquillamente. O quasi.

Al ladro!

Il pittore Louis Béroud, è entrato da poco nel Salon Carrè, il salone quadrato del padiglione Denon del Louvre. E cerca, come ormai è solito fare da tempo, come un rituale scaramantico, lo sguardo enigmatico della Gioconda di Leonardo.

Lo sguardo enigmatico della Gioconda

Béroud lo cerca, come ogni volta, fra i quadri di Tiziano e di Correggio. È qui che la Gioconda vive, con il suo sorriso, dopo aver ammaliato molti reali. Ultima tra tutti Joséphine, la moglie di Napoleone, nella sua stanza alle Tuileries. Ma il quadro che Leonardo aveva portato con sé in Francia nel 1516, quando accetta di trasferirsi alla corte di Francesco I, semplicemente non c’è.

Il pittore dà l’allarme al buon brigadiere Poupardin, in servizio al Louvre. Che in realtà non si allarma affatto. Ritiene che il quadro possa essere stato temporaneamente spostato per qualche fotografia. Anche perché il direttore del museo Théophile Homolle, ha deciso qualche mese prima, di proteggere la preziosa tela con una spessa lastra di vetro. Soluzione pensata più per i vandali che per i ladri .

Rubare la Gioconda? – afferma divertito – È come pensare che qualcuno possa portarsi via la torre della cattedrale di Notre-Dame“.

Chiamatemi solo se rubano la Gioconda

Ma il dipinto di Leonardo non si trova e intorno a mezzogiorno a casa di Georges Bénédite il telefono squilla ripetutamente. A rispondere è lo stesso Bénédite, da qualche giorno sostituto di Homolle, che, prima di lasciare le consegne e concedersi una meritata vacanza, aveva salutato i suoi collaboratori, con un pizzico di ironia:

«Chiamatemi solo se prende fuoco il museo o rubano la Gioconda».

Sembra davvero una sciagurata profezia. Perché il piccolo dipinto, 77×55 cm, non si trova. Da nessuna parte. E il Louvre è stato rivoltato come un calzino.

L prima pagina della domenica del corriere dell'epoca con due persone che rubano la. Gioconda.

Le prime ipotesi

Partono i primi interrogatori. Un gruppo di operai dichiara che fino alle 7.15 il quadro era al suo posto. Un muratore giura che intorno alle 8, al massimo alle 8.15, la Gioconda non c’era già più. Ci sono due certezze a questo punto: nessuno si è allarmato e il furto è avvenuto tra le 7.15 e le 8.

Si pensa di tutto. A una banda specializzata in furti di opere d’arte, a un furto su commissione, a un’operazione di spionaggio internazionale facente capo alla Germania. Fiumi di inchiostro.

È stato Picasso!

Partono i sospetti. Il giudice istruttore incaricato del caso, Joseph-Marie Drioux, soprannominato dalla stampa il “marito della Gioconda”, arriva persino ad arrestare il poeta Guillaume Apollinaire. Merito di alcune dichiarazioni, sulla volontà di distruggere tutte le opere d’arte del passato. A dar man forte anche le rivelazioni del suo ex amante, Honoré Géri Pieret, su losche attività di ricettazione. Nel calderone pure Picasso, entrambi scagionati poi da ogni accusa.

Dopo due anni: la svolta

Il 29 novembre 1913, a più di due anni da quel maledetto 21 agosto, l’antiquario fiorentino Alfredo Geri riceve una lettera. Una risposta a una sua richiesta di prestiti di opere d’arte per una mostra.

Il ladro Vincenzo Peruggia con il quadro in mano
Vincenzo Peruggia

“SAremo molto grati se per opera vostra o di qualche vostro collega, questo tesoro d’arte ritornasse in patria e specialmente a Firenze dove Monna Lisa ebbe i suoi natali, e che saressimo in ispecial modo lieti se un giorno futuro e forse non lontano fosse esposta alla Galleria degli Uffizi al posto d’onore e per sempre. Sarebbe una bella rivincita al primo impero francese, che, scalando in Italia, fece man bassa su una grande quantità di opere d’arte per crearsi al Louvre un grande museo. Firmato Leonardo V. “

Insomma la Gioconda è viva! Geri sulle prime pensa a un mitomane ma decide, comunque, di rendersi disponibile all’acquisto.

L’incontro è fissato. L’antiquario Geri, con il direttore degli Uffizi Poggi, si presenta nella stanza dell’hotel Tripoli di Firenze, e che oggi, non casualmente, si chiama Hotel Gioconda.

La Gioconda? La tenevo sotto il letto

Davanti a loro il misterioso ricettatore tira fuori, da sotto il letto, una scatola al cui interno si cela il capolavoro leonardesco. Immediato l’arresto.

Dati del ladro: Vincenzo Peruggia, imbianchino, nato a Dumenza, provincia di Varese, l’8 ottobre 1881. Emigrato a Parigi con lo scopo preciso di Rubare la Gioconda.

Il piano, il colpo, l’alibi

Peruggia un anno prima del “fattaccio”, si fa assumere da una delle tante ditte che operano all’interno del Louvre. Per assurdo quella a cui è stata commissionata la realizzazione della lastra di vetro che dovrà proteggere la Gioconda.

La facciata del Louvre odierna vista dalla piazza con la piramide in primo piano

Impara rapidamente i turni dei guardiani, le vie di fuga, le pecche della sicurezza e prepara un alibi perfetto.

La sera del 20 agosto si ritrova con altri italiani in un locale e finta di ubriacarsi, richiamando l’ attenzione di una guardia. La mattina dopo esce intorno alle 7, entra nel museo, stacca la teca, toglie la cornice in pioppo e nasconde la tavola all’interno del camicione da operaio.

Indisturbato, lascia il Louvre per fare rientro nel suo appartamento, in rue de l’Hopital-Saint-Louis al civico 5, nel quartiere Heron, con la Gioconda sotto il braccio. Poi, come se nulla fosse, torna al Louvre dove prende servizio, giustificando il ritardo con i postumi dell’ubriachezza della sera prima.

Condannato a 5 anni

Il processo dura due giorni. Il 5 giugno il tribunale di Firenze emette una sentenza che farà discutere . Peruggia viene condannato a un anno e quindici giorni di detenzione, per parziale infermità mentale. Infermità confermata dalla perizia del noto psichiatra Paolo Amaldi, all’epoca dei fatti direttore del manicomio provinciale di Firenze. Peruggia sconta solo sette mesi e quattro giorni di carcere.

In realtà avrei voluto rubare Il Parnaso del Mantegna, ma un visitatore mi ha detto che la Gioconda era molto più bella”. Questa la prima dichiarazione dopo l’arresto.

Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".