La ruta, con cui Cleopatra faceva perdere la testa agli uomini

La ruta, un’antica erba magica cara a Cleopatra

La ruta viene citata già da Aristotele, quale antidoto contro i morsi di lupo e di serpente e contro le punture di ragno o di vespa. Epicarmo di Siracusa, commediografo con velleità mediche, ne usava i semi per curare la febbre, i problemi digestivi e persino i morsi di talpa. Le talpe dovevano essere ben feroci, allora! Tra i romani, erano assai popolari amuleti creati con le sue foglie anche se Plinio consigliava di non coltivarla. Sì, perché secondo il suo parere “la ruta crescerà meglio se verrà rubata dal giardino di qualcun altro”.

Ma quest’erba resta indissolubilmente legata ai filtri d’amore di Cleopatra, regina d’Egitto. Erodoto ci tramanda che le donne egiziane li preparassero dosando in modo segreto la ruta e la salvia. E chissà: forse sia Giulio Cesare sia Marco Antonio furono entrambi vittima… della ruta!

pianta di ruta da almanacco medioevale licenza cc
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Nel linguaggio dei fiori e in Irlanda

Se da un lato la ruta viene spesso definita “erba della grazia”, nel linguaggio dei fiori simboleggia piuttosto il dolore e il pentimento. In Irlanda era usata in modo ambivalente, per benedire o per maledire, per curare o per danneggiare una persona. Dipendeva da quando era raccolta. Al mattino era una pianta con la virtù di aiutare gli altri ma in ogni altro momento della giornata diventava cattiva e ostile. Era impiegata anche per curare gli animali ammalati, soprattutto i polli. Se ne mettevano rametti tra la biancheria, per allontanare le pulci, o appesi in casa, per mettere in fuga i topi.

Se una ragazza era stata abbandonata dal fidanzato per un’altra donna, non era raro che lo attendesse all’uscita della chiesa, nel giorno del matrimonio. In questo caso, lanciava addosso al fedifrago un bouquet di ruta e gli gridava “May you rue this day as long as you live”. Avrebbe così dovuto rimpiangere quel giorno finché avesse vissuto. C’è un gioco di parole, ovviamente, dato che la ruta in inglese si chiama appunto rue. In irlandese, si traduce con an Rú, dal suono analogo. Perché la maledizione contro il novello sposo funzionasse, però, pare che fosse necessario raccogliere la ruta nottetempo, tra le tombe di un cimitero.

fiore di ruta giallo ingrandito in primo piano con forma a stella
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La preziosa vista degli incisori e dei pittori

Nel Flos Medicinae della Scuola Salernitana viene attribuita alla ruta la virtù di “far la vista acuta”. Se ne consigliava l’impiego a chi usava molto gli occhi per lavorare, come gli incisori e i pittori. Oltre a berne l’infuso, se ne ponevano garze imbevute sulle palpebre. Del resto, già Plinio la suggeriva ai pittori della sua epoca per rafforzare la vista.

la ruta  foglie su un muro foto icenza CC
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Un ritratto botanico

La Ruta graveolens L. appartiene alla famiglia delle Rutacee, di cui è la specie maggiormente rappresentativa. Come habitat, predilige i terreni incolti e argillosi, ben soleggiati. È una pianta perenne cespugliosa, legnosa alla base pur con rami erbacei ed è decisamente aromatica, a volte quasi irritante. Può raggiungere il metro d’altezza e spicca per le foglie di un bel verde lucente che tende al bluastro. Esse sono di consistenza quasi carnosa, bipennate o tripennate. I fiori, che sbocciano tra giugno e agosto, hanno petali a cappuccio, sono gialli, tendenti al verde, e sono riuniti in ombrelle. I semi sono piccoli, neri e reniformi.

èiante di ruta coltivate in un fialre. foto licenza CC
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La ruta in fitoterapia, ma con molta prudenza

La ruta non è una specie innocente ma figura senz’altro tra le piante tossiche. Viene considerata quale droga medicinale l’intera pianta, raccolta prima della fioritura. I principali costituenti sono la rutina, presente nell’olio essenziale, la furocumarina, le resine e i tannini. La rutina è un glucoside dei flavoni che esercita un’azione protettrice sulle pareti dei vasi capillari e un’azione eccitante sull’utero. È utile a contrastare la fragilità capillare e a favorire il flusso mestruale ma ha purtroppo gravi effetti collaterali.

È un abortivo e, a dosi massicce, da pianta fresca, può essere addirittura letale. La furocumarina favorisce l’abbronzatura eppure può provocare fenomeni di sensibilizzazione alla luce solare. Tali principi attivi ci portano a concludere che la ruta deve essere assunta solo dietro prescrizione medica, evitando improvvisazioni fai da te. A piccole dosi, viene impiegata in liquoreria come aromatizzante. Tra le grappe artigianali, sono piuttosto apprezzate dagli intenditori quelle che nella bottiglia trasparente contengono un rametto di ruta sagomato ad arte.

bocciolo di ruta foto licenza CC
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Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.