Marco Datrino, l’addio al gallerista dei “Tesori dal Cremlino”

Il Covid-19 si porta via anche Marco Datrino, uno tra i più celebri antiquari e galleristi d’Italia. Ricordato da tutti per aver portato per primo in Italia “I tesori dal Cremlino“. Era il 1993 quando i tesori dello Zar, tra cui il colbacco incastonato con pietre preziose di Pietro il Grande e il trono di Ivan il Terribile, furono esposti.

La mostra fu realizzata grazie alla sua grande amicizia personale con Michail Gorbaciov. Allestita in Torre Canavese, nel castello dei conti Balbo di Vinadio, di sua proprietà, contò più di seicenticinquantamila visitatori. Un successo incredibile.

Marco Datrino, l'addio al gallerista dei "Tesori dal Cremlino
Tesori dal Cremlino

Marco Datrino, la passione per la Russia

Torre Canavese diventa quindi, agli inizi degli anni 90 “l’ombelico del mondo”. Datrino continua la passione per l’arte del padre Carlo che, negli anni 40, lascia il suo lavoro di commerciante di metalli a Trino Vercellese, e fonda una galleria di antiquariato. Marco ne segue la scia e acquista a Torre Canavese il castello dei conti Balbo di Vinadio.

Qui crea nel 1970, una casa d’aste e in seguito, negli anni 80, una galleria d’arte. E proprio in questa galleria inizia, per primo, negli anni 90, a esporre le opere di realismo socialista che uscivano dalla Russia. Questa passione per il mercato d’arte russo lo avvicina a Gorbaciov.

I tesori del Cremlino e la visita di Gorbaciov

E quindi, dopo i tesori dal Cremlino, l’anno successivo Datrino organizza nel castello Gemme e diamanti dal Cremlino, con pari successo. Nel maggio 2003, a sancire la lieson tra l’antiquario e la Russia, Gorbaciov, accompagnato dalla figlia Irina, arriva in visita ufficiale per inaugurare la Pinacoteca di Torre dedicata alla moglie Raissa.

Dopo questa consacrazione ufficiale, il suo legame con la Russia diventa così solido da dar vita al libro “Un antiquario al Kremlino. Storie di una famiglia di mercanti d’arte”, pubblicato nel 2015 da Hever Edizioni. La pubblicazione conta novanta episodi suddivisi in tre capitoli: la storia di Carlo Datrino, papà di Marco, la crescita professionale dell’autore e la sua avventura russa.

Marco Datrino, l'addio al gallerista dei "Tesori dal Cremlino. Con Gorbaciov
Datrino e Gorbaciov

La storia della famiglia Datrino

Papà Carlo parte come lattoniere e artigiano di bottega. E con la vendita, per cinquemila lire l’uno, di 24 candelieri d’ottone all’antiquario Icardi, si avvicina a quel’affascinante mondo. Di poco tempo dopo l’incontro con l’antiquario Martinotti che lo introduce ai quadri del Guala.

«In poco tempo ne trovò più di venti, in giro per le chiese e lo stesso Martinotti si meravigliava delle sue scoperte. Iniziò così la sua carriera, si mise a comprare quadri e fu quella la sua fortuna» spiegava il figlio Marco Datrino. Molte e proficue le conoscenze e gli incontri negli anni successivi. Dallo storico Silvino Borla al commendator Accorsi con cui Carlo Datrino fece molti affari.

Marco Datrino

Marco, invece, a differenza del padre, si forma da autodidatta negli ambienti milanesi. E inizia a promuovere nelllo spazio espositivo del castello di Torre, ormai dimora familiare, mostre di antiquariato di grande rilievo. L’ avventura russa inizia subito dopo la caduta del muro di Berlino. Il primo viaggio a Mosca è nel gennaio 1990.

Durante il viaggio nell’Unione Sovietica nasce ’intuizione di puntare sui pittori del Realsocialismo che avevano lavorato per lo stato russo. Parte quindi il progetto di portare le opere sovietiche in giro per l’Europa. Progetto che, appoggiato e fortemente voluto dall’allora Ministro della cultura della Russia, diventerà un enorme operazione commerciale. “Tesori dal Cremlino. L’arte e la storia” la più grande mostra del mondo, con il più grande tesoro d’arte che la Russia abbia mai fatto uscire dai suoi confini.

Marco Datrino, l'addio al gallerista dei "Tesori dal Cremlino. Il castello di Torre Canavese
Il Castello di Torre Canavese

Torre un borgo di pace nel nome dell’arte

In seguito Datrino decide di far arrivare pittori da ogni nazione per trasformare il borgo in un simbolo di pace. In nome dell’arte arrivano artisti da Siria, Iran, Israele, Palestina, Giordania, Francia, Germania, Sud Africa e Cina. Coinvolte anche le accademie di pittura di Milano, Firenze, Roma e Napoli. Oggi, lungo le strade del paese o nella Pinacoteca Raissa Gorbaciova, sono presenti centosettanta opere di pittura da tutto il mondo.

Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".