Il caso Marsha P. Johnson: una morte misteriosa. E perchè quella “P”?

Molo di Cristhopher Street, Manhattan NY, ore 17,23 di un caldo pomeriggio di luglio. Tutto il Greenwich Village è li, in piedi e incredulo, davanti ad un corpo senza vita appena ripescato tra i detriti di legno sulla riva dell’Hudson. Era da un paio di giorni che Marsha non si vedeva in giro. Strano, perchè lei esce rergolarmente per aiutare i senzatetto, le donne che si prostituiscono e i poveri. Quel corpo è Marsha P. Johnson, la regina del Greewich Village.La polizia ritiene sia un suicidio. Annegamento. Caso Marsha P Johnson chiuso. E invece no. Qualcosa non torna.

Perchè Marsha si sarebbe dovuta suicidare? Sognava di attraversare il Giordano con la sua amica Sylvia, sorrideva sempre e nel quartiere aiutava tutti. No qualcosa non torna.

E’ il 1992, in Italia qualche settimana prima Capaci entrava nella storia per “l’attentatuni”. Il giudice Falcone moriva insieme a sua moglie e alla sua scorta. Ma questa è una storia di mafia. Cosa c’entra la mafia con Marsha P. Johnson?

Forse bisogna fare un passo indietro e conoscere meglio Marsha che all’anagrafe fa Malcom Michaels.

Marsha P. Johnson

Malcom Michaels nasce nel ’45 e negli anni sessanta, a New York, uno come lui ha dei seri problemi con la società, per due motivi: è nero ed è gay.

Non solo, ma Malcom è provocatore, non ribelle, ma fastidioso per il perbenismo americano di Lyndon B. Johnson, il neo eletto successore di JFK. Le repressioni razziste contro le minoranze sociali sono dure e nascono i primi movimenti che rivendicano i diritti umani, come le pantere nere in California. Per i cops c’è molto da fare per le strade di New York, perchè ora ci si mettono anche i gay a protestare. E sono botte, botte da orbi. Le retate nei locali per soli uomini, come lo Stonewall Inn, sono quasi all’ordine del giorno.

E’ li che vive Malcom e quelli sono i locali che frequenta, da quando ha deciso di chiamarsi Marsha. Marsha “P” Johnson. Se ne va in giro truccata, con boa di struzzo, piume, parrucche e vestiti da donna. Gira sulla “Stroll”, la passeggiata del Greenwich Village, tra Christopher Street e la West Road.

28 giugno 1969

Nel 1969 Nixon vince le elezioni e la lotta contro le minoranze si inasprisce ancora. In quelle notti di New York volano molotov e Marsha esce correndo dai locali per scappare alla polizia. Ma per lei è troppo forte, troppo importante difendere i suoi diritti e di quelli come lei. il 28 giugno 1969 è il punto di non ritorno. Ennesima retata al Stonewall e allora reagisce, prende botte, ma reagisce. Insieme a Sylvia ed agli altri della comunità gay ribalta macchine e blocca il traffico. Il giorno dopo, nasce il Gay Power.

La missione di Marsha nella vita era quella di predicare la pace e la benevolenza“. risponde così Sylvia, la sua migliore amica, a chi le chiede di Marsha. Sylvia Rivera è la più seria delle due, con una risata alla Marlene Dietrich. Insieme decidono che è ora di fare seriamente qualcosa. Il Gay power ormai è un inno di battaglia ma le persecuzioni continuano. Sono tanti i minorenni gay che vengono sbattuti fuori casa dai genitori che non accettano la natura dei propri figli. E questi finiscono in mezzo alla strada a prostituirsi, senza un posto dove stare. Bivaccano nei vicoli bui e Marsha passa la notte ad andare in giro a dargli vestiti, qualcosa da mangiare, un sorriso.

S.T.A.R.

Lo STAR Project nasce per loro. E’ un acronimo che sta per Street Trasvestites Action Revolutionaries. E’ un successo, al punto che Marsha e Sylvia prendono un intero palazzo nel Greenwich Village e ne fanno una casa per transgender. Il primo centro di accoglienza e laboratorio per LGBT in tutto il nord America. Un traguardo enorme, se si pensa che erano gli albori degli anni ’70. Marsha è LA Drag Queen, Marsha “P” è la Star.

Ma perchè quella “P”?

Un anno dopo i fatti dello Stonewall Inn, nell’anniversario di quella terribile notte di scontri, Sylvia e Marsha capeggiano la Christopher Street Liberation Day March, il primo Gay Pride.

Nel tempo, amarezza e delusione hanno accompagnato i gay pride, perchè la comunità LGBT non dimostrava di avere rispetto per le drag queen, della storia, delle lotte e delle fatiche di chi aveva dato l’anima, le costole e il naso per ottenere quei diritti, come se quel ruolo fosse stato dimenticato. Senza le drag queen non ci sarebbe stato il Movimento. Considerandolo come un tradimento, Sylvia in una parata salirà sul palco per insultare la comunità. Era il 1973. Marsha no, Marsha continua paziente la sua opera di aiuti alla comunità.

caso Marsha P Johnson nella foto in bianco e nero Marsha e Sylvia insieme sotto l'ombrello dietro a uno nastro con la scritta police line
Il caso Marsha P Johnson: una morte misteriosa. E cosa significa quella “p”? – Marsha e Sylvia Rivera nel 1973

4 luglio 1992

A distanza di più di vent’anni, la comunità LGBT ha una sua identità, ma l’omofobia impera ancora. 400 casi di omicidi in tutto il Paese, solo in quell’anno, episodi razzisti ovunque e pestaggi, questa volta anche della gente comune che prende di mira la comunità e massacra gli omosessuali, le drag queen che battono e qualsiasi persona dimostri la sua natura gay.

Questi sono gli anni in cui Marsha condivide l’appartamento con Randy Wicker. Randy è convinto che il Movimento e il relativo Festival di Liberazione che si tiene ogni anno al G. Village, sia controllato dalle famiglie mafiose che controllano anche i locali. Riceve anche serie minacce per le sue rimostranze pubbliche. Marsha non vuole entrarci in queste delicate questioni. Marsha ha paura della mafia. Lei preferisce continuare a passare le nottoi sulla Stroll continuando a sorprendere con i suoi vestiti appariscenti, il suo trucco e le sue parrucche.

Ma da comunque fastidio, perchè con il suo sorriso e le sue azioni, Marsha è scomoda. E’ il 4 luglio, la festa nazionale americana del giorno dell’indipendenza. Una macchina bianca con degli italiani a bordo continua a girare nel quartiere. Qualcuno vede Marsha per l’ultima volta, intorno alle tre di notte di notte. Il testimone sostiene che stava correndo lungo il molo di Christopher Street inseguita da due persone.

6 Luglio 1992 ore 17.23

E’ li Marsha. Rigonfia d’acqua in un corpo che non ha forme, che non sembra neanche più il suo. Ripescata dalle acque del fiume Hudson, a due giorni dalla sua scomparsa. Un suicidio, e il NYPD chiude il caso. Ma non è così. Sul caso Marsha P. Johnson ci sono molti lati oscuri. I sospetti che sia stata uccisa dalla mafia sono tanti e gli indizi pure.

Un “cold case” perchè non ha un colpevole e perchè è strano. Nel tempo spariscono dossier, referti dell’autopsia scompaiono e riappaiono, poliziotti che si erano occupati del caso che non vogliono rilasciare dichiarazioni.

Non aveva bisogno di morire, per diventare un’icona, ma morire in quel modo, ha fatto si che tutto il mondo sapesse di lei. Il Movimento LGBT si consolida, il Gay Pride diventa un appuntamento mondiale. In Italia arriva nel 1994. Piccola curiosità: nel 2002 Sylvia Rivera partecipa al gay pride italiano.

Marsha era buona e credeva fortemente nella libertà di esprimersi per quello che si è. Ha passato la vita ha combattere per i suoi diritti e quelli dell LGBTQ. Ma ci vuole ancora tanta “pazienza” per vedere un mondo che convive senza pregiudizio, violenza e discriminazioni verso i diritti umani.

Giustizia per Marsha

Il caso Marsha P Johnson non ha avuto giustizia. E con lei tanti, tanti altri casi di morti, uccisi per avere la sola colpa di essere “diversi” in un mondo “normale”…

Per questo è importante la giornata mondiale contro l’omofobia, quest’anno giunta al suo 30° anniversario.

Oggi l’omofobia è ancora forte. Un’onda inesauribile di aggressioni, continue minacce di morte e bullismo tra i più giovani. Un’altra curiosità: l’Italia è il Paese europeo peggiore per casi di omofobia e la comunità non è riconosciuta affatto da leggi governative. La lotta di Marsha continua.

Non ci sarà mai più un’altra farfalla come lei…usciva sempre diversa dal suo bozzolo”.

C’è ancora tanto da fare, tanto da lottare. A proposito…quella “P” stava per Marsha Porta Pazienza Johnson.

Marsha P Johnson LGBT
Il caso Marsha P Johnson : una morte misteriosa. E cosa significa quella “p”?
Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”