Pugilato: quando la boxe diventa uno stile di vita

Avete mai pensato al percorso atletico di un pugile? Vi siete mai chiesti cosa spinge un atleta ad abbracciare la disciplina del pugilato?

C’era una volta il pugilato …

Non bisogna essere esperti di pugilato per conoscere i miti che hanno fatto la storia di questo sport. Uomini che hanno superato i loro limiti e che saranno ricordati per sempre, da tutti.

Primo su tutto Cassius Clay, conosciuto anche come Muhammed Alì. Un uomo che ha provato ha cambiare l’America attraverso lo sport, e sfruttando la sua popolarità per combattere fuori dal ring difendendo valori sociali, politici e religiosi.

Floyd Mayweather Jr, uno dei pochi pugili a possedere il primato per non aver mai perso alcun combattimento. Inoltre, campione del mondo in cinque categorie.

Julio Cesar Chavez, tra i pugili migliori di origine messicana. Noto per la sua mascella resistente ai colpi, ha vinto titoli mondiali in tre differenti categorie.

Ed infine, Rocky Marciano che tentò la fortuna nel baseball ma con scarsi risultati. Durante la sua carriera è stato l’unico pugile dei pesi massimi a non aver mai conosciuto la sconfitta.

Questi sono solo alcuni esempi di atleti che hanno segnato la storia. Uomini che hanno combattuto senza arrendersi mai, che hanno fatto della boxe non solo una disciplina sportiva, ma una vera e propria filosofia di vita.

Cadere sette volte, rialzarsi otto

“Dentro un ring o fuori non c’è niente di male a cadere. E’ sbagliato rimanere a terra”, diceva Muhammed Alì.

Una frase che fa riflettere, un insegnamento di vita che ci porta a capire quanto spesso sia difficile affrontare ostacoli ma che bisogna sempre lavorare sodo e rialzarsi. Questo è il significato intrinseco del pugilato. Uno stato d’animo, un’introspezione continua nel riconoscere i propri limiti e superarli. Combattere non è solo un’azione fisica ma una reazione psicologica per affrontare le avversità, quelle situazioni in cui non importa uscirne vinti o vincitori, ma che ci insegnano il coraggio. Ed è così che per molti, la boxe diventa uno stile di vita che crea sempre nuove sfide da affrontare e la capacità di reagire ai colpi.

Pugilato: uno stile di vita

Praticare questo sport non racchiude semplicemente l’arte del tirare pugni. Dietro questa disciplina ci sono obiettivi che interessano sempre di più le nuove generazioni. Al di là della semplice forma fisica ottimale ci sono motivazioni psicologiche importanti che trovano conferme nel pugilato, come imparare a incanalare la rabbia e a gestirla, a crescere la propria autostima con equilibrio e saper gestire la competizione in modo sano.

Per saperne di più su come mai i giovanissimi si avvicinano al pugilato, lo abbiamo chiesto a Giacomo Distaso, ex campione della categoria Junior dei campionati giovanili di pugilato.

Giacomo, com’è nata la passione per il pugilato?

La passione per il pugilato nasce grazie alla mia famiglia. La prima persona ad aver praticato questa disciplina è stato mio nonno, passando poi da mio zio fino ad arrivare a me. Posso dire, quindi, che il ritmo del pugilato ci scorre nelle vene da generazioni. E a proposito di questo, Sugar Ray Robinson, grande pugile statunitense disse: “Il ritmo, nel pugilato, è tutto. Qualsiasi movimento tu faccia, nasce dal cuore: o questo ha il ritmo giusto, o sei nei guai.”

Il pugilato è uno sport che prevede tanto sacrificio e impegno. In un’età così giovane, a quante cose hai dovuto rinunciare per gli allenamenti?

Il pugilato, come tanti altri sport, comporta molti sacrifici. Io ho dovuto fare a meno delle feste con gli amici, di tornare tardi la sera, di andare in pizzeria e in discoteca. Possono sembrare cose banali ma per un ragazzo sono quelle piccole cose che ti fanno vivere a pieno la tua giovinezza. Ho rinunciato a tutto questo per arrivare a vincere incontri e tornei importanti. La mattina mi alzavo presto per andare a correre, poi tornavo e andavo a scuola. Facevo 120 Km al giorno per andare in palestra, allenamenti duri e diete ferree.

Alla base di ogni incontro ci sono davvero tanti sacrifici e sono proprio loro che ti portano alla vittoria di incontri importanti. Penso che senza di loro non si vada da nessuna parte, ed è così anche nella vita: fare dei sacrifici per trovarsi bene un domani. Le coppe si vincono in palestra e si va in gara solo per ritirarle. Questa frase racchiude tutto quello che c’è dietro un incontro, prima di varcare le quattro corde.

Cosa ti ha insegnato il pugilato?

Il pugilato ti insegna tantissime cose. Ti insegna tutte quelle cose che possono servirti nella vita come il rispetto delle regole e di chi ti sta intorno, l’educazione e il coraggio. Perchè nella vita ci vuole coraggio ad affrontare determinate situazioni.

Che emozioni si provano durante un incontro? Hai mai avuto paura?

Quando sali sul ring le emozioni che si provano sono così tante che non si riescono nemmeno a spiegare. Quella che forse si riesce a distinguere tra tutte è la paura. La paura di sbagliare tutto, soprattutto durante tornei importanti come i campionati italiani. Si ha la paura di sbagliare perchè dietro ci sono tanti sacrifici e l’unico modo per ripagarli tutti è quello di portarsi a casa la vittoria.

Chi dice di non avere paura, mente. E’ un’emozione che provi, creata dall’ansia e da tutti i pensieri che ti inondano la testa prima di salire sul ring. Pensi se sarai all’altezza di affrontare un incontro di quel tipo. Poi varchi le quattro corde e ti sale l’adrenalina, la tua mente si concentra su l’unica priorità: vincere! E da quel momento in poi non senti più niente, ci sei solo tu. Tu e il tuo avversario. Anche lui con il solo e unico obiettivo di portarsi a casa la vittoria. E vince chi è riuscito a credere di più in se stesso e a prepararsi al meglio all’incontro.

Ed infine, il pugilato, per te, cos’è?

Magia. Per me, il pugilato non è altro che vera e pura magìa.

#respect

C’è sempre molta confusione e quasi ignoranza nel paragonare il pugilato ai combattimenti da strada. Guardare a questo sport con più romanticismo, trovando il giusto parallelo nella vita, nell’affrontare gli imprevisti, nel saperci alzare dopo una caduta, fa decadere lo stereotipo della violenza rappresentata dallo sport fisico.

Che questo sport, poi, non sia mera violenza lo si capisce proprio alla fine di un incontro: l’abbraccio tra due pugili a fine combattimento. Un gesto che dimostra che mandare a tappeto l’avversario non è sinonimo di superiorità, ma di determinazione e di rispetto.

Arianna Pino
Arianna Pino
Autrice del libro “Resta almeno il tempo di un tramonto” e di “Quando fuori piove”, finalista al concorso letterario “Il Tiburtino”. Iscritta all’ Università delle scienze e tecnologia del farmaco. Dice di sé:“Sono nata in città ma vivo col mare dentro. Ho occhi  grandi per guardare il mondo, ogni giorno, con colori diversi. Ho la testa tra le nuvole ma cammino su strade fatte di sogni pronti a sbocciare, mi piace stupire come il sole, quello che la mattina ti accarezza il volto e ti fa ricordare che c’è sempre un buon motivo per alzarsi. Amo la pizza, il gelato e la cioccolata calda perché io vivo così, di sensazioni estreme, perché a vent’anni una cosa o gela o brucia. Mi piace vivere tra le parole che scrivo, che danno forma alla mia vita come i bambini fanno con le nuvole”.