Suicidio in carcere alle Vallette di Torino

Ancora un episodio drammatico nel carcere di Torino, già sconvolto dal suicidio per inedia di una donna nigeriana. “Un’altra donna, 28 anni, si è tolta la vita in cella verso le 17. Era arrivata da Genova Pontedecimo”, spiega Vicente Santilli, segretario regionale SAPPE Piemonte. “Purtroppo, il pur tempestivo intervento degli Agenti non ha potuto evitare che la detenuta riuscisse a togliersi la vita”.

“Come sapete, abbiamo sempre detto che la morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato”, commenta amareggiato Donato Capece, segretario generale del SAPPE. Per Capece, “la via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Anche la consistente presenza di detenuti con problemi psichiatrici è causa da tempo di gravi criticità per quanto attiene l’ordine e la sicurezza delle carceri del Paese. Il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni”. 

Anche a Cuneo, un detenuto ha tentato il suicidio

Nottata da incubo, l’ennesima, nella Casa circondariale di CUNEO, dove solo grazie al tempestivo e professionale intervento della Polizia Penitenziaria si è impedito che un detenuto si togliesse la vita.

La notizia arriva dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE per voce di Vicente Santilli, segretario regionale per il Piemonte: “Questa notte un detenuto italiano si è impiccato in cella con un rudimentale cappio. Sono stati momenti di grande tensione: prontamente il personale di Polizia Penitenziaria è intervenuto per salvargli la vita, slegare il rudimentale cappio e prestare per i primi soccorsi.

Tempestivo anche l’intervento del medico e del poliziotto penitenziario, i quali congiuntamente hanno praticato all’uomo un massaggio cardiaco. Il detenuto è stato poi trasportato all’Ospedale cittadino dove si trova tuttora. Restano ignote le motivazioni che hanno portato il detenuto a porre in essere il gesto estremo.  In ogni caso, il dato certo è che la scelta di togliersi la vita è originata da uno stato psicologico di disagio. E’ un dato oggettivo che chi è finito nelle maglie della devianza spesse volte è portatore di problematiche personali sociali e familiari”.

Il segretario generale del SAPPE, Donato Capece, ricorda che “negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 24mila tentati suicidi ed impedito che quasi 195mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze. Anche questo è quel che fanno tutti i giorni le donne e gli uomini del Corpo: salvare la vita ai detenuti che tentato di togliersi la vita in cella”.

Il suicidio è la causa più comune di morte in carcere

E richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che sui suicidi in carcere aveva sottolineato come “il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere.

Proprio il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti e sconforta che le autorità politiche, penitenziarie ministeriali e regionali, pur in presenza di inquietanti eventi critici, non assumano adeguati ed urgenti provvedimenti”.

Impietosa la denuncia del leader del SAPPE, che si appella al Ministro Guardasigilli Carlo Nordio: “Due suicidi in poche nel carcere di Torino impongono al Ministro della Giustizia Carlo Nordio un netto cambio di passo sulle politiche penitenziarie del Paese. E’ necessario prevedere un nuovo modello custodiale. Le carceri sono in ebollizione da mesi ed il primo grande latitante è il Capo dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Russo che è anche, incidentalmente, Capo della Polizia Penitenziaria”.

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”