E se donna, fossi tu?

Il 25 novembre è la giornata mondiale contro la violenza sulla donna. Ma perchè proprio il 25 novembre?

25 novembre 1960

Corre l’anno 1960.

Le tre sorelle Mirabal, si stanno recando in carcere a trovare i loro mariti. Siamo in Repubblica Domenicana e il dittatore Rafael Leónidas Trujillo sta tenendo il Paese nell’arretratezza e nel caos. Sono tante le rimostranze del popolo, sono tante le manifestazioni e gli scontri con le forze dell’ordine stanno sfociando in una vera e propria guerra civile. Molti gli arresti, le carceri traboccano di “rivoluzionari”.

E’ il 25 novembre e sulla strada che porta al carcere le tre donne, attiviste politiche, vengono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare che le portano in un luogo nascosto. Qui saranno torturate, stuprate, massacrate a colpi di bastone e strangolate a bordo della loro auto.

Una violenza inaudita, estrema.

Corre l’anno 1999.

In quarant’anni, sono innumerevoli gli episodi di violenza sulle donne, non solo in contesti politici, ma sul posto di lavoro, tra le mure domestiche, negli angoli di strada. Ovunque.

Le Nazioni Uniti scelgono il 25 novembre come giornata mondiale contro la violenza sulla donna. In nome delle violenze che succedono fin dalla notte dei tempi, commemorando a titolo simbolico quel 25 novembre 1960, in Repubblica Domenicana.

25 novembre 2019

Dieci anni dopo. Cito testualmente dal sito AGI Italia.

Una donna su tre, poco meno di 7 milioni di donne tra i 16 e i 70 anni, ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Se è stata uccisa, tre volte su quattro il colpevole è un membro della sua famiglia. Se ha subito uno stupro, nell’81,6% dei casi è stato commesso da un italiano. Gli stupratori stranieri sono il 15,1%. 37,6% delle donne vittime della violenza del partner ha riportato ferite, lividi, contusioni o altre lesioni. Il 20% è stata ricoverata in ospedale.

Tra le donne ricoverate per violenze sessuali perpetrate dal partner, 1 su 5 ha riportato danni permanenti. I compagni attuali o passati sono gli autori di quasi il 63% degli stupri. numeri, presentati al Parlamento dal presidente dell’ISTAT Giorgio Alleva lo scorso settembre, sono aggiornati al 2015-2016 e mostrano come da dieci anni più della metà delle donne vittima di omicidio perdono la vita tra le mura domestiche. Delle 149 donne vittima di omicidi volontari nel 2016, infatti, 59 sono state uccise dal partner, 17 da un ex partner e 33 da un parente. L’autore della violenza è 4 volte su 5 un italiano, ma la quota di vittime di stupro da un autore straniero che dichiara di aver sporto denuncia è oltre sei volte più alta rispetto al caso in cui l’autore è italiano.

E’ non solo sconvolgente, ma inaudito. E la domanda è spontanea: perché?

una donna che ha subito violenza con la bocca aperta, un collare rosso al collo e le mani sul petto, gli occhi spalancati dalla paura, una foto in occasione del 25 novembre

Cosa non funziona?

Io un’idea, me la sono fatta.

Si fa un gran parlare del fatto che le donne non denunciano, o lo fanno ma poi ritirano la querela.

Vero. C’è una quantità infinita di casi non denunciati e di relative donne abusate, picchiate regolarmente. Ma cosa succede quando una donna denuncia?

Nulla…fino a quando non c’è una violenza reale, non si può fare nulla. Le minacce purtroppo prevedono una denuncia a piede libero e, nella maggior parte dei casi, non vengono neanche accolte se non ci sono prove concrete. E anche in caso di prove concrete, l’ordinanza restrittiva del Dispositivo dell’art. 282 ter Codice di procedura penale prevede, in sintesi, il “divieto di avvicinamento il giudice prescrive all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa, anche disponendo l’applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall’art. 275 bis(2)”.(Fonti → Codice di procedura penale → LIBRO QUARTO – Misure cautelari → Titolo I – Misure cautelari personali → Capo II – Misure coercitive).

Stammi lontano…

Ma chi controlla? Nessuno…

E si vive con la paura di rientrare a casa ed essere vittima di agguati. Si vive con il terrore di rispondere al cellulare. Si sa che inevitabilmente qualcosa succederà. E sarà memorabile, purtroppo. Perchè ci sono tante forme di violenza, e quella psicologica è la più sottile, la più infida, quella che dura nel tempo, al di là delle cicatrici, al di là delle percosse. E’ quella che non ti abbandona più per tutta la vita, perchè anche se il pericolo passa, la paura resta. Riconoscerai il pericolo “a naso”, perchè quel lampo negli occhi, quella smorfia accennata in un falso sorriso, quel gesto all’apparenza innocuo, è il segno distinto dell’intenzione perversa che si cela sotto le innocenti apparenze. E non si è mai più donna davvero.

E siamo costrette a sopportare da anni una sudditanza psicologica inaudita.

25 novembre giornata mondiale contro la violenza sulla donna rappresentata dalla metà dfi un viso di donna con l'occhio tumefatto da un pugno e lo sguardo rivolto in alto e la bocca aperta

Non solo donna

Perché essere donna oggi non è diverso dall’essere donna di ieri. Malgrado i ruoli istituzionali, ricoperti nelle cariche di potere, si parla di “quote rosa” ma neanche a pensarci di parlare di “quote azzurre”.

Perché quando ci si presenta in un posto di lavoro, siamo obbligate a compilare questionari ridicoli dove ci chiedono se abbiamo figli, se abbiamo intenzione di avviare una gravidanza o se siamo in gravidanza. Ma se vogliamo fare carriera, siamo delle ciniche che non pensano a farsi una famiglia.

Se una donna ha dei comportamenti sessuali espliciti, è una zoccola, ma se è l’uomo ad avere molteplici relazioni, allora è uno che sa come si vive la vita. Se un uomo rimane celibe è un furbo, ma se è una donna, è una povera zitella.

Chi l’ha vista?

Senza parlare di alcuni esemplari maschi che pensano di aver comprato una domestica, allevatrice di figli, anziché aver sposato una creatura. E alcuni di loro pretendono persino che gli si chieda il permesso, anche solo per andare a fare la spesa. Poi li ritrovi su “chi l’ha visto?” a cercare la compagna. Peccato che quando sono invitati a fare un appello, affinché questa torni, l’unica cosa che sanno dire è: ”torna perchè ho bisogno di te. Non c’è nessuno che cura la casa e si occupa dei figli”. In pratica è scappata la badante, la domestica, la tata. E per convincerci piagnucolano senza versare lacrime. Patetici e irritanti.

Violentate, per aver la colpa di essere belle. Il peggio è quando si sente che “se la sono cercata” perché “andavano in giro vestite in modo provocante”.

Se la sono cercata… Che sul modo di vestire di certe donne ci sia molto da dire, sono d’accordo, ma questo, mai e poi mai, autorizza libertà non concesse.

Tutti in galera

Ora faccio due riflessioni, nella mia ignoranza. Ma non è che, forse, bisogna prevenire, anziché curare?

Malgrado il Ddl Codice Rosso, di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo con l’avvocato Luciano Zagarrigo, continuano ad essere tantissimi i casi di violenza sulla donna. Ma non è che, forse, bisogna inasprire ulteriormente le pene?

Per esempio, picchi una donna? 15 anni senza condizionale. Stupri? Trent’anni, senza condizionale. Ammazzi? Fine pena mai. Esclusione del rito abbreviato per i delitti di violenza contro le donne. Isolamento di sei mesi per tutti. Ma soprattutto, carcere immediato, senza domiciliari, piede libero e mani in tasca. Forse, e dico solo forse, se funzionasse così, ci sarebbero meno Buoniconti, e le varie Elena Ceste, Noemi Durini, Laura Pirri, Tiziana Pavani, sarebbero ancora vive.

Perché forse, e dico solo forse, la paura fa novanta e quindi, magari, la consapevolezza dell’applicazione di pene dure di carcerazione, potrebbero essere un deterrente efficace.

E poi la TV. Lunghi processi mediatici, in trasmissioni di approfondimento, dove si schierano innocentisti e colpevolisti. Tutti hanno un giudizio, tutti difendono o accusano. Diritto sacrosanto di stampa, sancito dall’articolo 21. Come sarebbe bello (anche se poco gratificante) poter vedere commentare casi di violenza che si concludono con una lunga detenzione. Sono anche sicura che tanti mariti convinti di essere i dominus servum della famiglia, comincerebbero a rispettare la consorte e la prole. E sono sicura che molti non penserebbero più di sbarazzarsi della moglie scomoda, ostacolo di una nuova intrigante relazione amorosa con l’amante di turno, con la speranza di farla franca.

Un caso, a caso

Facciamo un esempio: Caso Parolisi. Abilmente sceglie il rito abbreviato.

La sentenza di primo grado lo condanna al massimo della pena possibile, l’ergastolo, con l’aggravante della crudeltà.

Appello. Trent’anni di reclusione. Pena ridotta.

27 maggio 2015, Cassazione. Pena ulteriormente ridotta a vent’anni ed esclusione delle aggravanti. Un bacio d’addio, 35 coltellate, occultamento di cadavere, il tutto con la bambina che dorme in macchina a pochi metri, non è da considerarsi premeditato, e la ferocia, l’accanimento, non sono “aggravanti”. Si è trattato di un “dolo d’impeto” finalizzato ad uccidere, ma “la mera reiterazione dei colpi (pur consistente) non può essere ritenuta” come aggravante di crudeltà con conseguente aumento di pena”. “L’abbandono in stato agonico” della moglie Melania, da parte di Parolisi, “è anch’esso condotta ricompresa nel finalismo omicidiario, non potendo assimilarsi la crudeltà all’assenza di tentativi di soccorso alla vittima (che presuppongono una modifica sostanziale del finalismo che ha generato l’azione)”.

Conclusione: malgrado abbia commesso un omicidio, potrebbe godere della legge sulla liberazione anticipata. Tale privilegio prevede, a discrezione, al fine del computo della misura di pena che occorre aver espiato per essere ammessi a taluni benefici penitenziari (permessi premio, semilibertà e liberazione condizionale), la parte di pena detratta (e per l’ergastolano “virtualmente” detratta) per la concessione della liberazione anticipata si considera come scontata. Tradotto in numeri, 45 giorni di sconto pena ogni semestre, permessi di uscita premio, semilibertà e, “nel computo del tempo è valutabile anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare, di detenzione domiciliare e di affidamento in prova ai servizi sociali”.

Sarà felice la famiglia di Melania.

Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”