Acquisti on line: come funziona il reso e l’incredibile viaggio di ritorno

La fast fashion è un fenomeno che ha rivoluzionato l’industria dell’abbigliamento negli ultimi decenni e gli acquisti on line hanno visto una crescita esponenziale impressionante. Si tratta di un modello commerciale che si basa sulla produzione di abbigliamento economico e alla moda in tempi rapidissimi. Questo approccio ha trasformato radicalmente il modo in cui le persone acquistano e indossano i vestiti, ma ha anche generato una serie di problematiche legate alla sostenibilità e all’impatto ambientale.

Gli Acquisti Online e Le Complicazioni dei Resi nell’Industria della Fast Fashion

Con l’avvento del commercio elettronico, sempre più persone scelgono di fare acquisti di abbigliamento online. Tuttavia, questo comodo modo di fare shopping non è privo di inconvenienti. Uno dei principali problemi riscontrati dagli acquirenti online è legato alla difficoltà di scegliere la taglia corretta e valutare la qualità del tessuto senza toccarlo. Questo può portare a delusioni una volta ricevuto il prodotto.

Per risolvere i problemi legati agli acquisti online, molte aziende offrono politiche di reso flessibili e convenienti. Tuttavia, il ritorno dei prodotti acquistati online ha un impatto significativo sull’ambiente. Il processo di reso spesso comporta il viaggio di migliaia di chilometri, poiché i prodotti vengono trasportati da e verso i centri di distribuzione, contribuendo così all’inquinamento atmosferico e al surriscaldamento globale.

L’Impatto Ambientale dei Resi

L’aumento del numero di resi nell’industria della fast fashion ha portato a un aumento dei gas serra e dei rifiuti, aggravando ulteriormente la crisi ambientale globale. Questo ciclo di acquisto e reso accelerato contribuisce alla produzione di emissioni di carbonio e all’esaurimento delle risorse naturali. Inoltre, molti prodotti resi vengono eliminati anziché essere riutilizzati o riciclati, aggiungendo ulteriori rifiuti alle discariche.

Quinid, mentre la fast fashion offre convenienza e accessibilità ai consumatori, è importante considerare l’impatto ambientale e sociale di questo modello commerciale. L’aumento degli acquisti online e dei resi ha portato a una maggiore pressione sull’ambiente, evidenziando la necessità di adottare pratiche più sostenibili nell’industria dell’abbigliamento, dove anche i consumatori possono contribuire ad affrontare questa sfida facendo scelte informate e sostenendo marchi che si impegnano per la sostenibilità e la responsabilità sociale.

acquisti on line - la schermata di un pc aperta su un sito di vendita di abbigliamento
Acquisti on line: come funziona il reso e l’incredibile viaggio di ritorno

Le Ombre della Fast Fashion: Il Viaggio Invisibile dei Vestiti che Inquina il Pianeta

Un’indagine condotta dall’Unità Investigativa di Greenpeace Italia, in collaborazione con il programma televisivo Report, ha gettato luce sulle intricanti rotte dei capi d’abbigliamento nell’industria della fast fashion, rivelando un impatto ambientale significativo. L’indagine ha esaminato il percorso di abiti acquistati e resi attraverso piattaforme di e-commerce, svelando un’interessante, sebbene preoccupante, realtà.

I risultati dell’indagine, resi noti in parte durante la trasmissione di Report su Rai 3, sono ora pubblicati da Greenpeace Italia in un rapporto intitolato “Moda in viaggio. Il costo nascosto dei resi online: i mille giri del fast-fashion che inquina il pianeta“. Venticinque capi d’abbigliamento del settore fast-fashion sono stati acquistati dalle piattaforme e-commerce di otto delle principali aziende del settore, tra cui Amazon, Zalando, H&M e ASOS. Prima di essere resi, ogni capo è stato dotato di un localizzatore GPS, consentendo così a Greenpeace e Report di tracciare i loro viaggi e studiare la filiera logistica.

Il lungo viaggio del reso

In 58 giorni, i pacchi contenenti questi capi d’abbigliamento hanno percorso complessivamente circa 100.000 chilometri attraverso 13 Paesi europei e la Cina. La distanza media per consegna e reso è stata di 4.502 chilometri, con viaggi che spaziavano da un minimo di 1.147 chilometri a un massimo di 10.297 chilometri. I mezzi di trasporto più utilizzati sono stati camion, aereo, furgone e nave.

Sorprendentemente, i capi d’abbigliamento sono stati venduti e rivenduti complessivamente 40 volte e resi ben 29 volte. Attualmente, il 58% degli indumenti non è stato ancora rimesso in vendita.

Analizzando le singole aziende coinvolte, emerge che tutti i capi d’abbigliamento di Temu hanno viaggiato dalla Cina, percorrendo oltre 10.000 chilometri principalmente via aerea, e fino ad ora nessuno è stato rimesso in vendita dopo il reso. Allo stesso modo, due capi di abbigliamento di ASOS hanno viaggiato per oltre 9.000 chilometri, attraversando 10 Paesi europei in media. Aziende come ASOS, Zalando, H&M e Amazon si distinguono per il numero medio di rivendite, con una media di 2,25 volte. Al contrario, il 100% dei capi resi a Temu, OVS e Shein non è stato ancora rimesso in vendita.

acquisti on line - primo piano di due mani che stanno applicando un qr code ad un vestito nero
Acquisti on line: come funziona il reso e l’incredibile viaggio di ritorno

Attenzione agli acquisti on line “impulsivi”

Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia, commenta i risultati: “La nostra indagine conferma come la facilità dei resi nel settore della fast fashion, quasi sempre gratuiti per il cliente, generi impatti ambientali nascosti e significativi. Mentre alcune nazioni europee hanno adottato misure per prevenire la distruzione dei capi d’abbigliamento resi, la pratica dei resi facilitati incoraggia l’acquisto impulsivo di vestiti usa e getta, con gravi conseguenze per il pianeta“.

L’analisi dell’impatto ambientale include una stima delle emissioni prodotte dal trasporto e dal packaging dei capi d’abbigliamento. In media, ogni ordine e reso contribuisce a 2,78 kg di CO2 equivalente, con il packaging che rappresenta circa il 16% di questo totale. Ogni pacco richiede in media 74 g di plastica e 221 g di cartone. Utilizzando un esempio concreto, il trasporto di un paio di jeans comporta un aumento del 24% delle emissioni di CO2. Tutto ciò si traduce in un costo medio del carburante di 0,87 euro per trasporto.

La fast fashion e l’impatto ambientale

Il settore dell’abbigliamento online è uno dei pilastri dell’e-commerce Business to Consumer (B2C) italiano, guidato dai principi della giovinezza, della digitalizzazione e della fast fashion. Tuttavia, solo una minima percentuale della moda circolare è presente sul mercato, mentre il volume di abbigliamento destinato alla discarica o all’incenerimento continua a crescere. È un sistema vorace che consuma ingenti quantità di materie prime e che ha un impatto significativo sull’ambiente e sul clima. A livello europeo, il settore tessile è uno dei principali responsabili dell’inquinamento e dello sfruttamento delle risorse naturali.

L’indagine di Greenpeace Italia mette in luce le gravi conseguenze ambientali del modello fast fashion e dei resi online facilitati. È urgente adottare misure concrete per ridurre l’impatto negativo di questa industria sull’ambiente e sulla società nel suo complesso.

Immagine di copertina generata con IA Bing

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GianPiero Trovato
GianPiero Trovato
Mangio libri di cibernetica, insalate di matematica, amo la tecnologia e senza non posso vivere. Sono curioso e soddisfare le curiosità altrui è la mia mission. La rete è il mio mondo e la mia casa.