Andrea Falchi si racconta tra pittura e anima: “Il mare è una parte di me”

“Dipingere, per me, non è un divertimento decorativo o l’invenzione plastica di una realtà sentita. Deve essere, ogni volta, invenzione, scoperta, rivelazione”, affermava Max Ernst, pittore tedesco.
L’arte, per ognuno di noi, nasconde un mondo pieno di sentimenti a cui non sempre è facile attribuire un nome. Bisogna distinguere, però, il cuore dello spettatore da quello dell’artista. Cosa provano i pittori quando danno vita alle loro opere? Abbiamo incontrato Andrea Falchi per farci raccontare la vita nel mondo dell’arte, conosciuto da molti grazie a TikTok, il social dove ha iniziato a dipingere con il mare.

Intervista con Andrea Falchi

L’arte ha, quasi sempre, una data di nascita che a volte coincide con quella dell’artista stesso mentre, altre volte, è la conseguenza a qualcosa di ben preciso. Durante gli incontri con i vari artisti, la parola chiave, il concetto dominante di questi racconti introspettivi è l’esigenza. Anche per te la pittura segue questa strada?

Avevo 4 anni la prima volta che il mondo dei colori ha abbracciato gli spazi dei miei disegni. All’epoca sicuramente non era un’esigenza ma l’unico modo per tenermi impegnato, visto la tenera età. Crescendo, però, ho iniziato a sentire la forza di qualche strano legame. L’arte, per me, non ha mai seguito e non segue la strada della necessità. Devo cercarla, a volte forse quasi rincorrerla. Non ha mai rappresentato e non rappresenta, tutt’ora, la conseguenza dei miei stati d’animo. Dipingo per lasciare un parte di me, per racchiudere banalmente ciò che mi passa per la testa, per mettere colore su bianco la mia particolare personalità artistica di cui devo essere sincero, molti ne sono affascinati.

“Non rappresenta la conseguenza dei miei stati d’animo”, hai affermato. Quando riguardi i tuoi dipinti, magari a distanza di tempo dalla loro realizzazione, hai memoria delle emozioni che provavi in quel momento particolare?

Senza dubbio. Ogni dipinto rappresenta una parte di me e come tale riesco a collocarla in un cassetto temporale ben preciso. Ho memoria dei luoghi, dei profumi, delle emozioni e dei colori. Piccoli pezzi di anima che creano un connubio perfetto con il dipinto. Senza metafore, ti confido che in ogni dipinto c’è realmente una parte di me e dei posti da cui prendo ispirazione.

A tal proposito, mi affiora alla mente una frase di Giacomo Puccini, noto compositore italiano: “L’ispirazione è un risveglio, una fuga da tutte le facoltà umane, e si manifesta in tutte le grandi conquiste artistiche”. Da cosa nascono i tuoi dipinti? Qual è la tua musa ispiratrice?

La natura influisce molto su di noi come esseri umani e si trasforma in un qualcosa di magico quando, quasi in punta di piedi, è presente nell’arte. Per me, rappresenta la musa più pura da cui io possa trarre ispirazione. Ci sono luoghi ricchi di significato, di storia, forse anche di malinconia al pensiero che la natura, proprio come l’essere umano, si trasforma e si distrugge. Ho dipinto con il mare, nel vero senso della parola, unico luogo che scatena in me qualcosa di magico, una connessione forte e stabile.

“Ogni artista intinge il pennello nella sua anima, e dipinge la sua stessa natura nelle sue immagini”, affermava Henry Ward Beecher, aforista statunitense. Com’è il rapporto di Andrea Falchi con i propri sentimenti? Sei una persona razionale o irrazionale? I tuoi dipinti, una volta terminati, rispecchiano la tua natura?

Bella domanda! I miei sentimenti e la mia arte sembrano quasi viaggiare su due strade che non sempre riescono ad incontrarsi. Ironicamente, posso dirti che mi attribuisco la malinconia da pittore maledetto. Sono una persona razionale, penso molto e questo sicuramente porta risultati differenti ad opere terminate.
La mia sfera artistica si divide in due mondi molto contrapposti tra di loro. Lavoro come grafico, un mondo del tutto differente rispetto alla pittura. Un mondo che potrei, quasi, definire “composto”. Un mondo con regole e schemi. Questo, però, non toglie nulla alla mia personalità artistica. Per quanto riguarda i miei dipinti, c’è solo una cosa di cui sono certo: quando dipingo di pancia non mi riconosco. Riguardo i miei lavori, dopo averli terminati, quasi con un intimo distacco perchè, da sempre, la mia arte non rappresenta uno sfogo ma il sentimento indescrivibile della bellezza.

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Arianna Pino
Arianna Pino
Autrice del libro “Resta almeno il tempo di un tramonto” e di “Quando fuori piove”, finalista al concorso letterario “Il Tiburtino”. Iscritta all’ Università delle scienze e tecnologia del farmaco. Dice di sé:“Sono nata in città ma vivo col mare dentro. Ho occhi  grandi per guardare il mondo, ogni giorno, con colori diversi. Ho la testa tra le nuvole ma cammino su strade fatte di sogni pronti a sbocciare, mi piace stupire come il sole, quello che la mattina ti accarezza il volto e ti fa ricordare che c’è sempre un buon motivo per alzarsi. Amo la pizza, il gelato e la cioccolata calda perché io vivo così, di sensazioni estreme, perché a vent’anni una cosa o gela o brucia. Mi piace vivere tra le parole che scrivo, che danno forma alla mia vita come i bambini fanno con le nuvole”.