Fare la scelta giusta ed essere felici, si può?

Quante volte vi siete chiesti se avete fatto la scelta giusta?

Avete mai pensato di poter essere responsabili della trama di un film?

Poter interagire con la storia attraverso un telecomando. Far voi le scelte che appartengono ai protagonisti e vedere come si sviluppa la storia, in base a quello che decidete voi e non il regista.

Black mirror è un film interattivo che funziona proprio così. E’ ambientato nel 1984, Il protagonista, Stefan, è un giovane programmatore che sta progettando un nuovo videogioco, ma quando arriva al colloquio di lavoro con l’azienda gli viene proposto di lavorare da casa o in ufficio. Allo spettatore la scelta.

E da qui in poi, è tutta una serie di scelte che devi fare, telecomando alla mano, accollandoti la responsabilità delle conseguenze.

Alcune possono essere mortali per il protagonista, altre possono essere inutili… come andrà a finire? Senza spoilerare, vi do una notizia: non finisce mai! Il bello del film è proprio questo, a meno che… non troviate la scelta giusta.

Una parafrasi di vita, già presente in “sliding doors”, film ormai “cult” della fine anni ’90.

Bello vero? Direi intrigante e eccitante!

La scelta giusta…

E’ il nodo della questione.

Prendiamo decisioni in continuazione. Se abbiamo sete, decidiamo se bere acqua gassata o naturale, se abbiamo fame, decidiamo per il dolce o il salato. Se dobbiamo andare da qualche parte, decidiamo il percorso…e queste sono le “piccole scelte” quotidiane, e ne facciamo a migliaia durante una giornata.

Sono sempre quelle giuste?

E quando si tratta di decidere per la nostra vita, le nostre relazioni, il nostro lavoro…scegliamo sempre per il meglio?

E allora perché poi diciamo “se avessi saputo…”?

Scegliere è la cosa più difficile da fare.

La nostra mente segue criteri razionali, empatici, emotivi, di comodo, di convenienza, a seconda delle situazioni, del nostro carattere, della nostra educazione.

Quello che è certo è che non è possibile non scegliere, anche se scegli di non scegliere.

In ogni caso, una scelta determina mettere in discussione noi stessi, fare ipotesi sulle conseguenze e, soprattutto, valutare le implicazioni e i coinvolgimenti di chi ci sta vicino.

tre porte con tre punti interrogativi e un robot con gambe braccia e una lampadina come testa

Cosa mi consigli?

E cosa facciamo in questi casi? Chiediamo consiglio. Tradotto: deleghiamo il rischio. Ci togliamo la colpa, la responsabilità. Vero che poi facciamo come ci sembra giusto, ma nella ricerca del consiglio c’è la volontà di cercare o un’attestazione positiva al nostro pensiero, o la necessità di vedere un’alternativa che il nostro cervello non riesce ad elaborare.

Se optiamo per seguire il consiglio, inconsciamente ci sentiamo sollevati poi dalle responsabilità che ne conseguono, poiché, se va male, possiamo sempre imputare la colpa a qualcun altro e sentirci a posto con la nostra coscienza. Mal che vada, ne consegue un rimpianto, ma non una colpa.

Se optiamo invece, di fare di testa nostra, l’esito negativo di una scelta può portare a due riflessioni: la prima, “era destino”, così sbologniamo tutto al fato. La seconda, ci fracassiamo i maroni nel crogiolarci nel nostro fallimento. Poi, nulla toglie che si reagisca e si cerchi di porre rimedio, ma nel frattempo, più o meno tutti siamo obbligati a fare i conti non solo con il da farsi, ma soprattutto con il “grillo parlante” dentro di noi. Ed è bastardo, perché è una vocina che non smette di sussurrare “te l’avevo detto!”.

Fare la scelta giusta, non sempre è la migliore, ma è quella giusta!

La cosa che deve essere sempre ben chiara è che ogni scelta implica una rinuncia. Se si tratta poi di persone, comunque si fa del male a qualcuno. Si può scegliere per il “male minore”, ma inevitabilmente, scegliendo, si corre il rischio di ferire qualcuno, compreso noi stessi.

Rinunciare è solo paura di un cambiamento. Attenzione: non significa che non siamo pronti a cambiare, significa solo che è nell’essere umano avere paura di ciò che non conosciamo. Faccio un esempio: La strada di casa vostra. La conoscete bene, ma se doveste farla al buio, o con gli occhi bendati, l’ansia la farebbe da padrona. E’ l’imprevisto quello che mina le nostre sicurezze. La paura di dover affrontare qualcosa di inaspettato e di non essere all’altezza.

Questa paura ci manda in crisi. Ma…sapete che “crisi” deriva dal greco e significa “scelta” o “cambiamento”? Andare in crisi significa quindi discernere, valutare.

Ecco il fattore di stress.

Una mano stringe una pallina antistress a forma di cervello
Foto da mindful.org

…se…

Cominciamo con tutti i se possibili ed immaginabili. Se sbaglio..se poi non funziona…se poi perdo…se poi mi criticano…se, se, se.

Mio padre diceva:”se mia madre avesse avuto le ruote, sarei nato carretto“. E davanti a tanti se, ho imparato anche io a rispondere così. I dubbi sono più che leciti, fino a quando non diventano un alibi alla nostra debolezza. E’ giusto, sano e maturo, porsi dei dubbi, ma è crescita superare i propri limiti. Il problema è che non sempre abbiamo la consapevolezza di valere e di poter decidere per noi stessi. E allora preferiamo la nostra zona di comfort. Ed è rinuncia.

L’essere umano è abitudinario, metodico, costruisce tutta la sua esistenza e il suo ambiente seguendo una struttura logica e ripetitiva. Scandisce il proprio tempo in maniera metodica, secondo le stagioni. Pensate solo alle ferie estive…

La paura di perdere la zona di comfort, cambiare le nostre abitudini e se aggiungiamo la fatica ed il tempo impiegati per costruire la nostra routine, capiamo perché è difficile dare una possibilità al cambiamento.

una donna a letto con un raggio di sole che la illumina

Il baratro che si presenta sotto i nostri piedi è talmente profondo da non vedere la fine. E’ come stare sull’orlo di un precipizio, guardare di sotto il fiume che scorre e non sentirne il rumore, tanto è profondo e alto il burrone. Ma se solo alzassimo gli occhi e guardassimo la sponda di fronte, ci renderemmo conto che basta allungare la gamba e fare un passo per mettersi il precipizio dietro le spalle ed essere già dall’altra parte.

E’ così che tante situazioni potrebbero terminare, o prendere nuova vita. Casa, lavoro, famiglia…ed è così dolce uscire dalla zona di comfort e ricominciare a lavorare su una nuova.

L’unica cosa che vi serve è motivazione. Una parola composta:

motivo+azione = motivazione

E’ il motivo che spinge all’azione, senza quello, non andreste neanche in bagno! Non vi alzate e dite “ma si…vado a farmi un giro in bagno…” ci andate perché avete un’esigenza, perché c’è un motivo valido.

E allora, cercate il vostro motivo di cambiamento, è la nobile giustificazione alla vostra scelta. E sarà quella giusta.

Certo, ci saranno delle conseguenze, certo state correndo un rischio, piccolo o grande che sia, ma il motivo che vi brucia dentro è ciò che conta e deve essere la benzina che spinge all’azione.

Se acquisiamo davvero la consapevolezza di noi stessi, di quello che valiamo, dei nostri bisogni, delle nostre emozioni, la nostra scelta sarà serena. Se ci liberiamo dal pregiudizio, dalla paura dell’essere criticati, dalla pressione sociale, da tutto ciò che offusca la stima che abbiamo di noi, la nostra scelta sarà compresa. Quando superiamo la paura di non meritare, riusciamo a decidere e impariamo quindi a fare delle scelte.

Scegliere è un’arte che raffiniamo con il tempo, rispettando la nostra storia, la nostra educazione e i nostri valori.

Essere felici è una scelta a cui non abbiamo il diritto di rinunciare, perchè la vita non è un film.

Permettemi una chiosa personale: grazie Ago…tu sai perchè.

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”