Geolier a Sanremo tra dialetto, serata cover e televoto

Il rapper napoletano Geolier è stato sicuramente, nel bene e nel male, co protagonista dell’ultimo Festival di Sanremo. Co (suffisso che piace tanto ad Amadeus), protagonista suo malgrado, a partire della canzone presentata, cantata in dialetto, per proseguire con la vittoria contestata durante la serata cover, e per finire, con la polemica riguardante il televoto nella serata finale.

Polemiche che nei precedenti quattro anni, salvo l’abbandono del palcoscenico da parte di Bugo, non hanno mai toccato i Sanremo targati Amadeus.

In questo articolo cercherò di fare un po’ di chiarezza, punto per punto, sulle varie diatribe venutesi a creare.

Al di là di tutto, al di là dei precedenti, perché ci sono dei precedenti, che vi mostrerò a breve, mi è parso, e lo scrivo con grande perplessità e rammarico, che improvvisamente, una parte degli italiani si sia ritrovata tutto ad un tratto “intollerante” (non voglio usare quell’altra parola, che davvero non mi piace).

Nel terzo millennio, in un’epoca di globalizzazione, con l’intelligenza artificiale che prende sempre più piede, abbiamo assistito a scene, commenti e post sui social davvero sorprendenti. Tanto che viene da pensare che la canzone abbia dato fastidio, non perché in dialetto, ma perché in dialetto napoletano. Imbarazzante.

Ma andiamo con ordine, partendo proprio dalla canzone, cantata in dialetto, che ha suscitato parecchie perplessità, visto che, sempre e comunque, si tratta del “Festival della canzone italiana”.

Ci sono stati dei precedenti, nel corso degli anni

Spunta la luna dal monte

Presentano Andrea Occhipinti e Edwig Fenech, direzione artistica di Adriano Aragozzini. Probabilmente un pei più bei festival della storia, dove, tra l’altro ricompare l’orchestra, dopo anni di playback. L’edizione prevedeva la doppia interpretazione, in questo caso, affidata ai  Moncada.

Pierangelo Bertoli e Tazenda presentano “Spunta la luna dal monte”.

In sos muntonarzos, sos disamparados, Chirchende ricattu, chirchende” è una delle strofe cantate in dialetto sardo dai Tazenda, ricantate in italiano dal cantautore di Sassuolo.

Nessuno scandalo, nessuna polemica, né a Sassuolo né a Cagliari.

Papa Nero

Sanremo 1997, presentato da Mike Bongiorno. Direzione artistica affidata a Carla Vistarini, Pino Donaggio e Giorgio Moroder (niente di meno). L’anno dei Jalisse, per amor di cronaca.

Pitura Freska portano sul palco del teatro Ariston “Papa nero

Un Papa nero che scolta le me canson en venessian”, è uno dei versi cantati in dialetto veneziano, a ritmo di reggae, da Sir Oliver Skardy, il cantante della band.

Tanto ritmo, tanto divertimento, e una canzone che, prima o poi, diventerà profetica.

Yanez

Sanremo 2011, presentato da Gianni Morandi, direzione artistica Gianmarco Mazzi.

Davide van de Sfroos presenta “Yanez”.

Un sèdell e una sciavata e una tuletta de Red Bull”: la musica west coast parte dal lago di Como, e arriva a San Francisco, passando per Città del Messico. Una canzone semplicemente geniale, e che conteneva un chiaro riferimento a una bevanda, cosa non permessa, considerata pubblicità occulta, e che sfuggì a tutti, soprattutto agli organizzatori.

Nessuna polemica, nessuno scandalo. Nessun napoletano si indignò per un testo scritto in dialetto lagheè.

Passame er sale

Claudio Baglioni presenta e dirige artisticamente il Festival 2018, e abolisce le eliminazioni.

Luca Barbarossa canta “Passame er sale”.

“Pe’ ogni fijo amato e cresciuto, n’avemo fatte de notti. Mo’ li vedi annà n’giro ner monno, coi nostri occhi”. La canzone, così come il disco, “Roma è de tutti”, omaggia la musicalità e l’identità romana dell’autore. Una svolta che all’epoca io stesso definii alla Lando Fiorini. Testo interamente scritto in dialetto romanesco.

Anche in questo caso, nessuno scandalo, nessuna polemica. Anzi, Roma caput Mundi.

I p’ me, tu p’ te

Sanremo 2024, presentatore e direttore artistico Amadeus.

Geolier, artista sconosciuto a chi non bazzica il mondo del rap, presenta un brano scritto dal rapper stesso insieme a Paolo Antonacci e Davide Simonetta.  

Ca all’inizij ra storij er gia a fin ra storij p nuij”: un pezzo uptempo, con la cassa abbastanza dritta, che parla di una coppia che si ama troppo, e riesce a capire che è il momento di fare “io per te per me”. Il testo è prevalentemente, ma non integralmente, in dialetto napoletano: scoppia il finimondo.

Si tira in ballo il regolamento (di cui pubblico un parziale screenshot): mi limito a dire che, se la canzone è stata ammessa, qualcuno se ne è preso la responsabilità. Ed è quel qualcuno che, eventualmente ci fossero gli estremi, ne risponderà.

geolier - un estratto del regolamento del festival di sanremo

In ogni caso, a una settimana dal debutto sanremese, I p’ me, tu p’ te (WarnerMusic Italy) di Geolier, scala le classifiche di Spotify, raggiungendo il primo posto nella Top 50 Italia ed entra, unico tra i brani in gara, direttamente nella Top 50 Globale.

Il brano ha rapidamente conquistato il cuore del pubblico, posizionandosi al primo posto anche nella Top 100: Italia (Apple Music)

I numeri parlano chiaro anche su Tik Tok, dove il brano si conferma essere il suono sanremese più utilizzato per le creation.

La vittoria di Geolier nella serata cover

Serata cover

Non parliamo poi della serata cover: altro finimondo. Geolier si presenta con Guè, Luché e Gigi D’alessio, con un medley dal titolo “Strade”. Geolier vince la serata cover, a discapito della favoritissima Angelina Mango, e volano gli stracci.

Il pubblico (pagante?) indispettito si alza dalle poltrone e abbandona il teatro Ariston, durante la riproposizione del medley, e in sala stampa infuriano le critiche.

Critiche documentate da un video pubblicato in rete che fa il giro dei social, dove qualche “collega” esprime il proprio “dissenso”. Video dal quale Zetatielle Magazine si dissocia, ma che, purtroppo, non ha fatto fare una bella figura a tutta la categoria presente a Sanremo. Peccato che, in questo modo si sia fatta, da parte un po’ di tutti, un’erba e un fascio sulla categoria. Per capirci, se chiamate un idraulico e combina un disastro, non significa che tutti gli idraulici sino incompetenti.

Probabilmente chi, tra i colleghi, lo ha votato ora fischia sé stesso”, ho scritto nell’articolo riguardante la serata cover. Ne sono sempre più convinto.

Giurie e televoto

Il Festival di Sanremo, inutile negarlo, è l’unico evento, insieme ai Mondiali di Calcio, che catalizza l’attenzione di buona parte degli italiani. Può piacere o meno, ma fa parte delle nostre tradizione. Tradizione come il televoto.

Sistema da sempre poco chiaro, da sempre contestato, ma quanto mai amato dal pubblico. Lo dimostra il numero esorbitante di chiamate e di click sulla tastiera effettuate durante la serata finale. Tanto da mandare in tilt il sistema, nonostante le rassicurazioni di Amadeus durante la diretta.

E anche in questo caso, impazzano le polemiche, i ricorsi al Codacons, la minaccia di invalidare il risultato finale del Festival.

E’ bene ricordare comunque che, nelle due serate “incriminate”, serata cover e serata finale, il televoto contava per il 34%, da sommare al 33% del voto delle radio e al 33% del voto della ormai “famigerata” sala stampa. Ed è bene ricordare che c’è sempre un notaio che è tenuto a convalidare e a sottoscrivere, sotto la propria responsabilità, l’esito della votazione.

Votazione di cui prendo atto, permettetemi di dire: democraticamente. Se qualcosa cambierà già dal prossimo anno, con un nuovo Direttore Artistico, sarà sicuramente oggetto di analisi e commento.

Perché Sanremo è Sanremo

Bonum Amadeus

Prima di occuparci di Amadeus e del suo buonismo (accontentismo e perdonismo) facciamo ancora un passo indietro, sempre a proposito di polemiche.

Era il 2010, e per la prima volta nella storia del Festival di Sanremo, l’orchestra contestò pubblicamente e a gran voce il televoto, che aveva ribaltato il loro giudizio eliminando Malika Ayane a favore del chiacchieratissimo trio formato da Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici.

Spartiti appallottolati e gettati a terra. Imbarazzo generale, soprattutto della presentatrice Antonella Clerici che fece parecchia fatica a riportare l’ordine. Bei tempi.

Antonella Clerici che presenzia alla quarta serata del Sanremo 2020: Bugo scappa dal palco lasciando Morgan con un palmo di naso. Sarà un caso? (e fa pure rima).

Amadeus, in quella occasione, venne salvato da Fiorello, chiamato sul palco in tutta fretta a sbrogliare la matassa.

Si, perché il buon Ama patisce parecchio i momenti di difficoltà.

Per cinque anni i suoi Festival sono stati all’insegna del “volemose bene”: tutti amici, tutti contenti della classifica, il pubblico osannante. Mai una polemica (Bugo a parte). Deve essere andato a lezioni di buonismo (accontentismo e perdonismo) da chi scrive gli articoli del Torino Fc sulla Gazzetta dello Sport (questa è per i veri tifosi del Toro).

Infatti, ha gestito la contestazione con timidezza e imbarazzo, parecchio sorpreso dai fischi del pubblico.

Fischi a cui il nazionalpololare Pippo Baudo era avvezzo assai. Anzi, ci sguazzava.

Altri tempi, altri Festival (e altra musica).

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Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.