Guerra di Gaza: quale storia insegneremo domani?

Guerra di Gaza: le condizioni in cui versa la popolazione sono ormai ad un punto di non ritorno tra l’emergenza fame e la carestia vera e propria, soprattutto per quel che riguarda i bambini. Editoriale di Tina Rossi.

Le notizie giungono, pesanti e temute, portatrici del dolore più acuto: bambini che perdono la vita mentre la carestia e la malnutrizione dilaniano la Striscia di Gaza. Nei giorni recenti, nell’ospedale di Kamal Adwan nel nord della Striscia di Gaza, si contano almeno dieci giovani vite spezzate a causa della disidratazione e della malnutrizione. È un quadro drammatico, in cui molti altri bambini lottano per la sopravvivenza, mentre gli ospedali rimasti in funzione faticano ad accogliere tutti coloro che hanno bisogno di cure. Queste morti, tanto tragiche quanto evitabili, sono il risultato diretto delle azioni umane, prevedibili ma non fermate.

In sintesi, questo è quanto ha dichiarato Adele Khodr, Direttrice regionale dell’UNICEF per il Medio Oriente e il Nord Africa, facendo un ampio quadro della situazione della guerra di Gaza.

La situazione a Gaza

La mancanza diffusa di cibo nutriente, di acqua sicura e di servizi medici è una conseguenza diretta delle molteplici difficoltà che ostacolano gli sforzi umanitari delle Nazioni Unite. Questa situazione colpisce duramente i bambini e le madri, impedendo loro di garantire un’alimentazione adeguata, specialmente nella parte settentrionale della Striscia di Gaza. Le persone sono ridotte alla fame, all’esaurimento e al trauma. Molti si aggrappano alla speranza di sopravvivenza.

La disparità tra le condizioni nel nord e nel sud è la prova evidente che le restrizioni agli aiuti nella parte settentrionale stanno costando vite umane. Gli esami condotti dall’UNICEF e dal WFP hanno rivelato che quasi il 16% dei bambini sotto i 2 anni nel nord è gravemente malnutrito, mentre nel sud, dove gli aiuti sono stati più disponibili, questa percentuale si attesta al 5%.

Fate passare gli aiuti umanitari!

È cruciale che le agenzie umanitarie come l’UNICEF ottengano accesso immediato e senza ostacoli per invertire questa crisi umanitaria, prevenire la fame e salvare le vite dei bambini. È essenziale aprire più punti di ingresso per consentire il passaggio degli aiuti da ogni possibile valico, incluso quello settentrionale di Gaza. Inoltre, è necessario garantire la sicurezza e la libertà di movimento per la distribuzione su larga scala degli aiuti in tutta la regione, senza impedimenti o ritardi.

L’UNICEF aveva lanciato l’allarme già da ottobre: il numero di vittime a Gaza sarebbe aumentato rapidamente se non fosse stata affrontata la crisi umanitaria. La situazione è peggiorata e, come previsto, stiamo assistendo a un aumento delle morti infantili. Questo scenario drammatico può essere evitato solo se la guerra finisce e gli ostacoli agli aiuti umanitari vengono immediatamente superati.

L’impotenza e la disperazione dei genitori e dei medici nel vedere gli aiuti vitali, a pochi passi di distanza, inaccessibili, è indicibile. Ancora più devastanti sono le grida disperate dei bambini che muoiono lentamente, sotto gli occhi del mondo. Il destino di migliaia di neonati e bambini dipende dall’adozione di misure urgenti.

“La guerra è guerra”… ma non nel 2024

Le immagini che continuano ad arrivare dal fronte della guerra di Gaza rappresentano uno spaccato vergognoso del nostro tempo.

La guerra è la guerra“…vero. Ma nel 2024 e con la storia che grida ancora gli orrori del Novecento non è umanamente accettabile che una guerra produca ancora così tanta disperazione tra i civili.

Cosa stiamo insegnando ai nostri figli? Come può il libro di scuola insegnare amore se il presente non lo conosce?

Come si fa a parlare di Shoah sui banchi di scuola e poi avere un popolo intero ridotto allo stremo, senza acqua, ne cibo, e senza la possibilità di ricevere gli aiuti umanitari?

Ma se ogni 27 gennaio, di ogni anno, continuiamo a riempirci la bocca di parole come Shoah, genocidio, razzismo, sterminio, campi di concentramento, quando si parlerà della guerra di Gaza del nostro tempo, di quali parole si riempiranno le bocche delle generazioni future?

Come è possibile che ad oggi i cuori siano ancora così pieni di livore, di rancori, cechi da non vedere o avere pietà di quei corpi di pochi anni, di pochi mesi, vittime di un assedio così lungo e devastante?

Qui oramai non si tratta di essere pro o contro l’una delle due parti. Non si tratta di avere un’opinione politica o religiosa, ma si tratta di prendere una posizione umanitaria, che ci distingua dalla storia, nella storia e per la storia.

Non possiamo lasciare pagine di vergogna ai nostri posteri, così come quelle che ci hanno lasciato le generazioni dei secoli scorsi.

Guerra di Gaza, un gruppo di donne e bambini sono seduti in cerchio. Le donne indossano il burka , i bamibni tengono in mano dei cartelli con scritte in arabo
Guerra di Gaza – foto di hosnysalah

Perchè studiamo la storia?

Quando gli studenti mi chiedevano:”ma perchè dobbiamo studiare storia, qualcosa che è successo tanti anni fa?“, convinta, ho sempre risposto:”perchè è dagli errori del passato che costruiamo il nostro presente e il nostro futuro“.

E allora la domanda oggi è questa: cosa ci ha insegnato la storia?

Anzichè evolverci ed elevarci, andiamo verso un’involuzione dell’intelligenza umana, umanitaria ed emotiva, per paradosso, in un’era di intelligenza artificiale.

Le associazioni hanno messo in atto una campagna di sensibilizzazione che si allarga anche ai nuovi canali di comunicazione. Appelli che non possono cadere nell’indifferenza.

Emergenza fame

Il rapporto della Food and Agricoltute Organisation of the United Nations (FAO) dice che tra l’8 dicembre e il 7 febbraio, l’intera popolazione nella Striscia di Gaza (circa 2,2 milioni di persone) è classificata nella Fase 3 o superiore del IPC (Crisi o peggio). Questo è la più alta percentuale di persone che affrontano livelli elevati di insicurezza alimentare acuta mai classificate dall’iniziativa IPC per un’area o un paese specifico. Tra questi, circa il 50% della popolazione (1,17 milioni di persone) è in Emergenza (Fase 4 del IPC) e almeno una famiglia su quattro (più di mezzo milione di persone) sta affrontando condizioni catastrofiche (Fase 5 del IPC, Catastrofe).

Queste condizioni sono caratterizzate da famiglie che sperimentano una grave mancanza di cibo, fame e l’esaurimento delle capacità di coping. Anche se i livelli di malnutrizione acuta e la mortalità non legata ai traumi potrebbero non aver ancora superato le soglie della carestia, questi sono tipicamente gli esiti di lacune prolungate ed estreme nel consumo alimentare. La maggiore vulnerabilità nutrizionale dei bambini, delle donne in gravidanza e in allattamento e degli anziani è una fonte particolare di preoccupazione.

Sempre secondo quando afferma la FAO, le ostilità, tra cui bombardamenti, operazioni terrestri e l’assedio dell’intera popolazione hanno causato livelli catastrofici di insicurezza alimentare acuta in tutta la Striscia di Gaza, generando un’impressionante emergenza fame. Circa l’85% della popolazione (1,9 milioni di persone) è sfollata, con molte persone che si sono trasferite più volte, attualmente concentrate in un’area geografica sempre più piccola.

Una bambina in mezzo alle macerie della guerra ha la mano dentro una busta probabilmente di qualcosa da mangiare.
Guerra di Gaza – foto di hosnysalah

Rischio carestia

Nessun rancore, nessun contrasto e nessuna guerra giustifica una tale situazione tra i civili, meno che mai oggi, con il bagaglio di esperienza che l’essere umano ha nella sua storia. Non importa di che popolo, etnia o contesto sociale si stia parlando, proprio perchè la Shoah è ancora oggi un a cicatrice mai riemarginata.

Sempre secondo la FAO, l’emergenza fame è reale ed esiste un rischio di carestia e questo rischio aumenta ogni giorno che la situazione attuale di intense ostilità e di accesso umanitario limitato persiste o peggiora. L’intensificarsi delle ostilità, la riduzione ulteriore dell’accesso al cibo, ai servizi di base e all’assistenza vitale, e la concentrazione estrema o l’isolamento delle persone in rifugi inadeguati o aree senza servizi di base sono fattori principali che contribuiscono ad aumentare questo rischio.

L’appello dell’Unicef

Le scene dei paracaduti che arrivano sulle spiagge, con gli aiuti umanitari, quelli che non si aprono e diventano bombe che fanno altre vittime, sono scene raccapriccianti.

Solo a Rafah, sostiene l’Unicef Italia, ci sono 600.000 bambini, terrorizzati da ciò che li aspetta. Dallo sfollamento, alla minaccia di bombardamenti, alla fame e alle malattie, molti stanno soffrendo l’inimmaginabile e ora sono intrappolati in uno spazio sovraffollato con la morte sempre più vicina.

Non c’è un posto sicuro in cui andare per i bambini a Rafah, ma c’è una via d’uscita dall’incubo: fermare la guerra di Gaza. Rilasciare gli ostaggi. Porre fine all’uccisione dei bambini.

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”