Harleysta si nasce o si diventa?

Harley-Davidson: un vero mito americano

Harleysta si nasce o si diventa? Chi non ha mai sognato di montare in sella ad una scintillante Harley-Davidson? Un sogno per molti, ma non per tutti.

Burn

Personalmente sono diventato harleysta dopo una lunga militanza nelle file dei motociclisti da strada. E anche perché, questo va detto, fino ad un certo punto della mia vita, non ho potuto permettermi un gioiello della casa di Milwaukee. Sono care, si, lo sono.

Ma la vita, mi ha permesso di coronare il sogno, magari un tantino in ritardo sulla tabella di marcia, ma me lo ha permesso.

Quindi, mollate per sempre le tute super ammortizzate, mollato il casco integrale, è arrivato anche per me, qualche anno fa, il momento di montare il cavallo motore made in USA per eccellenza.

harleysta - la leva del freno e il logo harley davidson sul serbatoio

Highway star

Ducatisti, goldwingers, smanettoni, fuoristradisti: il mondo delle due ruote è pieno di “etichette” e di modi diversi di intendere le due ruote. Importante è che siano due, questo è certo.

L’harleysta è diverso da tutti: viaggia tranquillo, rilassato, mai troppo veloce, spesso e volentieri in compagnia, senza forzare. E’ vero, magari si arriva una mezz’ora dopo uno stradista puro, ma quando scendi dall’Harley, la prima cosa che pensi è: “…cazzo ma il viaggio è già finito…???…La prossima volta faccio una strada più lunga…”.

L’autostrada, o meglio la statale a lunga percorrenza, è il terreno ideale. Viaggiare in tutta serenità godendosi il panorama, il vento in faccia, con il rombo del bicilindrico a farti compagnia. Trecento chili di acciaio cromato vanno trattati con il giusto rispetto. Vi assicuro che osservare il cielo riflesso sul fanale anteriore è poesia in movimento.

Fireball

Guidare una Harley-Davidson è qualcosa di speciale, di unico, di diverso.

Guardare una Harley-Davidson è quasi un dovere.

Al semaforo, lo sguardo dell’harleysta è il tipico “…io so io e voi nun siete un cazzo…”, e se affianco c’è un altro tipo di moto, quel conducente ti guarderà con rispetto ed invidia, e tu ricambierai squadrandolo dall’alto in basso, con aria di sufficienza. Se poi ti si affianca una custom-jap, non ti giri neanche. Non merita la tua attenzione.

E’ lo stesso effetto che fa una cabrio, o “convertible”, per dirlo all’americana: la guardi a prescindere, sia con la capote chiusa, che aperta.

Perfect Strangers

L’harleysta lo riconosci subito, dappertutto.

Canotta aderente a rimarcare la panza ormai fuori controllo, gilet rigorosamente di pelle nera, ed altrettanto rigorosamente strapieno di pins e gadget, jeans tatticamente stracciati, anfibi loggati e, il più delle volte, barba hipster curata pelo per pelo. L’età non conta, anche se la fascia è parecchio alta e la carta d’identità spesso piange. Forse perché i prezzi sono alti, molto alti, anche sui modelli “d’ingresso”, e quelli sotto gli “anta”, non proprio tutti se la possono permettere. Salvo che il paparino non sganci la pila, ma questo è un altro discorso, e anche in questo caso, non proprio per tutti.

Ma l’harleysta lo riconosci anche d’inverno, quando l’abbigliamento d’ordinanza è chiuso nell’armadio, e la bestia è in garage, ben coperta e riparata. Sì, quando fa freddo o nevica, lo fa anche per noi harleysti.

C’è sempre un qualcosa, un particolare, che distingue l’harleysta “in incognito”: un anello, un bracciale, una catenina, un orologio, un orecchino, tutto rigorosamente brandizzato, che ti fa capire con chi hai a che fare. Non parliamo poi dei tatuaggi: bisognerebbe scrivere un saggio.

Love conquers all

Professionisti, avvocati, commercialisti, direttori di banca: l’harleysta è spesso una persona insospettabile. Tirato, fighetto, elegante durante la settimana, ma che non vede l’ora che arrivi il weekend, per mettere canotta e gilet, tattoo ben in vista, salire in sella e partire.

Ai raduni trovi il meglio del meglio.

Anche le donne, sì, perché una Harley Davidson è anche donna. Vale lo stesso discorso fatto per gli uomini: abbigliamento, gadgets, tatuaggi, eccetera. Con l’aggiunta di quell’aggettivo “sexy” che nel caso del gentil sesso, acquista un significato tutto particolare, tutto da scoprire e, perché no, da gustare.

Credit Photo:  https://www.motorbiketireshop.com/

Harley Davidson & Marlboro Man

Si vabbè, abbiamo scherzato e preso un po’ in giro i luoghi comuni sugli harleysti.

Che nessuno si senta offeso, per carità.

Però, se un solo film, nella storia del cinema, porta come titolo la marca di Milwaukee, e le sigarette più famose al mondo, ci sarà pure un motivo.

Sì, lo so, il fumo fa male, provoca questo e quello, e non voglio fare propaganda proibita. Tranquilli.

Ma volete mettere la libidine di fermarsi in una qualunque cittadina, togliere il casco, accendere una sigaretta (rigorosamente con lo zippo), e guardarsi attorno, sicuri di essere guardati?

Provare per credere: vi sentirete tutti Mickey Rourke o Don Johnson, o forse dei piccoli (e tamarri), Lorenzo Lamas.

A proposito di questo, la foto di copertina, di Tina Rossi Ph, forse è un tantino autocelebrativa…ma avevo voglia di prendermi un po’ in giro.

Ultima nota a latere: per rendere meglio l’idea, ho inserito nel testo dell’articolo, i titoli di alcune canzoni dei Deep Purple. Ascoltatele mentre state leggendo: saranno una perfetta colonna sonora.

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.