Il cavolo, coltivato da oltre 4000 anni
Il cavolo è una pianta spontanea originaria dell’Europa settentrionale e centrale eppure noi lo conosciamo soprattutto come verdura, perché coltivato da oltre 4000 anni. Al tempo dei romani, era considerato la panacea con cui guarire ogni malattia e per sei secoli fu utilizzato come depurativo e purgante. I soldati del formidabile esercito romano curavano le ferite che si procuravano in battaglia proprio con cataplasmi di foglie di cavolo. E non era considerato solo un rimedio popolare, perché del cavolo si occuparono diffusamente Ippocrate, Crisippo, Galeno, Plinio e Catone.
Quest’ultimo odiava tutto ciò che derivava dal mondo ellenico: a maggior ragione avrebbe dovuto rifiutare il cavolo, in quanto pianta sacra presso i greci. Al contrario, ne tesseva lodi infinite, tanto da scrivere nel trattato De re rustica: «Perché mai complicarsi la vita, se c’è il cavolo per mantenersi sani?» Consigliava di mangiarlo in insalata per vincere l’insonnia e di cuocerlo nel vino, per applicarlo sulle orecchie di un sordo. Ma lo riteneva anche il rimedio ideale per le ulcere, le piaghe, gli ascessi, le malattie degli occhi, le lussazioni e persino per ricomporre le fratture!
Nel Medioevo e in Età Moderna
Anche nelle epoche successive, al cavolo vennero attribuite proprietà straordinarie. Nel Medioevo gli fu assegnato il soprannome di “medico dei poveri”, perché non si faceva pagare per guarire un malato indigente. Nel 1557, l’olandese Rembert Dodoens, medico personale degli imperatori Massimiliano II e Rodolfo, nella Storia delle Piante stilò un elenco di malanni curati dal cavolo. Tra gli altri, indicò la stitichezza, le ulcere, le piaghe e la tosse ostinata.
Nel 1568, il senese Andrea Mattioli scrisse che il brodo di cavolo avrebbe aumentato la montata lattea delle puerpere. E il frate benedettino Nicolas Alexandre (1654-1728) sostenne che il cavolo bollito per pochi minuti era lassativo, mentre una più lunga cottura lo rendeva astringente. In ogni caso, secondo lui, i semi avrebbero debellato vermi e altri parassiti intestinali.
Nel 1782, Chonnel nel suo Abrégé de plantes usuelles, raccomandava il brodo di cavolo mescolato a miele per tutte le affezioni polmonari, per i reumatismi e per la gotta. Nel 1787, Gilibert fu il primo nelle Démonstrations élémentaires de botanique a prescrivere agli equipaggi delle navi il frequente consumo di cavolo. Questa abitudine alimentare avrebbe, infatti, preservato i marinai dallo scorbuto, soprattutto durante le traversate transoceaniche.
Il cavolo in Irlanda: tradizioni e credenze
In molte contee irlandesi, il cavolo dev’essere la prima verdura seminata nell’orto di due giovani sposi. Ciò aiuterà la perfetta riuscita del loro matrimonio e renderà fortunata la vita insieme. In altre contee, affinché i cavoli crescano in fretta, vengono piantati dai contadini solo nella notte di un venerdì di luna nuova. E se per caso, nonostante questo accorgimento, il cavolo tarda a formare la sua testa, il contadino è autorizzato a minacciarlo. Può farlo, tuttavia, solo nottetempo, rigorosamente in camicia da notte e brandendo una falce sopra la pianta.
Infine, in Ulster (ma anche nella vicina Scozia) il cavolo entra nei riti della vigilia di Ognissanti, che in lingua irlandese è chiamata Oíche Shamhna. Le ragazze in età da marito, nella notte che precede Oíche Shamhna, scendono nell’orto e a occhi chiusi colgono un cavolo a caso. Nel farlo, recitano i versi:
Hally on a cabbage, and hally on a bean, Hally on a cabbage-stalk, tomorrow’s Halloew’en!
Il giorno successivo, leveranno via tutte le foglie sino a rimanere con il solo torso del cavolo. A seconda della sua forma, scopriranno se il loro futuro sposo sarà alto o basso, magro o grasso. Infine, in Irlanda, il cavolo è un importante ingrediente in molte ricette di cucina. Uno dei piatti più noti e caratteristici a base di cavolo è sicuramente il colcannon.
Carta d’identità botanica del cavolo
Il cavolo appartiene alla famiglia delle Crucifere ed è stato catalogato, nella sua forma selvatica, come Brassica oleracea L. Da esso, che cresce spontaneo, derivano tutte le varietà coltivate: verza, cavolfiore, cavolo rosso, cavolini di Bruxelles, etc. Presenta robusti fusti, alti sino a 30 centimetri, con foglie coriacee di colore verde-azzurro. Le infiorescenze sono allungate e sono composte da fiori piuttosto grandi, dalla tinta giallo zolfo. Sbocciano tra maggio e settembre.
Principi attivi e impiego fitoterapico
Per il cavolo, la droga medicinale è costituita dal succo fresco della pianta. Può quindi essere bevuto come centrifugato o assunto mangiandone le foglie in insalata, meglio se crude. Contiene diversi principi attivi: albumina vegetale (0,29%), il fermento mirosina, mucillagini, resina, glucosidi, ferro, manganese, potassio, sodio, zolfo, fosfati di calcio e magnesio, vitamine A, B1, B2 e C. Essi donano al cavolo proprietà rimineralizzanti, vitaminiche, antiscorbutiche, depurative, diuretiche, vermifughe, espettoranti e astringenti. In uso interno, giova dunque a chi soffre di affaticamento generale, anemia, acne, laringite, tosse, bronchite, raffreddore, colite, problemi digestivi, gastrite, dermatiti, diarrea, artrite e gotta.
In uso esterno, i cataplasmi delle foglie, opportunamente applicati, alleviano dolori mestruali, emorroidi, sinusite, vene varicose, dolori reumatici, nevralgie, piaghe, geloni, emicrania e ascessi. Per foruncoli, eczemi, impetigine e dermatiti è consigliata la lozione con il succo fresco, che è pure una sorta di collirio per i disturbi agli occhi. E il succo spalmato sul viso diventa anche una splendida maschera di bellezza. Si tiene in posa per circa mezz’ora, per eliminare le impurità e per rivitalizzare l’epidermide.
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