Il ginepro, che nascose sotto i suoi rami Gesù in fuga

Il ginepro e la fuga in Egitto della Sacra Famiglia

Il ginepro, secondo un’antica tradizione, salvò Gesù da un drappello di soldati. Ciò avvenne durante la fuga in Egitto della Sacra Famiglia, per sottrarre il Bambino al re Erode. Costui, che vedeva nel Messia un rivale politico, aveva decretato che fossero uccisi tutti i maschi nati a Betlemme, di età inferiore ai due anni. Così, avvertiti da un angelo, Maria e Giuseppe avevano deciso di condurre Gesù in Egitto, in cerca di un asilo sicuro. Ma a Tal El-Bastra ecco comparire molti soldati a cavallo. Maria, allora, nascose suo Figlio sotto il cespuglio più vicino, i cui rami si erano intrecciati e infittiti per proteggerlo.

I soldati erano passati oltre, senza accorgersi del Bambino occultato da quella che era una pianta di ginepro. Da allora, il ginepro fu considerato un arbusto benedetto. E le piante della zona di Tal El-Bastra, in Egitto, sono ritenute le discendenti dirette del ginepro di Gesù.

il ginepro folto cespuglio verde

Antica e preziosa medicina

Proprio presso gli antichi egizi, il ginepro cominciò a essere usato come rimedio terapeutico: se ne ricavava una lozione per guarire gli occhi malati. Presso i greci e i romani, fu studiato come diuretico e consigliato, ad esempio, da Catone e da Plinio. Dioscoride, che fu il medico di Nerone, gli attribuì molteplici virtù, per curare tosse, disturbi di stomaco, asma e, addirittura, morsi di serpenti.

Tuttavia, gli imperatori, come pure i più grandi generali romani, erano soliti tenere un cespuglio di ginepro nel loro giardino non per motivi prettamente medicinali. Se fosse seccato, infatti, sarebbe stato un segno davvero funesto e avrebbe preannunciato una morte violenta o un assassinio. Per questo motivo i giardinieri dedicavano alla cura del ginepro un’attenzione quasi maniacale, per non causare indirettamente la morte dei loro signori.

una pianta di ginepro che cresce su una sporgenza rocciosa

Usi e credenze irlandesi

L’impiego del ginepro per affumicare carne e pesce fu introdotto in Irlanda dai vichinghi. I fasci di rami bruciati disinfettavano gli ambienti, in tempo di epidemia. Dalla corteccia, messa a macerare in acqua, si ricavano fibre adatte a creare corde. Invece, con i rametti più flessibili, s’intrecciavano cesti resistenti, dalla caratteristica sfumatura rossastra. Le bacche, inoltre, fornivano un colorante per tingere di marrone i tessuti.

Nell’Isola di Smeraldo, tuttavia, il ginepro, chiamato in gaelico aiteal, è sempre stato la pianta benedetta della tradizione cristiana. Per secoli, è stato posto accanto alla porta di casa, per sbarrare il passo al male. Una leggenda narra che faccia impazzire le streghe. Esse non riescono a entrare, per nuocere a una famiglia, se c’è un cespuglio di ginepro accanto all’ingresso. Sono costrette come da un sortilegio a contarne una per una tutte le numerosissime foglie e ammattiscono prima di finire, scappando via in brughiere deserte.

primo piano di bacche di ginepro essiccate su un tavolo

Breve descrizione di una delle conifere più diffuse al mondo

Il ginepro cresce ovunque, in Europa, in Asia, in Africa, in America, distribuito in molte e diverse specie, tutte appartenenti alla famiglia botanica delle Cupressacee. Tra queste, assai comune, anche nel nome latino, è appunto il Juniperus communis L.

È un arbusto ma può arrivare a essere un piccolo albero di circa sei metri. Predilige come habitat i boschi soleggiati di conifere, sino ad alta quota. La corteccia ha il tipico colore rossastro, scuro, e tende a spaccarsi in strisce longitudinali. Le foglie sono aciculari, ossia simili ad aghi dal colore verde bluastro, lunghe sino a 2 centimetri. Sono riunite in verticilli di tre aghi ciascuno. I fiori si dividono in maschili (gialli) e femminili (verdi), portati da individui distinti e non sulla stessa pianta. I frutti sferici, detti galbuli, dal diametro inferiore al centimetro, ci mettono due anni a maturare e ad assumere la tinta blu scuro. Si raccolgono tra ottobre e novembre.

aghi e piccole infiorescenze trasparenti

Studi clinici e impiego fitoterapico

Santa Ildegarda, nel XII secolo, utilizzò il ginepro per la cura delle infezioni polmonari con catarro. Questa proprietà fu ribadita in successivi studi clinici, da Chomel nel 1782, da Cazin nel 1850 e da Madaus nel 1938. Sempre Cazin ne sperimentò sui suoi pazienti l’efficacia come tonico, per recuperare le forze e per prevenire stati febbrili, e come antireumatico. Nel 1806 Demangeon ne studiò l’azione diuretica, con eccellenti risultati che confermavano le intuizioni dei medici antichi. Già Mattioli, ad esempio, nel 1566 lo consigliava contro la gotta.

primo piano di bacche di ginepro con piccoli aghi intorno sui rami

La droga medicinale è rappresentata dalle bacche, che contengono un ricco olio essenziale in cui sono presenti canfene, borneolo, pinene, terpineolo e canfora. Altri principi attivi sono la juniperina, glicosidi flavonici, sali di calcio e potassio, zuccheri invertiti, tannini e resine. La tisana si prepara mettendo due cucchiai rasi di galbuli in mezzo litro d’acqua fredda. Si fa bollire per un minuto, si spegne, si lascia in infusione per un quarto d’ora, si filtra e si dolcifica. Si può bere lungo la giornata come se fosse un tè, persino dopo i pasti perché il ginepro è digestivo. La sua utilità è molto ampia, come carminativo, tonico, espettorante, diuretico, antireumatico e antisettico (specialmente delle vie urinarie). Giova, dunque, a chi soffre di artrite, gotta, reumatismi, cistiti, infezioni genitali, colibacillosi, affezioni alle vie aeree e fermentazioni intestinali. Lavaggi e impacchi esterni leniscono eczemi, dermatosi, acne, piaghe, ascessi e piccole ulcere.

Ci sono tuttavia due importanti controindicazioni da segnalare: il ginepro non deve essere assunto quando è stata riscontrata una pregressa infiammazione ai reni. È poi sconsigliato alle donne gravide perché, agendo come tonico uterino, potrebbe avere un effetto abortivo.

piccoli boccettini di vetro con all'interno bacche

Impieghi insospettati di una spezia da cucina

Naturalmente il ginepro è assai salutare pure come spezia da cucina, per aromatizzare zuppe, salse, crauti, salumi, arrosti e selvaggina. Le bacche, se mangiate, hanno un sapore sgradevole: soltanto i merli ne sono ghiotti! Tuttavia, opportunamente candite, diventavano in Francia i cosiddetti “confetti di Saint-Roch”, considerati digestivi. Se n’è sempre fatto un largo uso nella preparazione di vini, ratafià e liquori, come il britannico gin. Ancora in Francia, dalla fermentazione di ginepro e mele in parti uguali, si ottiene la genevrette, che è una sorta di birra di ginepro. I giovani germogli essiccati rappresentano un piacevole succedaneo del tè.

Anche il legno è assai apprezzato, per intagliare bastoni e manici: è piuttosto duro e aromatico, di grana fine e adatto a essere levigato. In passato, se ne ricavano secchi in cui conservare l’acqua, per le proprietà antisettiche che limitavano la proliferazione batterica. E in Lorena si facevano bollire i rami, per poi lavare con questo decotto le botti in cui versare il vino nuovo, dopo ogni vendemmia.

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Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.