“Jesus Christ Superstar” live in Jerusalem

What’s the buzz?

“Jesus Christ Superstar” è entrato nella mia vita nel 1975, due anni dopo l’uscita sul grande schermo.

All’epoca frequentavo la prima liceo scientifico, in un istituto religioso, e la “profia” di inglese, per tenere a freno una classe troppo turbolenta per i canoni del collegio…”Cos’è questo brusìo?”…decise di rendere più interessanti le lezioni. In che modo? Facendoci ascoltare la colonna sonora del film, per poi tradurne i testi.

Scelta azzeccata: più nessuno “banfava” in classe, bei voti in inglese, almeno per quanto mi riguarda; e, di conseguenza, una serie di canzoni che mi sono rimaste dentro. Per sempre.

Inutile dire che il film l’ho visto una serie infinita di volte, e che i testi delle canzoni li so tutti a memoria. Conservo gelosamente, ancor di più da quando l’ho fatto autografare da Ted Neeley (dopo una rappresentazione del musical a Torino), il vinile della colonna sonora. Come una reliquia è tenuta la VHS del film, a fianco del DVD, e da qualche tempo, è impresso nella memoria del mio SkyQ il file del film.

Progressi della tecnologia, ma anche il mio personale riconoscimento alla rock-opera per eccellenza: “Jesus Christ Superstar”.

Jesus Christ Superstar: in primo piano la copertina originale del disco in vinile

Overture

Potrete quindi capire che cosa abbia rappresentato, per me, il viaggio in Terra Santa, oltre all’aspetto strettamente spirituale e turistico. Poter vedere di persona alcuni luoghi dove Norman Jewison ha ambientato le scene della pellicola, ed ascoltarci sopra la colonna sonora: una cosa che solo un malato di musica come me poteva pensare, ma tant’è. Così è stato.

Vi assicuro che ne è valsa la pena, e che la mia curiosità è stata ampiamente ripagata. Cercherò quindi di raccontarvi questa maniera “alternativa” di visitare la Terra Santa, utilizzando i titoli di alcune canzoni, non strettamente in ordine cronologico.

un uomo girato di spalle che guarda dalla collina del getsemani la città di gerusalemme

Heaven On Their Minds

Guardando fuori dal finestrino del bus granturismo il così detto Deserto di Giuda, diretti a Betlemme, non si può fare a meno di pensare a questa canzone. Colline brulle e terra arida, una serie di altipiani da dove sembra quasi di veder uscire dal nulla la figura vestita di rosso.

E’ la prima canzone del film, dove Giuda (Carl Anderson) riflettendo per conto suo, teme la piega che stanno prendendo gli eventi. Lo preoccupa la popolarità di Gesù che, ormai considerato come un messia, sta perdendo di vista l’obiettivo primario: portare e predicare pace e speranza ad un popolo oppresso.

A detta di Giuda c’è “troppo paradiso nelle menti”, e quindi cerca di mettere in guardia il suo maestro, da disastri futuri. Un grido di dolore, quello di Giuda, ma anche una disperata dichiarazione d’amore e di rispetto verso il Maestro. Quasi una lotta tra il bene e il male, dove l’uno e l’altro non hanno i contorni poi così ben delineati.

il deserto di giuda

Damned For All Time

Vi posso garantire che è stato un vero colpo al cuore, vedere in lontananza, sempre dal bus, le rovine di un vecchio palazzo, nei pressi del deserto del Negev. Le impalcature non ci sono più, ma sembra quasi di vedere Giuda arrampicarsi sopra per parlare con i Sommi Sacerdoti.

Sommi sacerdoti che lo convinceranno, con quello che nel film è chiamato “blood money”, a tradire Gesù ed a farlo arrestare. Trenta denari per la vita di un uomo, che Hannah e Caifa, considerano un giusto prezzo, una giusta somma, da usare magari per beneficenza, vista l’indole comunque altruista di Giuda. Il quale accetta, convinto di fare la cosa giusta, di salvare così la vita di Gesù (Jesus), da una morte sicura. Non sarà così, e Giuda, considerato per sempre un traditore, nonostante i suoi buoni propositi, nonostante l’amore per il Maestro, deciderà di togliersi la vita.

Siamo scesi a terra, e guardandomi attorno, mi è quasi sembrato di vedere sfrecciare in cielo i jet dell’aeronautica militare israeliana. Impressionante.

il deserto dove jesus venne tentato, con un pannello pubblicitario sulla sinistra e sullo sfondo una città

The Temple/ My poor Jerusalem

Gerusalemme è una città magica, di giorno e soprattutto di notte. La città antica poi, quella rinchiusa dentro le mura è laboriosa e febbrile, forse troppo.

Profumi e rumori. Etnie e lingue diverse.

Ci si trova immersi in mezzo a una corrente umana che scorre pigramente, fra turisti, mercanti e pellegrini. Non c’è bisogno di molta fantasia per immaginare Gesù (Jesus), che entra quasi di corsa e, rendendosi conto del degrado in cui è caduta la città, inveisce contro i presenti e li caccia in modo quasi violento.

Una scena quasi premonitrice, per una città, la più antica al mondo, che vive uno stato di pace, purtroppo del tutto apparente. Magica, si, lo ripeto, dove la presenza divina è palpabile in ogni angolo, in ogni vicolo, in ogni piazza, ma che l’uomo fa di tutto per rovinare.

Una veduta della città di Gerusalemme

Gethsemane

Il momento più toccante del film e del musical, dove Jesus (Ted Neeley), prega da solo nell’orto degli ulivi e dà sfogo ai suoi dubbi, interrogando Dio sul senso della sua morte imminente, che il suo lato umano rifiuta.

Un Gesù semplicemente uomo, molto lontano dall’icona divina, quello che urla al cielo i propri dubbi, le proprie paure. Un uomo terrorizzato dalla morte, che si interroga sul proprio amaro destino. Alla fine decide di abbracciare il disegno divino, accettando, suo malgrado, ciò che lo aspetta.

Adesso il giardino con gli ulivi secolari è cintato, e la pietra dove Gesù si raccolse in preghiera, è quasi blindata all’interno di una chiesa, ma l’effetto è palpabile.

Migliaia di pellegrini ogni giorno rendono omaggio a questo luogo: un momento di riflessione e di raccoglimento, indipendentemente dalla fede professata, dal quale si esce completamente diversi.

il giardino del getsemani con gli ulivi dove jesus pregava

Superstar

L’anfiteatro dove il regista girò la scena del leit motive, purtroppo non l’ho trovato. Può darsi sia stato ricostruito lontano da Israele, in un teatro di posa. Il mitico brano, con vaghi accenni alla resurrezione, dove spirito di Giuda scende dal cielo vestito di bianco, e parla col Maestro.

Le due morti di Gesù e di Giuda si ricongiungono in questo brano: non muoiono insieme, perchè rappresentano due mondi diversi, originariamente agli antipodi. Ma alla fine, crocifissione e suicidio, salvezza e perdizione, gloria e abiezione sembrano riconciliarsi. Una sorta di “solidarietà” nel destino del traditore e in quello del Salvatore. Punti di vista, naturalmente, ma anche una riflessione sul senso della fede, sul bene e sul male.

Come dicevo l’anfiteatro non l’ho trovato, ma mi sono immaginato Feisal Bonciani (il Judas dell’ultimo allestimento teatrale), mentre interpreta la soundtrack sulla scalinata che permette l’accesso alla Porta di Damasco, costruita proprio ad anfiteatro.

La scalinata che porta alla porta di Damasco, scatto notturno

Hosanna

Il film, alla sua uscita sugli schermi italiani, venne considerato blasfemo da una parte dell’opinione pubblica italiana, visto l’accostamento dei Vangeli con la cultura hippie, molto in voga all’epoca. La storia, cioè, di un gruppo di ragazzi, di raccontare gli ultimi sette giorni di vita di Gesù, dal suo primo arrivo a Gerusalemme fino alla crocifissione, nel mezzo del deserto.

Non vorrei che anche questo articolo fosse considerato blasfemo, vi assicuro che non è stata mia intenzione. Ho semplicemente cercato di riportare alla memoria alcuni ricordi di gioventù, legati a quello che considero il mio primo vero approccio con la musica pop-rock.

Un gioco, ecco, mettiamola così: descrivere attraverso le canzoni di Tim Rice e Andrew Lloyd Webber, un meraviglioso viaggio in Terra Santa.

Viaggio (organizzato da GeaWay Tour Operator), che ha visto protagonista una superstar di casa nostra, Gatto Panceri, impegnato nel Concerto della Pace, come già vi abbiamo raccontato.

Concerto che rimarrà per sempre nel mio cuore e nella mia memoria, insieme alla colonna sonora di “Jesus Christ Superstar”.

Gatto Panceri con la chitarra in mano canta al microfono, di fianco a lui francesco buonaugrio con gli occhi chiusi suona la chitaarra e di fianco a lui nicola petruccelli suona il flauto di traverso
Gatto Panceri, Francesco Buonaugurio e Nicola Petruccelli
Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.