La pratolina, insieme con la violetta, la pervinca, l’erba roberta, la pulsatilla e il narciso, per rappresentare aprile
La pratolina, con la sua corolla di luce tra lo splendore del bianco e del giallo, era l’emblema del tempo di Pasqua, nell’almanacco medioevale. Al punto che in lingua francese cominciò a essere chiamata pâquerette, che potremmo tradurre con pasquaretta o meglio pasqualina. Agli uomini di quel tempo era anche gradito notare come ciascuna ligula candida del capolino portasse spesso in punta una macchiolina rossa. Simboleggiava il ricordo della Passione di Gesù, mentre si celebrava la Risurrezione che aveva donato a ogni uomo la salvezza e la vita eterna. Per questo motivo, la pratolina veniva spesso disegnata dai monaci nelle miniature dei codici.


Era pure realizzata a sbalzo come decorazione sugli scudi dei cavalieri. Se era singola, significava che quel guerriero non aveva ancora ricevuto il permesso di corteggiare la dama di cui si era invaghito. Una doppia margherita era invece metafora dell’amore ricambiato, mentre tre garantivano addirittura l’amore eterno.
Le foglie di pratolina si mangiavano in insalata e i boccioli si conservavano sott’aceto. I fiori macerati in olio d’oliva si applicavano come lenitivo su lividi e contusioni. Riguardo alle altre piante che nel Medioevo comparivano nell’almanacco di aprile, della violetta e del narciso vi parleremo nelle prossime settimane. Invece vi abbiamo già proposto in precedenti articoli la pulsatilla, la pervinca e l’erba roberta.
Vogliamo soltanto aggiungere che la pervinca, allora, era soprannominata “violetta dei maghi”, perché era l’ingrediente più ricercato per preparare filtri d’amore. E, con le foglie stropicciate dell’erba roberta, appendendole in casa ci si difendeva dalle zanzare e dagli insetti in genere.
Il fiore preferito dei poeti britannici
Sempre nel Medioevo, la pratolina ottenne il favore del poeta Geoffrey Chaucer (1343 – 1400), che viene considerato il capostipite di tutti gli scrittori britannici. Ci ha lasciato scritto che, in primavera, si alzava all’alba per contemplare dalla finestra questi ridenti fiori. Perché i capolini si spalancano al mattino, soltanto nei giorni di sole, e si richiudono la sera, senza più brillare. Attribuiva loro il potere di mitigare ogni pena del cuore.
Molti secoli dopo, nell’Ottocento, fu invece Percy Shelley a innamorarsi delle margheritine. Le considerava stelle che erano state imprigionate sulla terra: “stelle terrene di perla, fiorite costellazioni senza tramonto”.


La misura dell’amore, in Irlanda
Ancora oggi, nel linguaggio dei fiori, la pratolina indica l’amore ricambiato. Sì, ma è un amore che viene esposto al vaticinio dei petali, anzi delle ligule bianche sfogliate a una a una. Intanto si recita la nota formula “m’ama, non m’ama”. Per questo, in Irlanda prende la curiosa definizione di measure of love, ossia diventa la misura dell’amore.
Qui è molto grazioso anche il nome in lingua gaelica, An Nóinín, che è un vezzeggiativo. Ma le ragazze dell’Isola di Smeraldo fanno di più: non si accontentano di scoprire tramite una margherita se c’è qualcuno che le ama. Pretendono piuttosto di scoprirne la professione. Volete conoscere che cosa recitano sfogliando le pratoline? Eccovi accontentati:
Tinker, taylor, soldier, sailor, Rich man, poor man, beaggarman, thief?


E chissà se il fiore annuncerà loro quale fidanzato uno stagnino, un sarto, un soldato, un marinaio, un ricco, un povero, un mendicante o un ladro… Infine, se la punta delle ligule è rosata, per gli irlandesi significa che quel fiore è stato sfiorato dalla dita della Vergine Maria. La leggenda tramanda che, un giorno, la Madonna desiderava cogliere margherite per Gesù Bambino, ma esse occhieggiavano tra i rovi. Ne staccò ugualmente alcuni capolini e si punse con le spine. Così i petali si tinsero per sempre del suo sangue.


Una breve descrizione botanica
La pratolina appartiene alla famiglia delle Composite ed è stata catalogata come Bellis perennis L. È una tipica pianta da prato, assai diffusa in tutta Europa, che non supera l’altezza di una ventina di centimetri. Le foglie, che sono ovali, con la tipica forma a cucchiaio, dal margine finemente dentato, formano una rosetta basale.
Gli steli sono pelosi e senza foglie. Recano in cima un capolino solitario, costituito da un disco centrale composto da flosculi tubolari gialli, con corolla a 5 lobi. Esso è contornato da un anello di altri flosculi più lunghi, questa volta bianchi e ligulati, con la punta talvolta sfumata di rosso o di rosa. La fioritura della pratolina dura da marzo sino a novembre. I frutti sono piccoli acheni ovali e lanuginosi, dalle estremità appiattite.


Principi attivi e impiego fitoterapico
La droga medicinale è rappresentata tanto dai fiori quanto dalle foglie. La pratolina contiene, come principi attivi, inulina, mucillagine, saponine, olio essenziale, sostanze amare e tannini. Anche se un tempo, nelle campagne, se ne faceva bere l’infuso ai bambini gracili, affinché s’irrobustissero, non è tra le specie più usate in fitoterapia. È tuttavia un eccellente diuretico, con proprietà sudorifere (è quindi pure un febbrifugo), depurative, espettoranti e, in generale, stimolanti per il buon funzionamento dell’organismo. Giova a chi soffre di reumatismi, di gotta, di disturbi renali, di infiammazioni alle vie aeree, di stress da troppo lavoro e d’insonnia.


La tisana si prepara ponendo due cucchiai rasi di droga in mezzo litro d’acqua fredda. Si porta a bollore, si spegne e si lascia in infusione per una decina di minuti, sempre sotto coperchio. Si filtra, si dolcifica a piacere e si beve lungo la giornata proprio come se fosse un tè. In uso esterno, compresse di decotto – rispetto all’infuso, si fa bollire qualche minuto in più e non si dolcifica – leniscono dermatosi e foruncoli da infezione. Dai capolini, messi a macerare al sole nell’olio, si ricava un unguento utile in caso di traumi, ematomi ma pure di vitiligine e d’eczemi pruriginosi. Ed è lo stesso olio citato nell’almanacco medioevale, che è stato tramandato sino a noi.
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