Lucio Fontana, l’infinito scorre attraverso i buchi

Lucio Fontana è attratto dal concetto di spazio. Fonde bidimensionalità e tridimensionalità, pittura e spazio, finito e infinito, storia e avanguardia. Le basi, insomma, per il suo Manifesto Spazialista che vede la luce, nel 1948, a Milano. Molti hanno criticato Fontana chiamandolo distruttore di tele. In realtà, Fontana, attraverso i suoi buchi e poi, nella loro variante, il taglio, cerca l’unione di finito e infinito. Il punteruolo è la chiave che permette il passaggio dell’infinito attraverso la tela. Ciò gli permette di avere nel 1966 la consacrazione della Biennale di Venezia.

“Forse il sottoscritto ha sbagliato tutto – dichiara Fontana in un’intervista nello stesso anno a Giorgio Bocca -. Ma è meglio essere solidali con il proprio tempo, offrendosi anche ai rischi che il proprio tempo comporta, che non ripetere, seppure con zelo e abilità le cose morte. La sola arte che ora conta nel mondo è quella contro cui i critici hanno tuonato. Ce l’avevano con i Futuristi, con la stazione di Firenze e anche con Picasso. Ora Picasso è considerato tra i più grandi pittori, la stazione di Firenze è un capolavoro riconosciuto e i Futuristi sono diventati la cosa migliore della Biennale. Fontana sei un cretino, mi dicono, un mascalzone, un imbroglione. Ma non si rendono conto che l’insulto in realtà non è critica d’arte. Criticare è indicare gli errori proponendo soluzioni diverse. Ma questi critici…quando mai hanno saputo indicare qualcosa? Fontana ci spieghi i suoi buchi, mi chiedono. Nei miei buchi ci metto tutta la mia vita da artista…come faccio a spiegarli in tre parole? Non si accorgono nemmeno che i miei buchi sono entrati nel gusto del tempo”.

Buchi

Lucio Fontana e l’uomo nero

Ecco, questo è Lucio Fontana. Un’ artista che compie una rivoluzione, rompe la storia dell’arte per dar vita a un mondo nuovo, in cui ancora oggi, siamo immersi. Emilio, Emiliuccio, soprannominato poi Lucio, nasce, in Argentina, nel 1899, da padre scultore. Fontana, per tutta la vita rimarrà sempre a cavallo delle due culture. Quella Argentina dei suoi primi anni di vita, e poi quella italiana. E’ un ricercatore, un inquieto, uno sperimentatore. Si diploma perito edile e di lì, anche se non arriverà mai alla laurea in architettura, ma frequenterà la scuola di scultura all’Accademia di Brera, la spinta a lavorare sul concetto di spazio.

Lo scultore Adolfo Wildt è il suo maestro e mentore e vede in Lucio il suo successore. Ma Fontana , nel 1930, presenta, alla sua prima personale una scultura che crea scandalo: l’uomo nero. Una scultura primitiva, sormontata da molte forme geometriche su cui fa scendere una colata di catrame. Un’opera ben lontana dal figurativo classico a cui l’aveva istradato Wildt. Inizia qui la sua carriera di ricerca, rompendo dolorosamente con il suo Maestro.

Il manifesto Blanco

Una ricerca continua che porterà l’artista a scrivere, nel 1946, nel suo Manifesto Blanco che “l‘uomo è esausto di forme pittoriche e scultoree. Le sue esperienze, le sue opprimenti ripetizioni attestano che queste arti rimangono stagnanti in valori estranei alla nostra civiltà, senza possibilità di svilupparsi nel futuro.

L’arte non deve più sottostare alle limitazioni della tela o della materia. Vogliamo che il quadro esca dalla sua cornice e la scultura dalla sua campana di vetro. L’arte può allargare il suo campo espandendosi vero nuove forme e tecniche espressive”. Le teorie del Manifesto Blanco saranno la base per il Manifesto Spazialista del 1948, importantissimo perchè da lì Fontana parte verso la sua ricerca, decidendo di non intervenire più sulla tela con il pennello, ma con strumenti diversi. Abbandona, quindi, tavolozze e colori per usare taglierino e punteruolo, iniziando così la prima grande rivoluzione che lui stesso spiegherà commentando la sua opera Buchi.

Buchi

“Buco questa tela, alla base di tutte le arti, per creare una dimensione infinita. L’idea è proprio quella lì: una dimensione nuova corrispondente al cosmo. Il buco crea il vuoto. Io buco e da lì passa l’infinito, passa la luce, non c’è bisogno di dipingere. Tutti han creduto che io volessi distruggere, in realtà ho costruito. Che dopo gli dia una strutturazione di tipo estetico, perchè il quadro sta bene così, è una ragione di gusto estetico.”

Lucio Fontana non distrugge dunque la tela, ma ricerca una nuova dimensione. La dimensione dell’infinito che passa attraverso il finito. Ma perchè questo desiderio? Da dove nasce? In quegli anni si stava iniziando a parlare delle prime esplorazioni cosmiche. Cioè di lanciare l’uomo nello spazio alla ricerca di nuove dimensioni e nuove conquiste. Il vedere, in quegli anni, le prime immagini che arrivano dalle astronavi, porta Lucio ad affermare che ” oggi noi, artisti spaziali, siamo evasi dalle nostre città. Abbiamo spezzato il nostro involucro, la nostra corteccia fisica e ci siamo guardati dall’alto. Fotografando la Terra dai razzi in volo“.

Lucio Fontana, l'infinito scorre attraverso i buchi. buco di fontana su tela rossa in verticale chiamato attese
Attese

Una perpetua ricerca di infinito

I buchi e poi, nel 1958, i tagli, non sono mai casuali. Sono momenti, così come li definisce l’artista, sacri e inviolabili. Come nella serie denominata Attese. Se infatti analizziamo l’etimologia della parola vediamo che deriva dal latìno attĕndĕre, composto di ad- «verso cioè «rivolger l’animo a». Per cui il taglio di Fontana non è una violenza, ma un tendere verso, una ricerca perpetua di infinito. Forse parte proprio dalla visione delle stelle come buchi nel cielo, da cui filtra la luce dell’infinito, per vedere il taglio nella tela come lo spazio che concede a sé stesso la meraviglia.

Di lui, la definizione migliore la darà lo storico dell’arte Venturi, nel 1958. “E’ difficile parlare di Lucio Fontana, che non si sa se sia più pittore o più scultore. Che ha una genialità senza limiti, che forse è un grande artista. Ma che rimane, malgrado l’età matura, una meravigliosa promessa. Forse la colpa è nostra, che non abbiamo sufficiente fantasia per seguirlo”.

Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".