Alberto Radius: lacrime e pioggia per il Maestro

Mai sottovalutare un anziano con una chitarra elettrica”, con queste parole stampate sulla t-shirt, il Maestro Alberto Radius mi aveva salutato l’ultima volta che ci siamo incontrati.

La musica italiana perde uno dei protagonisti più importanti e uno dei personaggi più rappresentativi: “Guitar hero” di casa nostra, nonché apprezzato cantante, compositore, produttore e session-man di fama internazionale, si è spento nella sua casa di San Colombano al Lambro.

Alberto Radius era una persona squisita, arguto e sagace come solo i romani doc sanno essere, che sul palco non aveva età. Ciò che riusciva ad esprimere con la chitarra era qualcosa di extraterrestre. Timbrica, assoli, ritmica, erano qualcosa di unico ed inimitabile, senza eguali al mondo (credetemi, non sto esagerando). Le mani che volavano sul manico e sulle corde. Osservandolo da vicino, mi sono potuto render conto che il paragone con Jimi Hendrix, non era poi così azzardato.

Che cosa sei

Una carriera iniziata come molti all’epoca, alla fine degli anni ’50 nelle balere, poi il trasferimento a Milano dove sostituisce per un breve periodo Franco Mussida, impegnato con la naja, nel nucleo embrionale di quella che diventerà in seguito la Premiata Forneria Marconi.

Poi la Formula 3, insieme a Tony Cicco e Gabriele Lorenzi, che si evolve ne Il Volo, insieme a Mario Lavezzi, Vince Tempera, Gianni Dell’Aglio, Bob Callero e Gabriele Lorenzi. Un ensemble di musicisti coi fiocchi, dei veri fuoriclasse, purtroppo “troppo avanti” rispetto alla musica di allora, stiamo parlando dei primi anni ’70.

Senza dimenticare la collaborazione stretta con Lucio Battisti, e Franco Battiato come session man di lusso.

L’ultima apparizione durante la serata cover del Festival di Sanremo 2021, dove si esibisce come ospite dei Coma Cose insieme ai Mamakass suonando la chitarra in “Il mio canto libero” di Lucio Battisti.

Carta straccia” del 1977 è proprio il disco con il quale l’ho conosciuto artisticamente. Un album già “avanti” per l’epoca, “Celebrai” ne è la bandiera, nove tracce tra lo sperimentale e il pop classico, con la perla assoluta “Nel ghetto”, che all’epoca era diventato un must anche in discoteca.

America Goodbye

Il capolavoro assoluto. Un album che coinvolge i migliori musicisti del periodo, da Tullio De Piscopo a Julius Farmer, passando per Sante Palumbo. Un concept album sul sogno americano, anzi sulla distruzione del sogno americano, raccontato attraverso personaggi indimenticabili come “Poliziotto” e “Patricia” (dedicata alla vicenda di Patricia Hearst). Un misto di progressive, pop, rock, blues, jazz, arricchito da quella chitarra che era poesia, e da una voce calda e particolare.

Ricordo di aver praticamente consumato il vinile e ricordo bene l’espressione del suo viso quando gli feci vedere il “padellone” per farmelo autografare. “…ma ‘sta robba n’dove l’hai presa…nun sapevo neanche che ce ne fosse ancora in giro…nun ce l’ho manco io…se metti sto pezzo in vendita, te fai ‘n fracco de sordi…”.

alberto radius indossa una t shirt nera con su scritto "mai sottolalutare un anziano con la chitarra elettrica"

Frammenti di Alberto Radius

Questo era Alberto Radius: una persona sanguigna, vera, che diceva in faccia quello che pensava. Forse è per questo che è stata simpatia reciproca fin da subito.

L’ho incontrato diverse volte, durante le serate organizzate al Le Roi da Toni Campa & Luciana De Biase, che non ringrazierò mai abbastanza. Ricordo l’emozione, per non dire l’imbarazzo, nell’incontrare uno dei miei miti assoluti, ma ricordo soprattutto la semplicità e la cordialità di una persona davvero speciale. Una persona umile come solo i grandi sanno essere.

Come ho già detto, arguto e sagace, spesso tagliente nelle risposte. Quando gli chiesi dei nuovi metodi per ascoltare musica, mi disse: “Gli altri canali, quelli classici, ormai sono morti. Hanno sbagliato tutto (i discografici, nda), non hanno contribuito alla crescita della musica. Basano le vendite sui Talent Show, che un anno vanno bene e l’altro anno no. Ragazzi che credono di andare chissà dove, e si ritrovano, dopo poco tempo, con niente in mano”.

Forse un personaggio “scomodo” sotto certi aspetti, ma che diceva sempre la verità.

Voglio ricordarlo così: sul palco del Le Roi, insieme a Ricky Shane, accompagnato da Alfredo Vandresi alla batteria, Enrico Bianchi alle tastiere e Martin Grice (Delirium) al flauto. Una performance unica e irripetibile, che lasciò a bocca aperta il pubblico presente in sala.

Come si dice in questi casi: “one night only”. Un pugno di musicisti, di grandi musicisti, ritrovatisi sullo stesso palcoscenico quasi per caso, ma che sembrava suonassero insieme da sempre.

Emozione pura, come la sua chitarra, e, da oggi, il suo ricordo.

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.