Avatar – La via di James Cameron

Sono passati piu’ di sei mesi da quando e’ uscito nei cinema Avatar – La via dell’acqua, seconda parte di una saga in cinque capitoli nata dalla impareggiabile mente di James Cameron.

Ormai ognuno ha detto la sua ed e’ passato avanti al blockbuster successivo, percio’ penso che possiamo rilassarci e parlarne finalmente in tutta calma.

Penso che molti tra il pubblico e gli stessi colleghi di Cameron lo abbiano preso per pazzo quando, dopo il successo stratosferico di Titanic nel 1997, si rinchiuse nella sua fortezza della solitudine in California per creare qualcosa di completamente diverso che nessuno aveva mai visto o concepito prima.

Fu proprio nel quartier generale della Lightstorm Entertainment, la casa di produzione con cui il regista plasma la sua magia cinematografica fin dai lontani giorni di Aliens – Scontro finale, dove il vecchio James Cameron e la sua truppa rimasero al lavoro per ben dodici anni prima di arrivare nei cinema col primo capitolo di Avatar.

Infatti, questo pazzo non voleva solamente girare un nuovo film, ma aveva in animo di stravolgere il grande schermo con degli effetti speciali e un nuovo sistema 3D cosi’ innovativi che nessun altro sarebbe riuscito ad eguagliarlo nei successivi trent’anni.

Un impresa titanica (possiamo chiamarla altrimenti?) che costo’ quasi mezzo miliardo di dollari, i quali pero’ ritornarno con gli interessi nelle tasche di Cameron e soci incassando finora quasi 3 miliardi in tutto il mondo, e non siamo neppure a meta’ strada di questa strabiliante epopea fantascientifica.

Quando si nega l’innegabile

Eppure nonostante il successo impareggiabile della saga di Avatar, capace persino di superare gli incassi storici di Titanic, non mancarono numerose critiche a tentare di affondare il rivoluzionario capolavoro della fantascienza di James Cameron.

Non potendo toccare la meraviglia visiva creata dal regista e il suo solito stile fenomenale nel mettere in scena avventura e romanticismo con delle sequenze d’azione che trasudano adrenalina da ogni poro, gli haters puntarono i loro fucili di precisione su altri aspetti.

Prima di tutto molti si lamentarono della trama prevedibile e poco originale: paragonando (semplificando stupidamente?) questa storia a un riciclo neppure troppo ispirato di altri grandi successi come Balla coi Lupi e Pocahontas.

A rafforzare questo presunto difetto c’erano i numerosi stereotipi razziali e culturali che dipingevano come cattivi i soldati bianchi invasori contro le culture indigene rappresentate come primitive, ma anche più oneste nei loro valori familiari e nel legame con la natura.

Anche il messaggio ambientalista (incredibile ma vero) è stato demonizzato per essere troppo didascalico e semplicistico nel rappresentare problemi complessi come il cambiamento climatico e lo sfruttamento senza freno delle risorse naturali.

Dietro questa distruzione c’e’ l’avidita’ senza freno della societa’ moderna, nella massima espressione di una spietata multinazionale senza volto, se non il cinico manager Giovanni Ribisi che purtroppo nel secondo film rivedremo solo una manciata di secondi.

Ammesso e non concesso che Cameron sfrutti ognuno di questi cliché’, visto che sarebbe impossibile convincere gli haters del contrario: è forse un male avere a cuore l’ambiente? Possibile che ci sia qualcuno a cui vengano le convulsioni quando si mettono in scena storie d’amore tra (letteralmente) razze così diverse e lontane (letteralmente) milioni di anni luce tra loro?

Devo essermi davvero perso qualcosa nell’evoluzione della cultura globale, a questo punto.

Costruendo un pianeta da zero

Apriamo gli occhi assieme Jake Sully, scongelato dopo un lungo sonno criogenico per il viaggio spaziale che lo ha portato fino all’incredibile pianeta di Pandora.

James Cameron non perde tempo in chiacchere e ci porta subito nel cuore dell’azione, cosi’ neanche in dieci minuti stiamo gia’ camminando coi piedi azzurri dell’avatar di Sully, una creatura costruita in laboratorio, mezza aliena e mezza umana, che il protagonista comanda a distanza dentro una capsula.

Spaventati e intimiditi da tanta bellezza e aggressivita’, ammiriamo con gli occhi sgranati gli animali curati in ogni dettaglio, dalle unghie dei piedi fino all’ultimo pelo delle loro narici; sbigottiti come novelli naufraghi su quest’Isola che Non C’e’ tra la grande varieta’ di piante luminose e altrettanto pericolose.

Ma invece di essere dei piccoli e sperduti Peter Pan, siamo dei marines con le palle armati fino ai denti e il nostro scopo è piegare quei maledetti indigeni che non ne vogliono sapere di schiodare dal loro albero/casa, proprio dove noi vorremmo trivellare ogni grammo della sostanza piu’ preziosa della galassia, l’Unobtainium.

Rispondendo alle critiche precedenti, già solo in quanto sopra troviamo molte più idee (e talento per metterle in scena) di quante ne potrebbero avere qualsiasi altro episodio degli Avengers, Trasformers o Fast & Furious; giusto per citare a caso altre saghe campioni d’incasso degli ultimi 20 anni.

Pandora e’ un orgasmo per gli occhi di ogni entusiasta del cinema, animalista o botanico fervente; oppure semplicemente un amante dell’arte: in quanto non c’è un fotogramma di questi due film che letteralmente non potreste incorniciare e appendere sopra il camino come un quadro d’autore; o magari più banalmente anche solo usare come spettacolare screensaver.

Tutto questo trionfa su ogni critica, che lo sia accetti o no, ancora prima che il film vero e proprio cominci.

Naturalismo e alta tecnologia

Oltre a sfornare Blockbuster a ripetizione, James Cameron e’ sempre stato un regista che quasi con ogni suo film ha spinto un po’ più in la i confini della tecnologia del cinema; e in questo senso la saga di Avatar non fa eccezione.

Ancora una volta le parole “effetti speciali” acquistano un altro significato, come era stato ad esempio con il morphing per creare le inquietanti trasformazioni del T-1000 interpretato da Robert Patrick in Terminator 2, una tecnologia gia’ sperimentata nel meraviglioso The Abyss pochi anni prima, per non parlare dell’ancora piu’ pazzesca impresa di Titanic.

Infatti, in quel caso Cameron costruì una replica quasi a grandezza naturale (scala 9 a 10) del del tristemente famoso transatlantico, montandolo poi su un enorme sistema di idraulica per inclinare il set e simulare l’ondeggiamento e (inevitabilmente) l’affondamento della nave.

Pandora fornisce a questo brillante creatore di sogni una tela del tutto nuova su cui graffiare le sue pennellate, rivoluzionando ancora una volta tutto quello che credevamo di conoscere al cinema.

In un epoca in cui il 3D era praticamente defunto, la squadra di Cameron decide invece di puntarci tutto sviluppando da zero una nuova camera chiamata 3D Fusion.

Questa telecamera utilizzava due obiettivi e flussi digitali separati per simulare la visione umana tridimensionale, aumentando la profondità e l’immersione cinematografica come mai visto prima, anche grazie al nuovo “volume rendering” che rendeva più realistica la rappresentazione degli elementi 3D sulla scena.

Altrettanto significativo fu migliorare il vecchio Motion Capture con il cosidetto Performance Capture, catturando in ogni dettaglio non solo i movimenti fisici ma anche le espressioni facciali e gli occhi di un attore, permettendogli finalmente di recitare davvero nel montaggio digitale finale.

Seriamente: quale altro regista di Blockbuster sulla faccia della terra starebbe oltre 10 anni senza lavorare soltanto per questo?

Noi siamo Na’vi

Nello splendido ecosistema di Pandora, ci sono poi anche gli alieni umanoidi che popolano questo pianeta: ovvero i Na’vi, giganti di tre metri dalle pelle blu con striature bioluminescenti, grandi occhi dorati e le code lunghe e affusolate.

Essendo inoltre incredibilmente forti e agili, sono più che adatti alla rigogliosa e pericolosa giungla piena di predatori, dove si spostano a grande velocità saltando tra gli alberi oppure ancora cavalcando i loro fedeli Direhorse.

Tramite le loro code, infatti, possono connettersi fisicamente con gli animali e le piante che li circondano, cavalcando anche i temibili Mountain Banshee, creature simili a piccoli draghi co cui i Na’vi volano attraverso i cieli di Pandora.

Per la creazione delle politiche sociali di Avatar, James Cameron si e’ ispirato a diverse culture tradizionali della nostra storia, soprattutto quelle indigene, includendo nel team anche Paul Frommer, professore emerito di linguistica clinica presso l’Università del Sud della California.

La storia dei Na’vi prende quindi forma da innumerevole tribù del nostro passato, tra cui le più evidenti sono i Nativi Americani e il loro rispetto profondo per la terra e gli animali, la vita in armonia con la natura, l’importanza dei riti di passaggio e ovviamente il loro triste massacro durante la colonizzazione Europea del suolo americano.

Tuttavia possiamo trovare anche alcuni elementi delle Culture Africane, in particolare l’importanza della comunità e dei legami familiari, così come le tecniche di caccia e l’uso di maschere cerimoniali; oppure ancora le lontane popolazioni Maori nell’uso di tatuaggi e pitture per il corpo.

Infine, il loro tipo di vita nella giungla e l’interconnessione con l’ecosistema di Pandora ricorda le tribù indigene dell’Amazzonia, come poi in La via dell’Acqua si ispirerà invece ai piccoli villaggi dell’Indonesia che vivono di cio’ che offre loro l’oceano.

Avatar (2009)

Dopo questa lunga ma doverosa premessa, parliamo un attimo anche dei film, che ne dite?

Come detto, l’epopea di James Cameron comincia quando il giovane Jake Sully, ex marine paralizzato su una sedia a rotelle, atterra su Pandora pronto a indossare un Avatar nuovo di zecca per infiltrarsi tra le fila dei nemici Na’vi.

Questo corpo alieno non era destinato a lui, ma al suo fratello gemello Tommy, purtroppo morto anni prima durante un incidente: ma essendo geneticamente compatibili, la missione di conquista del pianeta finisce nelle sue mani.

Rimasto solo durante una delle perlustrazioni, viene salvato dalla giovane e coraggiosa Neytiri, niente meno che la figlia del capo degli Omaticaya, proprio la tribu’ che i Marines vorrebbero fare sloggiare per impiantare le loro miniere.

Approfittando dell’occasione, Sully diventa amico di questo strano popolo, iniziando ad imparare la loro lingua e i loro costumi, come cacciare o usare la coda per allacciarsi agli animali e successivamente anche all’albero delle anime, il più sacro luogo di ritrovo per i Na’vi su Pandora.

Proprio in quel magico intrico di foglie luminose l’ex soldato trova un legame con Eywa, la divinità tutelare che protegge tutto il pianeta; oltre che consacrare l’amore con la giovane Neytiri, inizialmente diffidente ma poi conquistata dal coraggio e la tenacia a non arrendersi mai dell’indomito soldato.

Purtroppo, anche se lui ha dimenticato la sua missione, i suoi colleghi Marines la ricordano molto bene: in special modo lo spietato colonnello Miles Quaritch che in lui riponeva cosi’ tanta fiducia.

Fortunatamente Sully non resterà solo nella lotta; in quanto assieme a lui ci sono alcuni piloti e gli scienziati della base, come l’irascibile dottoressa Grace Augustine, piu’ vicina ai Na’vi che ai soldati che non vedono l’ora di mettere a ferro e fuoco tutta la giungla.

Avatar: La via dell’acqua (2022)

La storia continua molto tempo dopo che i Na’vi hanno cacciato via dalla loro terra gli invasori umani, con Jake e Neytiri assieme ormai da quindici anni e hanno avuto insieme ben tre figli.

Dopo il coraggio e l’astuzia dimostrati nella rivolta, Jake e’ il capo degli Omaticaya e uno dei Na’vi piu’ rispettati del pianeta.

Ma anche se hanno perso una tremenda battaglia, gli umani non hanno affatto rinunciato alla guerra: anzi si stanno riorganizzando dietro mura sempre meglio difese costruendo città sempre più grandi.

Il loro scopo non sono più soltanto i ricchi giacimenti di Unobtainium, ma preparare la via per un trasloco di massa di tutta l’umanita’ dal lontano pianeta Terra, ormai spremuto e inquinato oltre ogni logica possibile.

Come avanguardia della conquista, su Pandora arriva un plotone di marines clonati dentro dei corpi Na’vi, non piu’ degli Avatar comandati da remoto ma vere e proprie creature ibride alla cui testa c’e’ il redivivo e piu’ che mai incazzato colonnello Miles Quaritch.

Il colonnello quasi cattura i figli di Jake; il quale a quel punto convince Neytiri a fuggire dalla foresta e chiedere riparo ai Metkayina, clan che domina sulla costa orientale del pianeta.

Abbandonando la loro casa/albero, l’allegra famiglia Sully deve imparare di nuovo da zero come vivere e sopravvivere nel loro nuovo habitat oceanico, seguendo quella che il clan chiama appunto La via dell’acqua.

Nel frattempo pero’ Quaritch ha catturato un piccolo umano che viveva con i Na’vi, costringendolo a fare da guida e interprete lungo la costa dove devasta un villaggio dopo l’altro per cercare di stanare il suo odiato nemico.

Ancora una volta, l’acciaio e i proiettili dell’uomo incroceranno battaglia con le lance e le frecce dei Na’vi, un altro passo verso una guerra globale che sembra ormai inevitabile.

Il futuro di Pandora

I piani di James Cameron riguardo i sequel di Avatar sembrano ben definiti, con i prossimi tre capitoli che dovrebbero arrivare a cadenza molto piu’ ravvicinata nel 2025, 2029 e concludersi poi nel 2031.

Dopo così tanto lavoro, attesa e fatica; ovviamente il regista americano sta più che mai abbottonato, cercando di non lasciare sfuggire nessuna indiscrezione.

Tuttavia, come sempre, qualche voce è trapelata comunque e sappiamo che Cameron ha suddiviso il grosso del lavoro di scrittura tra gli sceneggiatori Josh Friedman, Rick Jaffa, Amanda Silver e Shane Salerno.

Assieme a lui, ognuno di loro dovrebbe aver curato una storia ciascuno di questi cinque film; dove ritorneranno i personaggi che conosciamo per sistemare le numerose questioni in sospeso in questa faida interplanetaria.

Possiamo senz’altro aspettarci un’ulteriore evoluzione della famiglia aliena/umana di Jake Sully, specialmente la giovane Kiri che ha dato modo di tornare in scena alla superba Sigourney Weaver.

Trasformata in una affascinante adolescente digitale, questo personaggio sembra che abbia ancora molto da rivelare in Avatar 3 riguardo il suo più che stretto rapporto con Eywa, il dio invisibile dietro ogni pianta e animale di Pandora.

Altrettanto curiose sono le voci che girano su Avatar 4, che apparentemente dovrebbe essere una sorta di prequel slegato temporalmente dagli altri film e completamente ambientato nello spazio.

Per quanto concerne invece il lontanissimo Avatar 5, non sappiamo nulla se non il supposto titolo di Avatar: The Quest for Eywa; oltre che l’inquietante premessa che ci saranno anche delle lotte interne su Pandora dove scopriremo che, in fondo, neppure tutti i Na’vi sono cosi’ buoni e pacifici.

Che altro dire? Abbiamo ancora molto tempo per analizzare allo sfinimento questi primi due meravigliosi film, nel frattempo, chissà mai che ci sia sfuggito qualche dettaglio di capitale importanza?

Fatemi sapere cosa ne pensate, se le avventure di Pandora vi sono piaciute o se siete tra quelli che non intendono spenderci altro tempo; io personalmente ho già segnato la data sul calendario al prossimo 2025, per avere un orizzonte che non sia poi così remoto. Nel frattempo, come al solito, vi invito a visitare il mio sito dove ogni giorno parliamo di cinema con tanti succosi consigli per ogni palato:

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Fabio Emme
Fabio Emme
Amante del buon cinema, grande arte che ha sempre fatto parte della mia vita, plasmando il mio modo di essere e vedere il mondo negli anni e aiutandomi a formare la mia cultura. Da quando ho memoria ho sempre letto, scritto e parlato di film e spero vivamente con i miei articoli di aiutare altri a fare altrettanto. Hobby? ...Il cinema, naturalmente!