Idee e Soldi al Cinema – In Scena non ci Vai, se la Grana non ce l’hai

Grande o piccolo che sia, ogni film inizia sempre con un’idea, ma subito dopo l’emozionante processo creativo arriva il momento in cui qualcuno deve contare i soldi e aprire il portafoglio per finanziare il progetto.

Perciò a fare la differenza è come queste idee vengano sviluppate e l’interferenza del produttore che spesso è disposto a sacrificare il coraggio e l’originalità di un opera pur di dare al pubblico ciò che si pensa che esso voglia, sperando cioè di portare quanta più gente possibile nei cinema.

Da qui deriva lo tsunami inarrestabile di supereroi che hanno inondato il grande schermo negli ultimi 30 anni, facendo leva sia sulla sempreverde passione dei bambini per questi personaggi in costume, che sul fattore nostalgia dei più adulti che ritornano alle loro passioni dell’infanzia.

Non c’è niente di male in questi film, in fondo stiamo pur sempre parlando di intrattenimento; ma a volte la pressione dietro queste imponenti produzioni blockbuster può strangolare la stessa idea di partenza al punto di trasformare questi film supereroistici in semplici “parchi a tema” cinematografici, dove l’unica vera differenza tra un eroe e l’altro diventa il colore del suo costume.

Tutt’altro processo sta dietro quei film che hanno fatto storia, influenzando intere generazioni di cineasti e cinefili con quella scintilla inaresstabile che accende il vero fuoco del cinema, trasformando le idee in soldi, anzichè viceversa.

Partendo dal niente con grande entusiasmo

El-Mariachi-1992-movie

Voglio iniziare il discorso con uno dei miei registi contemporanei preferiti, forse non il migliore in assoluto come idee o talento puro, ma indubbiamente un sapiente meccanico che sa bene quale valvole toccare nel motore dei suoi film: Robert Rodriguez.

Un regista di umili origini che ha esordito negli anni ’90 con El Mariachi, esempio clamoroso di come si possa fare ottimo cinema con pochi spiccioli, narrando le gesta di un povero chitarrista girovago scambiato per uno spietato killer da una banda di criminali, che iniziano a dargli la caccia senza sosta.

Un film d’azione fantastico realizzato con soli 7.000 dollari che, secondo la leggenda, sarebbero stati racimolati dallo stesso regista che si sacrificò a fare da cavia umana per alcune cliniche mediche.

Confrontate questi numeri con il budget di quasi 200 milioni di dollari che ha avuto per dirigere Alita – Angelo della battaglia: nonostante la mostruosa differenza, la qualità delle scene d’azione dei due film non ne risente affatto.

In Alita, gli effetti speciali sono praticamente onnipresenti, a partire dalla protagonista interamente ricostruita digitalmente al computer come ragazza/cyborg che emerge da una discarica per poi diventare un’eroina amata dalle folle.

Nonostante i soldi, l’anima e le idee del regista è rimasta intatte, dalla parte degli outsider e dei perdenti con il loro orgoglio e la loro dignità contro ogni ingiustizia e difficoltà, che trasformo il citato chitarrista pistolero in una figura iconica che poi ebbe altri tre film interpretato da Antonio Banderas.

Memento-2000-movie

Arrivando al successo arriva il compromesso

Passiamo ora a uno dei registi contemporanei più amati del pianeta, specialmente dalla sua trilogia/reboot di Batman in poi: Christopher Nolan.

Il confronto più diretto che posso fare è quello tra il suo ultimo Tenet (non avendo ancora visto il più recente Oppenheimer) e Memento, sua opera seconda che lo portò alla ribalta della scena cinematografica internazionale.

Due film, ancora una volta, con quasi 200 milioni di differenza nel budget, ma simili per molti versi, soltanto separati da un abisso di scelte commerciali che ne hanno decretato il rispettivo successo o fallimento al botteghino.

Riconosciamo facilmente la mano del regista e del talentuoso fratello Jonathan Nolan nella scrittura, sempre autore di storie intriganti dove i protagonisti sono travolti da eventi su cui hanno un controllo solo apparente, spesso lottando per distinguere tra la dura realtà o il poetico inganno dell’illusione e bugia.

Il montaggio è eccellente in entrambi i casi, tuttavia, la scelta di votare Tenet all’azione per acchiappare l’amore del grande pubblico è proprio quello che ne azzoppa il ritmo, spesso inceppando il flusso di una trama anche interessante ma intervallata da troppe (e troppo lunghe) sparatorie e inseguimenti senza fine.

Memento è invece un film molto più raffinato, oltre che (credo) desiderato e amato dallo stesso regista che era ancora all’inizio della sua carriera e lontano dalle esigenze di spiegare continuamente allo spettatore il film attraverso lunghi dialoghi ridondanti, quasi temendo di lasciare qualcuno indietro.

Possiamo quindi sviluppare l’equazione per cui più soldi, di solito, equivale a meno libertà artistica nelle idee narrative: anche se, come ho detto, la bravura del regista non è assolutamente in discussione, ma il risultato sullo schermo lo è eccome.

Mad-Max-Fury-Road-2015-movie

Rimanere se’ stessi anche nella gloria

Tuttavia, non prendete le mie parole per oro colato: questa equazione non è una legge scritta nella pietra e fortunatamente ha le sue eccezioni, come l’ultimo regista di cui voglio parlarvi oggi, George Miller.

Un grande artista che cominciando dalla lontana Australia e con la sua idea di cinema ha creato un personaggio leggendario che oggi siede su una solida montagna di soldi per gli incassi miliardari: Mad Max.

Ma non solo: il regista crea un mondo post-apocalittico che verrà poi copiato da chiunque per i decenni a venire, settando le regole per un amato e duraturo filone cinematografico.

Dopo l’esordio Miller dirigerà tre sequel, l’ultimo dei quali è il famoso Mad Max: Fury Road, costato circa 150 milioni di dollari rispetto ai soli 350.000 del primo capitolo.

Eppure, in questo caso, l’autore è rimasto fedele alla sua formula, anzi aumentando esponenzialmente la follia del protagonista a ogni episodio della saga.

Ripensando al primo e all’ultimo Mad Max, l’atmosfera surreale ma tremendamente credibile della sua crudeltà è sempre presente in ogni inquadratura, in ogni dialogo e sentimenti dei suoi protagonisti.

A partire dagli spietati criminali che uccidono la moglie di Max per arrivare agli allucinati e malati War Boys, Miller è rimasto fermo alla sua idea senza inquinarla con altri elementi inutili per compiacere il pubblico.

Un discorso che vale anche per il suo ultimo film dell’anno scorso, Tremila anni di attesa, classica storia del “genio della lampada” che in realtà di classico ha poco o nulla, rimescolando la favola in chiave intima e post-femminista.

Un femminismo di fatti e non chiacchere, come le sexy schiave/animali da riproduzione che si ribellano lungo la Fury Road guidate dalla splendida Furiosa che l’anno prossimo ha in uscita un capitolo tutto per lei, interpretata dalla giovanissima ma già affermata attrice Anya Taylor-Joy.

Non so quanti di voi apprezzeranno o approveranno questo mio umile modo di criticare/apprezzare il mondo del cinema, pur rendendomi conto che funziona coi soldi come qualsiasi altra cosa al mondo, ma senza le idee e la volontà di resistere a intrusioni esterne da parte di chi ci lavora, non credo che sarebbe mai diventata l’arte popolare più seguita e amata di tutti i tempi. Se poi avete sempre appetito di nuovi e vecchi film che potreste non conoscere, vi rimando come sempre al mio sito:

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Fabio Emme
Fabio Emme
Amante del buon cinema, grande arte che ha sempre fatto parte della mia vita, plasmando il mio modo di essere e vedere il mondo negli anni e aiutandomi a formare la mia cultura. Da quando ho memoria ho sempre letto, scritto e parlato di film e spero vivamente con i miei articoli di aiutare altri a fare altrettanto. Hobby? ...Il cinema, naturalmente!