La bistorta, antico dragunculus, che a sorpresa rappresenta la Pasqua.

La bistorta e la tradizione dell’Easter pudding

La bistorta, a prima vista, è una pianta che non ha proprio nulla di pasquale. Non ha un fiore vistoso, per rallegrare i prati di primavera. E la sua radice, cui deve il nome, è contorta su sé stessa. È quasi ripiegata come una serpe, tanto che la specie è chiamata, per tradizione popolare, serpentaria, colubrina o addirittura dragunculus!

immagine da erbario licenza CC
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Dato che serpi e draghi simboleggiano da sempre il diavolo, che cosa c’entra un’erba così con la Pasqua cristiana? Nulla, se non il fatto che, nelle Isole Britanniche, se ne impiegavano le tenere foglie primaverili per preparare un gustoso Easter pudding! Il termine inglese usato non vi induca in errore: non si tratta di un budino dolce, ma di un pasticcio salato.

Esso si prepara con avena, orzo, uova, burro, cipolla e, naturalmente, bistorta e viene bollito a lungo in un sacchetto di tela. Prima di servirlo, si frigge o si passa nel forno. È tipico di alcune zone dell’Inghilterra settentrionale (Yorkshire e Lake District) ma diffuso anche nelle contee irlandesi.

fiori di bistorta i un tramonto dorato immagine licenza CC
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Non è facile capire se sia nato in Irlanda o nel Regno Unito. Tuttavia ci sono alcune differenze. In Irlanda, ad esempio, per cucinarlo si usa soltanto la bistorta, mentre in Inghilterra si aggiungono pure tarassaco, ortica, prezzemolo e foglie di ribes nero. In qualche ricetta, ricorrono persino l’uvetta e la frutta secca con guscio, ma la bistorta resta sempre l’ingrediente principale.

Sempre in Irlanda, poi, è un pasticcio che accompagna il bacon o la carne d’agnello e di vitello sulla tavola di Pasqua. Nel Regno Unito, invece, si mangia la Domenica delle Palme come Passion pudding, in questo caso da solo, senza carne, o al limite con le patate. Nel 1971, il quotidiano londinese Times promosse addirittura una gara per scegliere il migliore Easter pudding alla bistorta di tutta la Gran Bretagna.

un fiore di bistorta con una farfalla nera e arancione immagine licenza cc

Una breve descrizione botanica

La bistorta appartiene alla famiglia botanica delle Poligonacee ed è stata catalogata come Polygonum bistorta L. Predilige quale habitat i prati umidi ed è una pianta erbacea glabra, eretta ma non ramificata, che può raggiungere il metro d’altezza. La radice è un rizoma volubile, grosso e rugoso, spesso piegato a formare una S oppure una U. Le foglie sono lanceolate e allungate, dal caratteristico colore verde che tende all’azzurro, sulla pagina inferiore. Quelle basali hanno un lungo picciolo che inguaina con un’ocrea argentea il fusto esile e cilindrico mentre quelle superiori sono più piccole.

foglie di bistorta in primo piano
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L’infiorescenza a spiga, molto fitta, dal diametro di circa 2 centimetri, è posta all’apice di ogni fusto e sboccia tra maggio e agosto. È composta da fiorellini rosati assai particolari, perché ne sono abbinati sempre insieme uno femminile, più aperto, e uno maschile a campanula. Il frutto è un achenio liscio e bruno, che accoglie un unico seme.

primo piano dei fiori rosati
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Principi attivi e impiego fitoterapico

Riguardo alla bistorta, la droga medicinale è costituita dal rizoma. Esso contiene una notevole quantità di acido tannico, sino al 20%, che rende questa specie astringente e, in passato, assai apprezzata nella concia delle pelli. Ma è anche ricchissimo di amido (circa il 30%), con azione emolliente e antinfiammatoria. Ci sono poi gli acidi gallico e ossalico, ferro organico, glucosio, saccarosio, resine e mucillagini. Questi costituenti fanno della bistorta un rimedio utile nei disturbi intestinali, soprattutto se associati a diarrea ed emorroidi. Ha proprietà toniche, lenitive delle mucose e vulnerarie, per curare ferite e piaghe.

cespugli fioriti in un campo addossati a una roccia licenza immagine CC
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Purtroppo tali principi attivi tendono ad alterarsi con il calore, quindi è preferibile utilizzare la polvere della radice, magari avvolta in un’ostia, o l’infuso a freddo. Esso si prepara ponendo due cucchiai di rizoma essiccato e sminuzzato in mezzo litro di acqua tiepida. Si lascia macerare per una notte e, al mattino, si filtra e si dolcifica a piacere. Si beve lungo la giornata come un tè freddo. Il decotto classico, facendo bollire la stessa quantità di droga in pari acqua per un quarto d’ora e poi lasciando raffreddare, giova invece nell’uso esterno. Deterge le piaghe e può essere aggiunto all’acqua del bidet per lenire emorroidi, uretriti o perdite bianche.

piccole infiorescenze in lontananza

Impiegato per gargarismi, decongestiona la gola infiammata. Fortifica le gengive e cura le afte, se con esso ci si sciacqua la bocca. Massaggiato come una lozione sul cuoio cappelluto, riduce la produzione di sebo: è quindi consigliato a chi ha i capelli grassi. Quanto alle foglie tenere, raccolte prima della fioritura, oltre che nell’Easter pudding, potete pure gustarle in insalata o cotte come gli spinaci.

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Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.