L’erisimo e l’orazione di Antonio in morte di Cesare
L’erisimo veniva masticato dagli antichi romani esattamente come noi moderni mastichiamo il chewing-gum. E non certo per il suo sapore, perché nessun’altra erba potrebbe strappare all’erisimo il primato di avere il gusto peggiore in assoluto! Appartiene infatti alla famiglia delle Crucifere, come il cavolo e la senape: dal primo ha preso l’aroma deciso, da minestrone, e dalla seconda la piccantezza. In più ci ha aggiunto di suo un amaro che più amaro non si può. Eppure Catone ci ha tramandato che ai suoi tempi se ne masticavano a lungo le foglie e lui stesso ne faceva ampio uso.
Il motivo è da ricercarsi nell’indubbia capacità di questa pianta di schiarire la voce e di debellare la raucedine. Tutti i retori latini masticavano erisimo, insieme con cantanti e attori, non potendo contare sui mezzi tecnici di amplificazione della voce che abbiamo oggi. Forse il caso più eclatante fu quello di Marco Antonio, che pare ne abbia assunto una quantità spropositata, in occasione dell’orazione funebre per Giulio Cesare. Gli era stata affidata e, se gli fosse mancata la voce in un’occasione tanto prestigiosa, sarebbe anche venuto meno il suo prestigio politico.
Ai tempi di Racine
La fortuna dell’erisimo declinò durante il Medioevo, quando i predicatori erano aiutati dall’acustica delle alte volte, nelle chiese, e dalla posizione sopraelevata dei pulpiti. Ma eccolo ricomparire già nel XVI secolo, quando la sua funzione fu rivalutata da Guillaume Rondelet di Montpellier, che si basò sull’esperienza degli antichi oratori. Avendo compreso che quest’erba tonifica le corde vocali troppo sollecitate, Rondelet si vantò di aver donato a un corista la voce di un angelo.
Un secolo dopo, fu il drammaturgo Jean Racine a sostenerne a spada tratta le virtù. Lo consigliò persino al collega scrittore Nicolas Boileau, che aveva perduto la voce. Ai suoi tempi, l’erisimo era tornato in auge in modo preponderante, conquistando schiere di fautori tra cantanti, attori e uomini politici. Restava il problema del gusto pessimo. Dato che nel XVII secolo se ne beveva l’infuso, questo veniva aromatizzato con generose cucchiaiate di uno sciroppo a base di liquirizia. Dubitiamo però che ne annullasse del tutto l’insopportabile nota amara. Perché qui non si tratta dell’amaro piacevole e digestivo della genziana o del rabarbaro ma di quello ributtante di un cavolo andato a male!
La salsa per pesce degli irlandesi
In Irlanda, l’erisimo non ha mai goduto di altrettanta fortuna. Essendo anche piccante, fu da sempre considerato un succedaneo di ripiego della senape. Nelle zone costiere, con i semi polverizzati si preparava una salsa con cui insaporire pesci di poco valore, dalla carne che sa di fango. Con il succo spremuto dai fusti giovani, mescolato con il miele, si otteneva invece uno sciroppo per calmare la tosse.
Breve descrizione dell’erisimo
Il suo nome latino è Sisymbrium officinale SCOP. ed è una pianta annuale dalla radice a fittone fusiforme e grigiastra. Diffusa in tutta Europa e in Asia, predilige come habitat i terreni incolti, i fossi lungo le strade e le siepi. Il fusto eretto e rigido, assai ramificato, può raggiungere un’altezza di 80 centimetri. Le foglie pennate e dentate sono raggruppate a corona alla base e sono alterne sul fusto. I piccoli fiori, a 4 petali gialli a forma di spatola, sbocciano tra marzo e ottobre e sono riuniti in fitti racemi. I frutti sono silique pelose e sottili, lunghe al massino 1,5 centimetri, che si appiattiscono contro lo stelo e che si soprappongono tra loro. Contengono dai 10 ai 20 semi dal colore bruno-arancione, ovali ma con la caratteristica forma a cornetto.
Principi attivi e impiego fitoterapico
La droga medicinale, nel caso dell’erisimo, è rappresentata dalla pianta intera. Essa contiene olio essenziale solforato, composti solfocianici, mucillagini, molti tannini, pectina e un glicoside cardioattivo simile alla digitale, che non è stato ancora sufficientemente studiato. Pertanto, se si soffre di disturbi di cuore, è importante consultare un medico prima di assumere erisimo. Il suo infuso allevia le infiammazioni della gola e risolve raucedine e afonia dovute a tracheiti, faringiti o laringiti. Si usa per contrastare il raffreddore e le forme influenzali e decongestiona la gola dei fumatori accaniti. È espettorante e svolge un’azione antispasmodica sulle vie aeree.
La tisana si prepara ponendo in acqua fredda un paio di cucchiai rasi di droga. Si porta a bollore e si lascia in infusione per una ventina di minuti. Si filtra, si dolcifica a piacere – meglio però qualche goccia di limone, perché è come dolcificare un brodo di cavolo! – e si beve lungo la giornata. Non finiremo mai di sottolineare come tutte queste preparazioni casalinghe, pur essendo salutari, siano ricette alimentari ed equivalgano alla preparazione del tè. Tuttavia l’erisimo non è affatto buono come il tè: fa bene ma affermare che è una bevanda disgustosa è quasi un eufemismo. Agli amici cantanti in cerca di voce angelica ci permettiamo di consigliare l’agrimonia, che ha un effetto analogo, sulle corde vocali. Ed è la più gradevole fra tutte le tisane erboristiche.
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