Dopo mesi di #iorestoacasa e musei assorti in solitarie contemplazioni delle proprie sale anche l’arte ha voglia di uscire e di farsi vedere. E così alla Fondazione Accorsi Ometto di Torino la nuova mostra, aperta da mercoledì 8 luglio ha deciso di stare all’aperto. Novecento in cortile è una mostra curata da Bruto Pomodoro ed è un omaggio a sei artisti del Novecento. Da Mitoraj a Pomodoro, da Cordero ad Arman passando da Borghi e Theimer
La mostra raccontata dal Direttore della Fondazione : Luca Mana
Una mostra in cortile, come fosse una forma un po’ simbolica della voglia di uscire anche per le sale del Museo?
Esattamente, nasce un poco come piano B rispetto a scelte che erano già state fatte. L’emergenza Coronavirus ci ha imposto di rivedere la programmazione e anche i luoghi. Non avendo un giardino il cortile era l’unico luogo adatto per poter esporre qualcosa che oltretutto non fosse intaccabile dagli eventi atmosferici e poter così ripartire.
Alcune delle opere esposte raccontano di vuoto e di perdita di identità. Quanto la pandemia ha giocato in queste scelte
Abbiamo chiesto opere che avessero un forte impatto emotivo. Archivi, autori e fondazioni hanno eseguito una ricerca che ha portato alla scelta di opere che raccontano la seconda parte del Novecento come momento in cui la scultura cerca di dare un idea alla forma, all’energia e al vuoto.
Che segnali sta dando il pubblico?
Buoni, la mostra piace, all’apertura durante il corso della giornata, abbiamo avuto circa un centinaio di persone e vedo che i numeri si mantengono costanti
La pandemia ha cambiato per i Musei il modo di proporre l’arte?
Sicuramente ci imporrà di cambiare un po’ gli allestimenti. Perchè se prima le opere avevano indicativamente una distanza di un metro una dall’altra, a volte anche meno, quando torneremo a fare mostre all’interno degli ambienti la distanza dovrà essere sicuramente maggiore. Questo vuol dire meno opere e spazi molto più ampi.Un tema delicato e affascinante. Una grande sfida. Anche dal punto di vista economico.
Novecento in cortile, per il curatore la ricerca consolatoria della bellezza
Riprendere l’attività espositiva di opere d’arte dopo un lockdown di più di due mesi durante i quali molti italiani hanno perso la vita, noi tutti siamo rimasti confinati all’interno delle nostre abitazioni e l’economia si è congelata, potrebbe sembrare superfluo, se non poco rispettoso nei riguardi di chi non riesce o non può riaprire le proprie attività – spiega il curatore Bruto Pomodoro -. Esiste invece un aspetto più spirituale, legato indissolubilmente a ciascuno di noi. La ricerca consolatoria della bellezza che l’uomo, già dai tempi della preistoria, ha sempre cercato di rappresentare, riprodurre, reinventare.
È questa una ricerca insopprimibile, che coinvolge ogni aspetto della nostra vita. Dalle rappresentazioni sacre e allegoriche a quelle mitologiche, dalle scene di vita quotidiana ai paesaggi, dalle nature morte alle rappresentazioni delle battaglie, dalle composizioni figurali alle opere astratte in un fluire ininterrotto attraverso i secoli. Nonostante carestie, guerre e pestilenze, non abbiamo mai potuto fare a meno di questi miracolosi “oggetti”, non abbiamo mai smesso di ammirarli, di studiarli, finanche di possederli!
Il dialogo tra forme e realtà circostante
È una mostra, quella dell’ Accorsi figlia indissolubile della pandemia. I due bronzi di Igor Mitoraj, Icaro alato (2000) e Luci di Nara pietrificata (2014), raccontano, attraverso le fratture presenti la situazione dell’uomo contemporaneo con le sue fratture e la sua perdita di identità. Ancora i bronzi di Pomodoro Tensione verticale (1963-64) e Sole deposto (1982) ci portano nel concerto di vuoto e in una fabbrica d’energia senza proprietari. Il Giocare fra figura umana e mondo animale nelle simbiosi plastiche di Ivan Theimer ci ricorda che siamo parti di un tutto. Ed ecco quindi Tobiolo (1999), Tartaruga con montagna (2004), Medusa (2005) e Arione con delfino (2008
Incredibile anche Mercurio (anni ’80) di Arman, la Cavalcata interrotta (1990) di Paolo Borghi e l’Asteroide (2017) di Riccardo Cordero un dialogo tra la forma e la realtà circostante. Tutte opere grandi, imponenti, quasi a ricordare all’uomo che la materia a volte sovrasta, che le leggi della natura sono superiori a quelle degli uomini. Che la realtà circostante può essere modificata ma mai piegata alla volontà umana.