Ray Liotta – Una rapida occhiata ai film dimenticati del bravo ragazzo

Questa settimana abbiamo tristemente salutato uno dei più grandi del cinema americano degli ultimi 50 anni, Ray Liotta, trasversalmente amato da tutti i film maniaci del globo.

Un attore che ricordo fin dai lontani anni 80 in Qualcosa di travolgente, dove il suo personaggio cattivissimo si inseriva alla perfezione nel contesto di una commedia romantica.

Con il passare del tempo il cinema si è poi evoluto, così come le sue straordinarie interpretazioni, arrivando al fondamentale Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese.

Quel piccolo criminale che diventa uno dei più pericolosi gangster del suo quartiere rappresentò una svolta essenziale nel modo in cui allora si costruivano i film di mafia.

Senza dubbio quello fu il punto più alto della sua fama a livello mondiale, ma certamente non fu la fine della sua gloriosa carriera di attore e non soltanto.

Da amante dei videogiochi, ad esempio, come posso dimenticare la sua voce nel doppiare il protagonista del violento e divertente GTA Vice City?

Il suo divertente criminale italo-americano Tommy Vercetti sarebbe diventato uno dei migliori personaggi della saga videoludica di Rockstar.

Sono sicuro che molti altri su internet scriveranno, giustamente, molti articoli su questo magnifico attore nei giorni a venire.

Perciò cercherò di essere molto specifico, parlandovi di tre film con Ray Liotta tra i miei preferiti, ma dei quali oggi ormai si parla poco o niente.

Fuga da Absolom (1994)

no escape 1994 movie

Iniziamo a scavare nell’archivio di Ray Liotta con un bel film di azione, avventura e fantascienza; da sempre uno dei mix di generi che io più preferisco.

L’attore interpreta un valoroso soldato che finisce nei guai dopo una sanguinosa missione con molte vittime civili.

Incapace di accettare l’inutile massacro, uccide il suo comandante colpevole di averlo ingannato con false informazioni.

Per punizione viene condannato all’ergastolo in un carcere di massima sicurezza, dal quale lo mandano poi su una lontana isola/carcere senza guardie.

In quel luogo sperduto vengono spediti i detenuti più pericolosi, lasciati a sè stessi senza controllo a vivere come uomini primitivi.

Inizialmente sembra stia per fare subito una brutta fine, catturato da una tribù di spietati cannibali che vorrebbero papparselo a colazione.

Ma i bruti sottovalutano il suo addestramento militare e l’uomo riesce a liberarsi e fuggire, rifugiandosi nell’entroterra dell’isola.

Qui vive invece una comunità di prigionieri più pacifici, i quali hanno organizzato una piccola città ben protetta dagli assalti dei cannibali.

Tuttavia, anche quel posto non è il paradiso utopico che sembra, con alcuni traditori all’interno che fanno la spia per il direttore del carcere.

Mentre devono difendersi dagli attacchi sempre più brutali dei nemici sulla costa, gli isolani affidano al soldato una missione speciale.

Grazie al suo aiuto, potranno finalmente trovare ciò che serve per attuare un piano di fuga che stanno preparando da tanto tempo.

La prima volta non si scorda mai

Martin Campbell non ha mai avuto particolari grandi successi prima di Casino Royale nel 2006.

L’eccezionale action/spy movie rilanciò il brand di 007 con il nuovo volto di Daniel Craig; che io preferisco agli altri con tutto il rispetto per il gigantesco e compianto Sean Connery.

Fuga da Absolom è uno dei suoi lavori meno conosciuti, incomprensibilmente bollato dallo stesso regista come filmetto mediocre e insignificante.

Per quanto mi riguarda, invece, è una deliziosa variazione sul tema dell’eroe rinchiuso in un mondo prigione; un genere che John Carpenter aveva già brillantemente utilizzato con il cult assoluto 1997: Fuga da New York.

Prima di tutto, Ray Liotta è un protagonista eccezionale, dimostrando di sapersela ampiamente cavare anche nei ruoli d’azione.

Attorno a lui c’è poi un grande cast come ad esempio Lance Henriksen nel ruolo del padre spirituale degli isolani; perpetuamente opposto al malvagio Stuart Wilson che è invece il capo dei cannibali.

Molto bravo anche il giovanissimo Kevin Dillon, un attore che avrebbe meritato sicuramente una carriera migliore; qui come braccio destro rompiscatole del protagonista.

Iniziando come fantascienza distopica con la solita multinazionale bastarda che controlla indiscriminatamente la vita della gente; diventa poi un misto di lotta sociale tra uomini in salsa preistorico/medioevale.

Invece dei ragazzini innocenti lasciati a sè stessi come ne Il signore delle mosche; qui abbiamo dei feroci detenuti già ampiamente abituati alla violenza e l’omicidio.

Il risultato è un film d’azione con dei personaggi forse retorici, ma mai stupidi e banali; esattamente come potremmo dire per la sceneggiatura e le scelte di regia.

A quei tempi poi io ero ancora lontano da interessarmi al cinema di Scorsese; quindi fu il primo film in cui vidi il grande Ray Liotta, perciò per me avrà sempre qualcosa di speciale.

Turbulence – La paura è nell’aria (1997)

Turbulence 1997 movie

Dall’essere un eroe su un isola dimenticata da Dio, passiamo ora a un film dove Ray Liotta è invece uno psicopatico serial killer.

L’attore interpreta infatti un condannato a morte che, assieme a un altro prigioniero, viaggia sotto la sorveglianza di alcuni federali su un aereo di linea.

Ma il volo prende subito una brutta piega, coi criminali che massacrano gli agenti di scorta e poi cercano di uccidersi a vicenda.

Nel caos che segue molti altri passeggeri restano gravemente feriti o uccisi, così come il personale e i piloti dell’aereo.

L’unica che sopravvive è una giovane hostess, un pò timida e impacciata; la quale riesce a isolarsi in cabina lontano dal serial killer.

Nel frattempo a terra la situazione è altrettanto drammatica, con un devastante tornado che si avvicina minacciosamente all’aeroporto di Los Angeles.

Per cercare di gestire la crisi, viene chiamato il detective che aveva dato la caccia e arrestato il pericoloso assassino.

Tra loro esiste da sempre un odio profondo, in quanto pur di incastrarlo il poliziotto aveva piazzato delle prove false sulla scena di uno dei delitti.

Divorato dal rancore verso un sistema che crede ingiusto, il serial killer vuole fare precipitare l’aereo sopra la città; uccidendo quanta più gente possibile.

A quel punto l’unica che ha qualche possibilità di fermarlo è la povera hostess; la quale si trova completamente sola a 5000 metri di altitudine assieme a un maniaco omicida.

Salvati in corner da un serial killer?

Diciamolo chiaro e tondo: pur essendo una produzione da oltre 50 milioni di dollari, senza Ray Liotta questo film varrebbe davvero molto poco.

L’esagerata interpretazione dell’attore trasforma tutta la storia in uno strepitoso one man show; dove l’incazzatissimo protagonista riempe col suo carisma i numerosi buchi di sceneggiatura.

La storia è una sfida continua alle leggi della probabilità cinematografica; seppur in un contesto di action movie dove il pubblico non si aspetta certo il realismo assoluto o una trama di livelli shakespeariani.

Anche la regia non offre particolari spunti di interesse; per mano di Robert Butler che non a caso ha una lunghissima carriera per lo più televisiva.

Ma il faccione di Ray Liotta copre ogni possibile difetto che possiate trovare in questo film, che io non tento neppure di negare.

Inizialmente sembrando un personaggio silenzioso e introverso; una volta in volo sfodera tutta la sua pazzia in una serie di dialoghi irresistibilmente senza senso.

Il bersaglio di tutta la sua ira è il povero Hector Elizondo, poliziotto un pò fesso e imbranato che però è riuscito ad incastrare il serial killer con l’inganno.

Sfido chiunque a non ridere mentre cerca di far ragionare l’assassino alla radio; mentre questi risponde infuriato di voler pilotare l’aereo fino a cacciarglielo su per il culo.

Nel mezzo di questa delirante storia di vendetta ad alta quota abbiamo l’innocente biondina Lauren Holly; una semplice hostess che resta incastrata al volo con il delirante protagonista.

Proprio come il regista, anche l’attrice ha una carriera prettamente televisiva; ma il suo personaggio offre comunque un pò di innocenza alla malvagità generale della storia.

Riassumendo, Ray Liotta salva dal disastro quello che voleva essere una riproposizione anni 90 dei vecchi disaster movies alla Airport; trasformando un pezzo di carbone in un piccolo diamante B-Movie da ripescare dal dimenticatoio.

Narc – Analisi di un delitto (2002)

narc 2002 movie

Dopo due film che ho amato per il mio personale divertimento; parliamo infine di quello che è senza dubbio il miglior ruolo di Ray Liotta dai lontani tempi di Quei bravi ragazzi.

L’attore interpreta un Tenente della polizia di Detroit, il quale viene chiamato per investigare sull’omicidio di un collega infiltrato tra i peggiori spacciatori della città.

Per aiutarlo nelle indagini viene affiancato da un collega il quale un tempo lavorava anch’esso sotto copertura; poi messo a riposo forzato dopo aver ucciso una donna innocente durante una sparatoria.

Mentre i due sbirri battono la città strada per strada in cerca di risposte, devono allo stesso tempo affrontare i loro problemi e drammi personali.

Il Tenente è un uomo incarognito dalla solitudine dopo la morte di sua moglie; mentre l’ex infiltrato è uscito dal suo incarico con una brutta dipendenza dalla droga.

Indagando sulla vita del collega, i due uomini stanchi e induriti dalla vita scoprono un bubbone pestilenziale di corruzione e sfruttamento; di cui il dipartimento farebbe volentieri a meno fosse reso noto.

Ma il vecchio Tenente non ha nessuna intenzione di mollare, in quanto la vittima non era solo un collega ma anche il suo migliore amico.

Decide quindi di farsi strada verso la verità a qualsiasi costo, anche infrangendo ripetutamente le stesse leggi che dovrebbe far rispettare.

Il suo collega però è indeciso se seguirlo fino in fondo in quel lurido pozzo di serpenti; temendo per la sua carriera già in bilico e la sua famiglia che sta cascando a pezzi.

Ma l’indagine si spinge presto oltre il punto di non ritorno, scoprendo che anche la vittima in fondo non era l’eroe che i suoi colleghi vorrebbero dipingere.

I predatori della giungla urbana

Ho letto molti critici e recensioni online che avvicinano Narc al mitico L’infernale Quinlan, uno dei più grandi noir polizieschi della storia del cinema.

In effetti molte scelte di stile richiamano il capolavoro di e con Orson Welles, ma io ci ho visto anche altro.

Mentre lo guardavo, non molto tempo fa sinceramente; ho riassaporato le vecchie atmosfere di corruzione poliziesca di film come Serpico di Sidney Lumet.

Scandalosamente Narc ha trovato ben poca distribuzione nel 2002, in alcuni paesi (come il nostro) addirittura mancando completamente qualsiasi uscita nei cinema.

Forse è per quello che successivamente il regista Joe Carnahan ha virato su action più stupidi e spettacolari come l’insulsa edizione cinematografica del A-Team.

Ma l’anima fredda e sporca di questo film rimane comunque indissolubilmente legata al suo stile; come abbiamo successivamente ammirato nel magnifico The Grey del 2011.

Jason Patric raggiunge senza dubbio l’apice della sua carriera; dopo il suo interessante ruolo in Sleepers e l’estremamente dimenticabile Speed 2.

Ma ancora una volta mi tocca ripetermi; affermando che Ray Liotta è decisamente il faro attorno al quale ruota tutto il resto del cast.

In questo caso però al suo servizio abbiamo anche una regia e una sceneggiatura assolutamente perfette; che esaltano all’ennesima potenza l’inestimabile talento di un raro e prezioso animale del cinema.

Un animale che si muove senza tanti complimenti in una giungla d’asfalto tra palazzoni affollati di tossici e delinquenti; senza essere meglio o peggio dei rifiuti umani su cui indaga.

Narc è un capolavoro di ferocia noir indimenticabile, oltre che il testamento spirituale di uno dei migliori attori degli ultimi 50 anni; qualcuno che faticheremo a dimenticare o sostituire negli anni che verranno.

Augurandomi di avervi aiutato a conoscere meglio questa star straordinaria, vi invito come ogni volta a visitare il mio sito dove parlo di cinema ogni giorno:

logo di fabioemme
Fabio Emme
Fabio Emme
Amante del buon cinema, grande arte che ha sempre fatto parte della mia vita, plasmando il mio modo di essere e vedere il mondo negli anni e aiutandomi a formare la mia cultura. Da quando ho memoria ho sempre letto, scritto e parlato di film e spero vivamente con i miei articoli di aiutare altri a fare altrettanto. Hobby? ...Il cinema, naturalmente!