Le donne di Roman Polański – Un regista geniale e controverso

Roman Polański è un artista di cui non è facile parlare, viste le sue vicissitudini che dividono l’opinione di uomini e donne del mondo del cinema e non da decenni ormai.

Ripercorrendo velocemente la sua vita, la sua infanzia è fatta di sofferenza e privazioni nella Polonia della terribile occupazione nazista.

Dopo la guerra e la liberazione del suo paese, il giovane Polański si fa le ossa con le sue prime esperienze in teatro e al cinema.

Pur non ottenendo grande successo tra il pubblico, la critica lo apprezza e perciò arriva presto alle produzioni di buon budget con attori di richiamo.

Inizia quindi una carriera tra l’Europa e l’America, firmando numerosi indimenticabili successi come Rosemary’s Baby e Chinatown.

Nel periodo tra questi due film tutto il mondo si strinse attorno al suo lutto, dopo il brutale omicidio della moglie Sharon Tate, all’epoca incinta del figlio del regista.

Dieci anni dopo, l’opinione pubblica cambia radicalmente quando una tredicenne lo accusa di averla molestata durante una festa a casa di Jack Nicholson.

Accuse che diverse attrici muoveranno ancora in seguito, arrivando a una recente denuncia nel 2019 per fatti accaduti negli anni 70.

Perciò chi è davvero Roman Polański e cosa dobbiamo pensare di ciò di cui lo accusano, è tutto vero oppure si tratta di donne in cerca di clamore?

E’ difficile prendere posizione senza conoscere perfettamente i fatti, avvolti dall’indecifrabile alone della nostra e altrui interpretazione.

Restando in ambito cinematografico, direi che nessuno può negare il suo immenso talento di sceneggiatore e regista.

Vista la sua controversa storia con le donne, perciò, oggi osserviamo alcuni suoi film dove la figura femminile ha un ruolo preponderante.

1- Repulsione (1965)

Repulsione 1965 Roman Polański donne

Iniziamo con uno dei primi e oggi più sconosciuti film del regista, con protagonista una giovane e bellissima Catherine Deneuve.

L’attrice interpreta una ragazza dall’esistenza molto solitaria, vivendo in un appartamento a Londra assieme alla sorella.

Nonostante sia molto bella e attiri l’attenzione degli uomini, preferisce la tranquilla routine tra casa e lavoro.

Le sue nevrosi peggiorano progressivamente per colpa di un corteggiatore che ogni giorno insiste per avere un appuntamento galante.

Inoltre nel suo appartamento arriva il fidanzato della sorella, la cui presenza costante la disturba profondamente.

L’irritazione sconfina nell’ossessione di volersi liberare di ogni suo oggetto, dai suoi vestiti a un semplice spazzolino fino al rasoio da barba.

Con l’idea di darle modo di abituarsi all’abbandono prima del matrimonio, i due fidanzati partono per una vacanza all’estero.

Ma lasciarla sola sarà un errore fatale che avrà conseguenze devastanti sulla sua mente sempre più instabile.

La ragazza infatti scivola completamente nella psicosi ed è sempre più spesso vittima di orrende allucinazioni.

Dimenticandosi perfino di andare a lavorare, si rinchiude nell’appartamento che diventa letteralmente la sua prigione.

Quando poi il suo spasimante e il proprietario di casa andranno a cercarlo, attraverserà definitivamente la linea della follia senza ritorno.

Primi passi d’autore di un giovane regista

Repulsione è il primo movie in lingua inglese di Roman Polański, che affronta grossi problemi per via di un budget molto limitato.

La storia di una ragazza emotivamente fragile e non compresa dagli altri, infatti, non convinceva appieno i produttori.

Ciononostante il regista li convinse a raddoppiare sia i finanziamenti che il tempo per le riprese e, soprattutto, il montaggio finale che fu estremamente complesso.

Catherine Deneuve, ancora all’inizio della sua carriera, è l’ambigua protagonista in una delle sue migliori e meno conosciute interpretazioni.

Una donna che sfugge agli uomini come alla luce del giorno, nascosta nel suo appartamento o nel salone di bellezza dove lavora.

La sua ritrosia verso il sesso e il contatto umano è la negazione stessa della vita, esplodendo in tutta la follia quando resta completamente sola.

Altrettanto brava è Yvonne Furneaux nel ruolo della sorella, aggiungendo un leggero tono comico a una storia altrimenti molto oscura e inquietante.

Una donna allegra ma anche egoista, incapace di vedere l’alienazione negli sguardi vuoti e i suoi incoerenti momenti di imbarazzante silenzio.

Polanski costruisce un thriller pioniere nel suo genere, ottenendo il plauso della critica ma purtroppo non quello del pubblico.

Infine non mancano poi dei momenti horror, specialmente quando la dolce e smarrita Deneuve prende pericolosamente in mano l’odiato rasoio da barba del fidanzato.

Per il geniale regista polacco Repulsion sarà il primo passo di un percorso per arrivare negli Stati Uniti, dove dirigerà il suo capolavoro Rosemary’s Baby.

Un altro film che riscriverà le regole del horror, aprendo la strada alle grande produzioni per un genere spesso considerato solamente commerciale.

2- La morte e la fanciulla (1994)

La morte e la fanciulla 1994 Roman Polański donne

Saltiamo in avanti di 30 anni con un’altra storia dove le donne assumono un ruolo centrale in film di Roman Polański.

Una semplice cena con il suo avvocato si trasforma in un incubo per un rispettato dottore sudamericano.

Improvvisamente sua moglie lo aggredisce, ricoprendolo di insulti prima di tramortirlo e legarlo ad una sedia.

La donna è stata a lungo prigioniera del regime dittatoriale ormai decaduto, e ha riconosciuto il dottore come uno dei suoi spietati torturatori.

L’uomo ovviamente nega tutto, mentre il marito prende tempo temendo che lei possa ucciderlo seduta stante.

Per provare a farla ragionare, propone un processo dove lui sarà la difesa mentre lei farà sia da giuria che da testimone per l’accusa.

L’avvocato cerca di convincerla che potrebbe aver sbagliato persona e i suoi ricordi potrebbero essere distorti dalla paura e la rabbia delle sue sperienze.

Tuttavia, ascoltando le sue parole su quei terribili giorni di prigionia, anche lui non può che rabbrividire all’orrore che la donna ha dovuto subire.

Quando alcuni dettagli sembrano combaciare con l’identità del dottore, anche lui comincia a sospettare che l’uomo abbia davvero ripetutamente torturato e violentato sua moglie.

Ma il suo incorruttibile senso di giustizia lo costringe a essere obbiettivo, nonostante il desiderio di vendicare le sofferenze della sua donna e le molte altri vittime del regime.

Mentre l’alba di quella lunga notte si avvicina lei sembra irremovibile nel suo giudizio di condannare a morte il dottore, sempre più disperatamente a corto di scuse e spiegazioni.

Il giudizio irremovibile delle donne

Roman Polanski ammalia con l’abilità narrativa portando un dramma teatrale al cinema, sublimando l’eccellenza della settima arte.

Una storia agghiacciante e perfetta, completamente ambientata in una piccola casa con soltanto tre attori in scena.

Eppure questo basta a rivivere la brutalità disumana delle milizie fasciste e naziste, pur svolgendosi in un paese del Sud America non meglio specificato.

Sigourney Weaver è l’inarrivabile protagonista assoluta, forte ma anche vulnerabile, profondamente segnata dalle sue esperienze giovanili.

Senza ombra di dubbio il suo personaggio è una delle donne più complete e complesse mai apparse nei film di Polanski.

L’attrice riesce a essere commovente ma anche divertente perfino quando parla del suo stupro, ridicolizzando il machismo cameratesco dei soldati.

Dal canto suo, Ben Kingsley è perfettamente ambiguo e difficile da decifrare, in bilico tra innocenza e colpa fino al magnifico finale.

L’attore risponde con la sua innata eleganza alle accuse della donna, lasciando solo per qualche momento venire fuori la sua orribile vera natura.

Stuart Wilson è l’ago della bilancia alla disperata ricerca della verità prima che scada il poco tempo a sua disposizione.

Ma pur difendendo il dottore, il senso di colpa per l’umiliazione della moglie lo logora per il rimorso di non averla aiutata.

Senza rivelare nulla del finale, l’ultimo atto sul bordo di un burrone è davvero un quadro memorabile destinato a restare nella storia del cinema.

Certo può sembrare strano, considerato la controversa storia personale di Polanski, ma pochi altri registi hanno affrontato così efficamente il tema degli abusi sulle donne.

3- Venere in pelliccia (2013)

Venere in pelliccia 2013 Roman Polański donne

Se le altre donne dei film di oggi di Roman Polański erano personaggi forti, in questo caso arriviamo a una figura quasi mitologica.

La storia inizia con un regista completamente solo in un teatro, dopo una lunga e insoddisfacente giornata di audizioni.

Alla ricerca di un’attrice protagonista per la sua piece teatrale, l’uomo si è ormai arreso e sta per tornare a casa.

Improvvisamente un’ultima attrice si presenta per le prove, convincendolo con determinata insistenza a darle una possibilità.

Inizialmente scettico e infastidito, l’uomo cambierà rapidamente idea, stupito dalla bravura e dall’intelligenza della donna.

Lei appare presto come l’incarnazione vivente della sua sceneggiatura, basata sull’originale Venere in pelliccia.

Questo fu uno dei primi esempi letterari di sadomasochismo, termine che non a caso prende il nome dal suo autore Leopold von Sacher-Masoch.

Proprio come in questa storia, il regista si lascia sedurre lentamente dall’attrice, la quale sembra magicamente leggere ogni suo pensiero e desiderio.

Il rapporto molto presto devia dall’iniziale ammirazione verso la completa sottomissione dell’uomo verso questa magnetica creatura.

Ma la dea del desiderio e della passione sa essere crudele e vendicativa, trasformando il suo desiderio in una catena senza via d’uscita.

Perdersi tra le braccia di una dea

Se prima avevamo un dramma chiuso tra soltanto tre personaggi, questa volta al regista ne bastano addirittura soltanto due.

Roman Polanski costruisce un trono per una delle donne più meravigliose e inquietanti mai viste nel cinema.

Emmanuelle Seigner è (letteralmente) divina in questo ruolo, per la quale non saprei pensare a una attrice migliore.

Inizialmente sembrando volgare e fastidiosa, assistiamo poi strabiliati alla sua soprannaturale trasformazione in un ammaliante essere sovrumano.

Lo scontro tra uomo e donna si svolge da un dialogo all’altro tra battute, sottintesi sessuali e impliciti e irresistibili ammiccamenti.

Dalla sua parte, Mathieu Amalric è altrettanto perfetto sia come scrittore cinico e sprezzante e poi vittima indifesa totalmente in balia di questa donna.

Il rapporto sadomasochistico raramente viene trattato seriamente nei film, di solito risolvendosi in scemenze come Cinquanta sfumature di grigio.

In questo caso non ci sono scene di sesso e di nudo, eppure la sensualità è molto più presente e opprimente di tutta la trilogia di cui sopra.

Per riassumere, Venere in pelliccia è un insolito e sensuale romanzo di rinuncia, devozione e idolatrante adorazione.

Una trama che è sia ambigua che crudele, analizzando il piacere perverso ma innegabile della sofferenza e l’umiliazione.

Quando si parla di cinema d’autore non posso che pensare a registi come Roman Polanski, attraverso le meravigliose donne di ogni suo film.

Ovviamente parliamo di intrattenimento che richiede il pensiero, impegno e attenzione, ma infine da anche molta più soddisfazione.

Perchè come molti giustamente spesso affermano, il cervello è la più sensibile zona erogena di tutto il corpo umano.

Restando sempre in attesa dellla prossima opera del regista, aspettiamo anche che prima o poi la sua questione giudiziaria internazionale arrivi a una conclusione. A parte questo, come al solito vi invito sul mio sito personale per parlare di cinema e film:

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Fabio Emme
Fabio Emme
Amante del buon cinema, grande arte che ha sempre fatto parte della mia vita, plasmando il mio modo di essere e vedere il mondo negli anni e aiutandomi a formare la mia cultura. Da quando ho memoria ho sempre letto, scritto e parlato di film e spero vivamente con i miei articoli di aiutare altri a fare altrettanto. Hobby? ...Il cinema, naturalmente!