Uova Fabergé, la romantica storia del dono di Pasqua dello Zar

C’era una volta un Re che voleva fare un dono alla sua Regina. Potrebbe iniziare così la storia delle Uova Fabergé. Siamo nel 1885 e lo Zar Alessandro III vuole stupire sua moglie, la zarina Maria Fëdorovna (nata Maria Dagmar di Danimarca), con un regalo splendido per il loro ventesimo anniversario di matrimonio che, quell’anno, coincide anche con la Pasqua. Lo Zar ha un’idea ben precisa nella mente: un uovo pasquale incredibile, mai visto e molto, molto prezioso, in grado di strabiliare la sua amata.

C’è un’unica persona che Alessandro III può chiamare per realizzare questo regalo: il gioielliere Peter Carl Fabergé.

lo zar Alessandro III e la moglie Maria Dagmar di Danimarca foto licenza CC

Nasce il primo uovo Fabergé: 64 millimetri di splendore

Fabergé mette a frutto la sua creatività e nasce l’impensabile. L’uovo replica quello di una gallina per colore e dimensione: di colore bianco con smalto opaco. La struttura è a matrioska , così cara alla tradizione russa. Contiene un tuorlo tutto d’oro, al cui interno si trova una piccola gallina ricoperta d’oro e smalti, per occhi due rubini. All’interno della gallina una miniatura della corona imperiale, che contiene a sua volta un piccolo rubino a forma d’uovo.

il primo delle uova Fabergè – foto licenza CC

Il numero Uno delle Uova Fabergé è alto 64 mm. e con un diametro di 35. Oggi è noto come Uovo con Gallina  o Primo Uovo con Gallina. A supervisionare il tutto, con dettagliate istruzioni da parte dello Zar, il granduca Vladimir Aleksandrovich, fratello di sangue dell’Imperatore. Nelle istruzioni è specificato, tra l’altro, che premendo il collo della gallina e contemporaneamente alzando la sua metà superiore con un’unghia, si deve aprire un piccolo vano con una corona imperiale in miniatura, all’interno della quale devono essere nascosti due ciondoli a forma di uovo in rubino. Inclusa anche una catena per collana in modo che la zarina potesse indossare il ciondolo (oggi, purtroppo, queste due sorprese sono andate perdute).

particolare del primo uovo la gallina d'oro smaltata con gli occhi dirubini immagine CC
particolare della gallina – foto licenza CC

La tradizione delle Uova Fabergé si tramanda tra gli Zar

L’uovo piace talmente tanto che Fabergé è nominato Fornitore di Corte e incaricato di costruire ogni anno un uovo di Pasqua. Due condizioni: ognuno deve essere unico e contenere una sorpresa. Dopo la morte dello Zar, suo figlio ed erede Nicola I continua la tradizione. Ma da quel momento le uova ordinate sono due: una per la madre e una per la sua sposa. Le uova imperiali create dalla casa Fabergé sono in totale cinquanta. Trenta per lʹImperatrice Madre Maria Fjodorovna e venti per lʹImperatrice Aleksandra Fjodorovna. Inizia così, come una favola, la tradizione delle uova Fabergé, che continua non solo fino alla morte prematura di Alessandro nel 1894, ma fino alla caduta dei Romanov (a sola esclusione del 1904 e del 1905, anni della guerra tra Russia e Giappone).

un uovo finemente decorato
foto licenza CC

La celebrazione dei Romanov e della Russia

Dentro le uova Fabergé non c’è solo molta bellezza, ma anche molto simbolismo. Celebrano, infatti, sia la famiglia Romanov sia la storia russa. Qualche esempio tra tanti, l’uovo del 1906, mini replica del Cremlino di Mosca realizzato in onice, oro in quattro colori, smalto verde e bianco. E quello per l’incoronazione dello zar Nicola II nel 1896 con una carrozza reale di Caterina la Grande.

uovo cremlino con la riproduzione del castello
uovo Cremlino licenza CC

Questa tradizione diventa presto una vera e propria moda anche tra le famiglie più facoltose europee. Dalla duchessa di Marlborough alla famiglia di industriali Kelch (da sola ne ordina 12) a quella dei banchieri Rothschild. L’uovo più costoso mai venduto all’asta, infatti, è stato proprio quello della famiglia Rothschild. Battuto da Christie’s nel 2007 e venduto per 16,5 milioni di dollari ad Alexander Ivanov.

uovo con rirtatto imperiale argento blu e inatarsi
foto licenza CC

L’uovo del bocciolo di rosa

Una menzione a parte merita la storia, anche se quella di tutte le altre uova è affascinante e misteriosa, dell’ Uovo del bocciolo di rosa. L’uovo del bocciolo di rosa innanzitutto, è il primo che Fabergé realizza per lo Zar Nicola II, salito sul trono dopo la prematura morte del padre Alessandro III.

L’uovo ha un significato particolare per la zarina Alexandra moglie di Nicola II. La zarina ha solo 23 anni e sente molto la mancanza di casa, in particolare del giardino di rose di Rosenhöhe, Darmstad. E cosi Fabergé realizza quest’uovo di Pasqua con bocciolo in modo da ricordarle il suo amato roseto.

uovo porpora con diamanti e bocciolo di rosa giallo all'interno
foto licenza CC

Alto 7,4 cm e realizzato in stile Luigi XVI, l’uovo è ricoperto da smalto rosso traslucido e diviso orizzontalmente e verticalmente da file di diamanti.
Alle estremità altri due diamanti. Quello superiore tagliato come una lastra sottile attraverso la quale si vede il ritratto in miniatura dello zar Nicola II. Quello alla base riporta la data 1894. L’interno dell’uovo è foderato di velluto e contiene un bocciolo di rosa gialla. Dentro il bocciolo altre sorprese. Una riproduzione della Corona Imperiale russa tempestata di diamanti e un pendente con due rubini a forma di uovo. Queste sorprese sono attualmente ritenute disperse. L’uovo, perso per decenni dopo la confisca del governo provvisorio russo, è stato venduto da Malcom Forbes nel 2004 a  Viktor Vekselberg.

uovo viole licenza CC

Dove sono ora le uova Fabergé?

La prima collezione di cinque uova è stata quella di Lillian Thomas Pratt, negli anni trenta. Nel 2004, il miliardario Malcolm Forbes ha messo all’asta le sue nove uova e altri 180 pezzi Fabergé da Christie’s. Nel 2016, l’oligarca russo Viktor Vekselberg ha aperto il Museo Fabergé a San Pietroburgo con una sua collezione di 15 uova Fabergé: nove imperiali, quattro di Kelch e quattro supplementari.
Delle 50 uova Fabergé realizzate per la famiglia imperiale russa, 43 sono state localizzate. Tra queste tre appartengono a Re Carlo III, una ad Alberto di Monaco.. Sette sono ancora disperse.

Un caso misterioso è quello dell’Uovo Necessaire, questo sarebbe stato venduto nel 1952, per sole 1.200 sterline, sembra in Inghilterra, a un acquirente sconosciuto. Oggi potrebbe valer decine di milioni.

uovo con rosee
licenza CC

Peter Carl Fabergé

Peter Carl Fabergé nasce il 5 maggio 1846. A 24 anni rileva dal padre Gustav un laboratorio di gioielleria a Bolshaya Morskoy Street a San Pietroburgo. Il giovane e audace gioielliere proclama il principio secondo cui il valore di un prodotto è determinato dal valore artistico del modello e dalla lavorazione artigianale, e non dalla ricchezza dei materiali utilizzati. Se l’intero valore delle cose costose sta in tanti diamanti o perle, allora mi interessano poco”, è il motto che guida Fabergé per tutta la sua vita.

Fabergé attribuisce grande importanza alla qualità del materiale e alla tecnologia della sua lavorazione. Per Fabergé, l’oro non è mai solo oro: può essere rosso, bianco o addirittura verde e le combinazioni di colori contrastanti producono gli effetti più inaspettati. Quando Fabergé utilizza scintillanti pietre preziose nelle sue creazioni, queste assumono importanza non tanto per il loro valore quanto per i loro meriti decorativi.

particolare di una decorazione di uova fabergé con numero 8 con perle oro e porpora
foto licenza CC

Lo smalto en plein

La specialità di Fabergé è il cosiddetto smalto “en plein”: un rivestimento liscio di superfici che non perdona il minimo errore. Una combinazione di superfici dorate opache e spazzolate, con contrasti di smalto solido e trasparente attraverso cui si vede il disegno. In alcuni smalti Fabergé crea addirittura l’effetto del cambio di colore quando l’oggetto viene girato. 

Il successo cresce così rapidamente che Carl Fabergé apre i suoi uffici di rappresentanza a Mosca, Odessa, Kiev e poi a Londra. Più di 500 artigiani, nominati personalmente da Fabergé, lavorano nei suoi laboratori. Fabergé ritiene necessario riporre fiducia negli artigiani di alta qualità concedendo loro il diritto di firmare le proprie opere. 

uova di giglio
foto licenza CC

Il segreto della Maison Fabergè, il declino e Victor Mayer

Il principio di base dell’ orafo, ormai famoso in tutto il mondo è semplice: ogni prodotto deve essere realizzato in un laboratorio da un unico artigiano che prende autonomamente tutte le decisioni, dallo sviluppo del design alla lavorazione finale del gioiello. Ciò che esce dalla casa Fabergé non è, quindi, un prodotto senza nome della Casa, ma un’autentica opera del maestro da cui è firmato. 

Durante la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, Fabergé è costretto chiudere tutti i suoi laboratori e lasciare la Russia. Dopo la sua morte in Svizzera nel 1920, i tentativi di rilanciare l’attività, nonostante tutti gli sforzi di suo figlio, non portano al successo. E’ solo nel nel 1989, dopo una lunga ricerca che Victor Mayer (Pforzheim, Germania) è stato insignito del titolo di unico produttore master Fabergé con il diritto di marchiare “VM”.

foto licenza CC

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Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".