L’olmaria, per l’altezza che supera il metro e che la fa svettare sulle altre erbe campestri, è anche detta regina dei prati. Da nobile suo pari, ha addirittura due nomi latini, Filipendula ulmaria Maxim. e Spirea ulmaria L., e appartiene alla famiglia delle Rosacee.
Un piccolo ritratto della regina dei prati
Diffusa in tutta Europa e in Asia, è frequente nei prati umidi, presso i ruscelli e al limitare dei boschi. È una pianta perenne, dal fusto eretto e rossastro. Le foglie bipennate e dentate sono verdi nella pagina superiore e pelose e biancastre in quella sottostante. Quelle inferiori, più grandi, sono composte da 4-5 paia di foglioline e ne presentano una singola, lobata, all’apice. I piccoli fiori, dalle sfumature bianco crema, composti dai soliti cinque petali delle Rosacee, sono riuniti in corimbi, che sbocciano tra maggio e agosto. I frutti hanno l’aspetto di spirali verdi, avvolte su sé stesse, e contengono semini membranosi.
Nel linguaggio dei fiori
Ha un profumo dolce, intenso e caratteristico: quello dei fiori è più delicato, ma anche le foglie schiacciate emanano un odore piacevole e penetrante. Per questo, nel linguaggio dei fiori, i corimbi dell’olmaria simboleggiano il corteggiamento mentre le foglie annunciano il matrimonio. Durante il Medioevo, si credeva che il profumo della regina dei prati inducesse un sonno tanto profondo da non permettere al dormiente di risvegliarsi. Si evitava pertanto di metterne i fiori nei vasi destinati alle camere da letto.
In Irlanda, dove l’olmaria è argento prezioso
La regina dei prati era considerata dai druidi una pianta sacra, le cui foglie permettevano di tingere di nero i tessuti. Le radici, invece, servivano per conciare le pelli. Conserva un antico nome irlandese, molto poetico: An tAirgead luachra. Possiamo tradurlo in italiano come “argento prezioso” ed evoca l’aspetto brillante dei suoi fiori e delle sue foglie nel verde della campagna. Nella tradizione irlandese più recente, è un’erba legata al matrimonio: i suoi fiori, infatti, venivano lanciati agli sposi, sul sagrato della chiesa. Da qui il soprannome inglese di bridewort, che rende onore alla sposa.
Inoltre, nel giorno di san Giovanni Battista (24 giugno), c’è la credenza che l’olmaria abbia il potere di rivelare l’identità di un ladro. Basta adagiarne un piccolo corimbo sull’acqua: se galleggia, a rubare è stata una donna. Se, invece, va a fondo, il furto dev’essere per forza stato commesso da un uomo.
Regina dei prati e Regina d’Inghilterra
Forse non tutti sanno che l’olmaria era il fiore prediletto di Elisabetta I Tudor, regina d’Inghilterra. La Regina Vergine ne adorava il profumo e le dame di Corte, per compiacerla, cospargevano con i fiori i pavimenti delle sue stanze private. Ma Elisabetta, quando era stagione, ordinava che ci fossero vasi fioriti di olmaria anche nei saloni di rappresentanza. Era convinta che il suo profumo dolce e persistente annullasse gli odori poco gradevoli, dovuti alla scarsa igiene personale dell’epoca.
L’olmaria in fitoterapia
Come già anticipato, uno dei due nomi latini della regina dei prati è Spirea ulmaria L. Non vi ricorda nulla? Non vi sembra che assomigli a quello di un farmaco famoso? In effetti, l’aspirina trae il suo nome proprio dalla nostra olmaria. E non è un caso, dato che contiene naturalmente un olio essenziale con aldeide salicilica e metilsalicato. In altre parole, tra i suoi principi attivi troviamo l’acido salicilico, oltre a glicosidi flavonici, mucillaggini, tannini, ferro, zolfo, calcio e vitamina C.
Negli ultimi due secoli, gli studi clinici sono stati notevoli e ci hanno condotto a un farmaco di sintesi. Ma ci piace ricordare quelli un po’ meno noti, come la ricerca ottocentesca di Tessier, che la utilizzò quale diuretico per pazienti che soffrivano d’idropisia. O come gli eccellenti risultati che, nel secolo scorso, ottenne Henry Leclerc nella cura del reumatismo articolare acuto. Decaux la studiò per contrastare l’artrite e Parturier la ritenne rimedio assai efficace contro la cellulite.
Il tè di regina dei prati
Purtroppo la pianta essiccata perde in parte i suoi principi attivi, quindi sarebbe meglio usare foglie e fiori ancora freschi. Si prepara esattamente come un tè, versando mezzo litro d’acqua bollente in una teiera che contenga due cucchiai rasi di droga. Non conviene far bollire l’olmaria, per non eliminare l’acido salicilico e i salicati. Si lascia in infusione per un quarto d’ora e si beve lungo la giornata, meglio lontano dai pasti, essendo un diuretico. Anzi, si tratta di un ottimo diuretico, uno dei migliori presenti in natura.
Giova nella cura di tutte le ritenzioni idriche dell’organismo (idropisia, edemi, asciti, cellulite), e giova a chi soffre di reumatismi, artrite e insufficienza biliare. Ha proprietà sudorifere e febbrifughe, utili negli stati influenzali. È un tonico del cuore e dell’apparato digerente e aiuta anche come sonnifero, pur senza arrivare al sonno eterno temuto dai nostri antenati medioevali.
Foglie e fiori: altri usi
Le foglie fresche tritate sono un valido lenitivo, se applicate in cataplasma su scottature, tagli e ulcere. I fiori, infine, sono da sempre usati nelle campagne per aromatizzare i vini dolci come il moscato. Per conferire a ogni sorso gustato un profumo antico e unico.