Allevamenti intensivi: esenzione dell’Ue dalle norme sull’inquinamento industriale

I legislatori europei hanno concesso ai più grandi allevamenti intensivi l’esenzione dalle norme UE sull’inquinamento industriale: un duro colpo per il clima, per la tutela dell’ambiente e per la stragrande maggioranza degli allevatori in Europa che arriva con la decisione di Parlamento UE, Commissione UE e governi nazionali di escludere i più grandi allevamenti intensivi di bovini e buona parte dei grandi allevamenti intensivi di suini e avicoli dalla revisione della direttiva sulle emissioni industriali dell’UE (Direttiva IED). 

Le lobby del settore zootecnico, insieme ai deputati liberali, conservatori e di destra della Commissione agricoltura UE, sono riusciti a bloccare qualsiasi ampliamento del campo di applicazione della Direttiva sull’inquinamento industriale, sostenendo che le revisioni proposte avrebbero colpito negativamente i piccoli e medi allevamenti bovini europei. Dichiarazioni non supportate dai dati, dal momento che le proposte sul tavolo dei negoziati riguardavano appena l’1% di tutti gli allevamenti di bovini in Europa e solo quelli più grandi e più inquinanti.

«Abbiamo assistito a una farsa. Gli interessi delle grandi aziende del comparto zootecnico insieme all’ala conservatrice delle istituzioni UE hanno raccontato una realtà parallela, quando era chiaro che oltre il 99% di tutti gli allevamenti di bovini europei non sarebbe stato interessato dalla revisione», dichiara Federica Ferrario, responsabile della campagna agricoltura di Greenpeace Italia. «Bisogna chiedersi perché i decisori politici abbiano lottato così duramente per dare una “licenza di inquinare” a un pugno di maxi-allevamenti, i più grandi e più inquinanti in assoluto, mentre le aree rurali dedicate alla zootecnia intensiva sono invase da tonnellate di liquami che inquinano acqua, suolo e aria». 

Scadenza 31 dicembre 2026

L’applicazione della direttiva per gli allevamenti di suini riguarda tutti, anche quelli che contano più di 1.200 animali (finora la soglia era a 2000), ad eccezione degli allevamenti di suini biologici o gestiti in modo estensivo. Poco cambierà per gli allevamenti avicoli: rimane invariata la soglia di 40.000 polli da carne, prevista dalla direttiva finora in vigore, mentre per le galline ovaiole si abbassa a 21.500.

Entro il 31 dicembre 2026 la Commissione europea dovrà valutare quali azioni saranno necessarie per gestire le emissioni inquinanti del settore zootecnico europeo, compresa l’eventuale inclusione degli allevamenti di bovini nella normativa.

Troppo poco e troppo tardi, dato che la produzione agricola dell’UE è responsabile da sola del 93% delle emissioni di ammoniaca e del 54% di quelle di metano legate all’attività antropica in Europa, e che la maggior parte di queste emissioni proviene proprio dagli allevamenti intensivi. La produzione zootecnica è anche responsabile del 73% dell’inquinamento idrico derivante dalle attività agricole dell’UE. Considerato che la normativa finora in vigore copriva solo il 18% delle emissioni di ammoniaca e appena il 3% di quelle di metano del settore zootecnico, poco cambierà con le timide modifiche decise questa notte. 

«L’accordo raggiunto è un autogol per la protezione della nostra salute e quella dell’ambiente, ma anche per tutte quelle piccole e medie aziende agricole che avrebbero tratto solo un vantaggio competitivo dall’imposizione di limiti più stringenti agli allevamenti intensivi più grandi e industrializzati. Sicuramente una decisione che non avvantaggia il tanto sbandierato “Made in italy”»,  conclude Ferrario.

L’accordo raggiunto dal Parlamento europeo, dalla Commissione europea e dai governi nazionali dovrà ora essere formalmente approvato dal Parlamento europeo e dai ministri degli Stati membri.

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