Cesare Pavese “Ciau Masino”, Capricorno inaugura Capolavori ritrovati

“Ciau Masino” è la prima opera compiuta di Cesare Pavese. Dopo più di cinquant’anni di assenza dalle librerie, Capricorno ripropone la prima affascinante prova narrativa del «giovane» Pavese nella sua integralità originaria.

Ciau Masino, concluso nel 1932 da un Pavese ventiquattrenne, e iniziato con ogni probabilità nel settembre dell’anno precedente, aspetta circa 30 anni la sua prima pubblicazione . La versione integrale dell’opera, infatti, è pubblicata da Einaudi nel 1968, e mai più riproposta come opera autonoma, ma solo in un volume di Racconti.

Il libro si dipana in brevi racconti suddivisi, due alla volta, da una poesia che serve sia come intercalare sia per dare ritmo e scansione del racconto

Ciau Masino tanti i richiami autobiografici di luoghi e della personalità di Pavese

“Ciau Masino” racconta le vicende del giovane giornalista torinese Masino e dell’operaio Masin, che viene dalle colline di Langa. Un testo ordito con racconti paralleli che disegnano destini incrociati e individuano le tematiche che saranno al centro dei capolavori della maturità.

In Ciau Masino sono presenti numerosi richiami autobiografici come Santo Stefano Belbo, le Langhe, il Po, le colline di Torino. I protagonisti, in fondo, rappresentano i due aspetti della personalità di Pavese. Il piacere dell’evasione intellettuale di Masino, e l’incapacità di mettere radici in uno specifico ambiente sociale con la tendenza all’isolamento dell’operaio Masin.

Settembre tempo di vendemmia nelle langhe, le colline e in cima alla collina il paese di Barolo
Paesaggio delle Langhe – foto licenza CC

Un senso di non appartenenza che lo scrittore Massimo Tallone esprime molto bene nella sua postfazione al libro. “Com’è spesso accaduto a chi ha cominciato troppo presto a soffrire e di conseguenza a pensare, anche Cesare Pavese ha lottato per tutta la sua vita con un nemico: il senso dell’appartenenza. Non ha mai potuto o voluto trovare per davvero una patria, né dentro di sé né altrove. E, per quanto abbia provato «ad appartenere» o abbia «provato a provarci», che forse è formula più acuta e centrata, e l’abbia fatto sempre con il massimo impegno, ogni volta si è scontrato con la delusione, rapida, cocente e per di più prevista, anticipata. A lui è toccata la condanna di non poter appartenere, ed è condanna condivisa con un numero elevato di scrittori, quelli più intrisi di potenziale umano, almeno”.

Un opera sperimentale

L’opera può considerarsi sperimentale non solo per l’alternanza tra prosa e poesia ma anche per l’utilizzo del dialetto applicato nelle parti dialogate. «La sua opera più sfaccettata e sfacciata”, scrive ancora Tallone «ardita nella struttura che allude al caleidoscopio di racconti, tutti autoconclusi e pur concatenati; libera nel palleggio fra prosa e stacchi in versi; sfrontata nell’uso dei dialetti».  Un libro lirico e potente, una prosa asciutta, esistenziale.

panorama torino foto licenza cc
Torino vista da Villa Genero, licenza foto CC

Capricorno inaugura la collana Capolavori ritrovati della letteratura

Il progetto della collana ‘Capolavori ritrovati’ ha preso forma circa un anno fa- spiega Roberto Marro editor di Edizioni Capricorno -, ma in realtà ha origini ben precedenti. Nasce dal fatto che, per molti anni e per i casi più strani del lavoro e della vita, mi sono spesso imbattuto in testi letterari di assoluto valore, opere di grandi autori, divenuti ormai da tempo irreperibili sul mercato editoriale italiano. Ogni titolo della collana ha così una storia a sé: spesso si tratta di testi pubblicati a cavallo tra Ottocento e Novecento, anche di straordinario successo al momento della loro uscita, ma che poi nei decenni gli editori hanno per le più varie ragioni «dimenticato» (ingiustamente, secondo me).

Il mondo editoriale italiano è pieno di grandi libri «scomparsi». Ecco, ci sembrava giunto il momento di riproporre alcuni di questi testi narrativi, quelli che giudicavamo più meritevoli, più adatti al momento culturale ed editoriale in cui viviamo. Un’operazione di riscoperta (ma per molti si tratterà di una scoperta tout-court) che per Capricorno s’inserisce in un impegno crescente nel settore della narrativa, noir e non solo.

Perché iniziare proprio con Ciau Masino di Cesare Pavese?

E’ stata una scelta naturale e quasi obbligatarisponde Marro – Anzitutto, in virtù di una mia passione ormai antica per l’autore, nata come per molti in epoca adolescenziale e da allora mai sopita. Poi perché mi sembrava (mi sembra) incredibile che la prima prova di uno scrittore essenziale per il Novecento italiano come Pavese non fosse stata letta quasi mai, e quasi da nessuno.

Come libro a sé, autonomo, prima di oggi è stato pubblicato una volta sola, da Einaudi e nel lontano 1968. Se ci si pensa, è abbastanza incredibile, soprattutto perché (ed ecco la terza ragione) è un bellissimo libro, che anticipa con grande brillantezza le opere successive, quelle che tutti hanno letto. È un’opera che utilizza una lingua potente e scabra, che non teme nemmeno di giocare con il dialetto. Un Pavese sorgivo, e però già un Pavese a tutto tondo. Insomma, per Capricorno un inizio col botto, programmatico, perfetto per spiegare i presupposti concettuali della collana.

E dopo Pavese cosa proporrà la collana dei Capolavori ritrovati?

Guido Gozzano (altra radicata passione, mia e dei torinesi), Edmondo De Amicis, Carolina Invernizio e la prima detective story al femminile della letteratura italiana… E altri titoli stanno bollendo in pentola. La letteratura italiana è ricchissima di gemme dimenticate: basta tirarle fuori.

Cesare Pavese foto licenza CC

Cesare Pavese

Santo Stefano Belbo, 1908 – Torino, 1950 è stato narratore, poeta, traduttore, critico letterario, anima della casa editrice Einaudi dal 1934 fino alla morte. Tra i suoi romanzi più importanti: Paesi tuoi (1941), La spiaggia (1942), Il compagno (1947), La casa in collina (1948). La luna e i falò (1950), La bella estate (trittico di romanzi brevi: La bella estate, Il diavolo sulle colline, Tra donne sole, Premio Strega 1950). Tra le raccolte poetiche: Lavorare stanca (1943) e Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1951). Il suo diario, Il mestiere di vivere 1935-1950, è stato pubblicato postumo nel 1952 a cura di Massimo Mila, Italo Calvino e Natalia Ginzburg.

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Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".