Coniolo, storie di miniera: vene di vita nel buio

C’è un piccolo paese in provincia di Alessandria che si chiama Coniolo, precisamente Coniolo Monferrato. Qui la terra non è come tutte le altre. Qui, se si scava, si arriva ai tunnel delle miniere, quelle di marna. Quelle dove centinaia di anime, per anni, hanno fatto scorrere le loro vene di vita dentro il buio dei corridoi profondi. Coniolo è dunque una memoria storica di un’attività che ha fatto del territorio, e della vicina Casale Monferrato, la capitale nazionale dal cemento dai primi del Novecento, fino al 1964/65. Anni in cui avviene la rinuncia alle concessioni minerarie e di conseguenza la loro chiusura.

Da poco, gennaio 2023, è scomparsa una memoria storica del luogo: Renzo Martinotti. Figlio di un assistente alle miniere, conosceva molto bene la vita durissima dei minatori e delle miniere di Coniolo. Appassionato ricercatore, ha contribuito alla realizzazione del volume “Storia mineraria di Coniolo e ha contribuito all’allestimento del museo etnografico. il museo in cui si racconta che il lavoro della miniera è principalmente una storia di uomini e di anime. Di uomini che si sono calati in questi solchi profondi per la maggior parte della loro vita. O che hanno affrontato sacrifici, oggi quasi impensabili, per mantenere se stessi e le loro famiglie.

Oggi raccontiamo qualcuna di quelle storie, e anche cosa è accaduto a quella miniera.

Carrello usato nei tunnel

Coniolo – Zoalengo venticinque chilometri in bici per raggiungere la miniera

Ruolo paga degli anni Trenta di Michele Rota impiegato nella miniera di Coniolo con foto depoca del minatore in bianco e nero.
Il ruolo paga da minatore di Michele Rota su concessione della figlia Anna

Mio padre, Michele Marco Luigi Rota, detto Gino, negli anni 30 abitava a Zoalengo, frazione di Gabiano“, ci racconta la figlia Anna. “A quell’epoca aveva poco più di 21 anni e ogni giorno, per diversi anni, ha percorso i venticinque chilometri che separavano Coniolo da Zoalengo in bicicletta. Venticinque all’andata e venticinque al ritorno. Totale di 50 chilometri: con qualsiasi tempo. In mezzo ai due venticinque chilometri di bicicletta c’era il lavoro: l’estrazione della marna nei tunnel della miniera. Anche mio zio Francesco ha lavorato in miniera a Coniolo, addirittura mentendo sugli anni, perché sarebbe stato troppo piccolo per lavorare”.

Non ho ricordi diretti del periodo della miniera. Una cosa però ricordo con precisione: mio padre, anche negli anni successivi, quando ormai aveva lasciato da tempo il mestiere di minatore, non amava parlare di quel periodo“.

Insieme ad Anna ci siamo recati a Coniolo, dal sindaco Arles Garelli, per donare al locale Museo Etnografico delle Miniere, un documento importante: il ruolo paga di Rota Michele, minatore. 80 ore di lavoro, sabato compreso, per 153 lire. Al netto delle trattenute.

Il museo etnografico della miniera

il sindaco di Coniolo Arles Garelli con Anna Rota nel momento della donazione del documento del minatore Michele Rota al Museo
il sindaco di Coniolo Arles Garelli con Anna Rota nel momento della donazione del documento del minatore Michele Rota al Museo

“Tutto il materiale presente all’interno di questo museo è stato recuperato dai Coniolesi che con grande passione e devozione hanno lavorato per l’apertura di un luogo di memoria storica. Addirittura una famiglia ha ricostruito, tramite un plastico qui esposto, il vecchio paese di Coniolo. L’intera visita del museo, che dura circa 45 minuti , spiegazioni e guida inclusa, è aperta a tutti ed è completamente gratuita. E’ meta per scuole ma anche di turismo. In periodo pre-pandemia avevamo almeno un pullman la settimana di visitatori. Ora, pian piano, stiamo ricominciando“.

Così inizia il suo racconto il sindaco Garelli, ed è proprio con lui che entriamo e facciamo il giro del Museo delle Miniere. Un percorso che mette in luce come davvero tutto un paese sia coinvolto in questa memoria storica. Un comune, Coniolo, che conta oggi 450 abitanti, ma che per anni è stato il fulcro dell’attività del Monferrato su cui si poggiava la maggior parte della produzione cementifera italiana. Un territorio minerario che comprende, oltre Coniolo, Ozzano, Quarti (frazione di Pontestura), Vialarda e Rolasco (frazioni di Casale Monferrato). E poi ancora San Giorgio Monferrato, Sant’Anna (località di Casale Monferrato) e Brusaschetto.

Le cave: dalle origini preistoriche al dopoguerra

Le miniere di Coniolo hanno origini antichissime, partono da milioni di anni fa. Dai tempi della trasformazione dell’Oceano Ligure Piemontese in quella che è ora la pianura Padana. Tutto questo permette, già a partire dal 1500, l’attività estrattiva della pietra da calce, così come testimoniano molti documenti dei Marchesi di allora: i Fassati. E’ solo però a partire dal 1800 che è permesso, a chiunque possieda un terreno, di eseguire attività estrattiva di oro e pietra da calce. Nella metà dell’Ottocento risultano quindi, attive sul territorio, circa 21 miniere. Sono per lo più miniere a cielo aperto, e il trasporto avviene in maggior parte su via fluviale, tramite il Po, specialmente a Coniolo.

Dalla fine dell’Ottocento inizia l’attività estrattiva vera e propria, quella sotterranea. Grazie anche all’evolversi dei macchinari, come lo squadro agrimensore, nel 1884 Coniolo conta 9 imprese di estrazione dal sottosuolo. Si avvia a grandi passi il nuovo sviluppo. “Con l’inizio dell’attività estrattiva la situazione delle famiglie coniolesi migliora di molto. Hanno quasi tutti un doppio lavoro. Pur mantenendo la coltivazione delle loro terre, le cave permettono loro di arrotondare lo stipendio con l’attività da minatore“, spiega il sindaco. Una tabella mostra che, al termine dell’attività estrattiva, avvenuta negli anni Sessanta, il territorio coniolese contava più di 40 chilometri di gallerie, su più livelli sovrapposti, alcune di queste scavate anche a 150 metri di profondità, sotto il livello del Po.

Tunnel di estrazione e di ritirata

All’interno del Museo troviamo anche la ricostruzione di un tunnel da estrazione. Uno di quelli che prima, durante lo scavo, veniva rinforzato con travi di legno alle pareti, poi, in “ritirata”, liberato dal legname. Questa operazione implicava il crollo della marna dal soffitto, che veniva raccolta successivamente.

La pietra più tenera era perforata a mano, con mazza, mazzette, piccone, leve, pistolotti e palanchini. Ai fori più lunghi, circa 5 centimetri, lavoravano due minatori. Un operaio ruotava e sosteneva il pistolotto, l’altro batteva con la mazza con un ritmo di circa 30 colpi al minuto. La perforatrice automatica arriverà solo al termine dell’attività delle miniere: poco dopo la metà del Novecento.

Operai in miniera durante l'estrazione. For in bianco nero dell'epoca con persone che estraggono la marna con escavatore meccanico
Operai al lavoro, per concessione Museo della Miniera di Coniolo

Anche i bambini vanno in miniera!

Ma non solo gli adulti, anche i bambini erano impiegati nelle miniere. Infatti la legge 11 febbraio 1886, n. 3657, o legge Berti, rimasta in vigore fino al 1902, , fissava a nove anni il minimo per essere ammessi al lavoro. Limite da elevare a 10 anni per cave e miniere e a 15 anni per i lavori insalubri o pericolosi. Indicava anche in dodici anni, l’età minima per il lavoro notturno, per un massimo di otto ore lavorative. Lo Stato non si occuperà mai di nominare una commissione di ispettori per verificarne il rispetto.

È Solo nel 1904 che si pensa di contrastare il fenomeno mediante l’elevamento dell’obbligo scolastico, dai 9 ai 12 anni. Questa legge, tuttavia, è disattesa dagli imprenditori e anche dalle famiglie, troppo legate economicamente alla ulteriore fonte di reddito garantita dall’impiego dei bambini.

Il Museo etnografico di Coniolo è memoria storica anche della condizione del lavoro minorile. Infatti, oltre a contenere fotografie in cui vengono immortalati minori, toviamo appesi anche gli “scafarot”, cioè gli scarponcini dei piccoli minatori.

La produzione giornaliera richiesta : 10 vagoni a testa

Dovevamo fare una produzione minima di 10 vagoncini a testa. Erano circa sui 10 quintali l’uno. Scendevamo con maglie di lana, calze lunghe di lana, gli scafarot e l’elmetto in testa. Ma l’elmetto non era obbligatorio e quindi a volte scendevamo con dei cappelli di carta che facevamo noi stessi“. Questo, e molto altro, raccontano i minatori intervistati in un video presente all’interno del museo.

Nessuno di quei minatori è ancora in vita, ma rimangono impresse come macigni le cifre. Raccontate come se nulla fosse, con la tranquillità del tran tran quotidiano. Dieci vagoncini da dieci quintali l’uno. Un totale di 10.000 chili di marna ciascuno. Tutti i giorni. Chilometri in bicicletta esclusi. Con un cappello di carta in testa.

Attrezzi e punte da scavo

La miniera era anche “metropolitana”

Ma le storie della miniera contengono anche storie allegre, di ingegno e spirito umano. “Uno di questi minatori che abbiamo intervistato per il Museo aveva la fidanzata di Morano – racconta sorridendo il sindaco –. Per andarla a trovare, da Coniolo, doveva fare il giro da Casale Monferrato. Tutto questo in bicicletta. Allora, per evitare un po’ di fatica, quelli della manutenzione della miniera gli agganciavano il vagoncino e lo spedivano a Morano. La parola d’ordine da Coniolo per avvisare l’altro paese era: ‘arriva un carico speciale’. A una certa ora della sera poi veniva rispedito indietro“.

Ma c’è un’altra memoria storica dei vagoncini usati come una moderna metropolitana. È la memoria di un altro sindaco, Domenico Priora, primo cittadino di Gabiano. “Le mappe della miniera raccontano una storia incredibile. C’era una galleria, di quelle alte, che partendo da Coniolo arrivava fino a Ozzano. E questa veniva utilizzata dalle famiglie proprio come una piccola metropolitana. Nel senso che le mogli con i mariti salivano sul carrello della miniera a Coniolo e, spingendo a mano, arrivavano a Ozzano. Qui, facevano spese e acquisti che poi caricavano di nuovo sul carrello per il rientro a Coniolo”.

Una storia di sofferenza e sacrificio

ricostruzione plastica dei tunnel

L’epopea della miniera di Coniolo è una storia straordinaria durata circa 70 anni continua Priora-. É la storia di gente che ha sofferto, che a volte è anche morta per la miniera. Infatti, non a caso, la qui vicina chiesa di Torcello Monferrato, i cui i rintocchi, allora, erano simbolo di disgrazia, è dedicata a tutti i minatori morti. Le condizioni di vita erano spaventose. È stata sfruttata al limite. Ha causato il crollo della vecchia Coniolo per l’avidità senza limiti dei proprietari della concessione mineraria che aveva portato gli scavi fin sotto il paese. Questo fece sì che tutta Coniolo a un certo punto crollò. E fu ricostruita su un altura a fianco: da lì il nome del ‘paese che visse due volte’.

Ho conosciuto personalmente un minatore che di cognome faceva Furlan, sindacalista all’interno della miniera. – continua Priora-. Molte volte mi ha raccontato questo aneddoto in cui il dirigente del tempo gli chiede: ‘Ma lei Signor Furlan se dovesse scendere con una scatola di fiammiferi scenderebbe? (Cosa ovviamente pericolosissima). Al che Furlan risponde:’ Guardi se dovessi scendere con una scatola di fiammiferi sarebbe ancora la cosa meno pericolosa viste le condizioni in cui ci fate lavorare.Pochi attimi dopo Furlan è licenziato in tronco. Passerà poi il resto della vita raccogliendo la ghiaia sulle rive del Po”.

il grafico dei tunnel minerari

Un patrimonio storico abbandonato

Le miniere di Coniolo, pur con tutto il loro patrimonio storico, sociale e umano fuso all’interno dei tunnel, non sono visitabili. Eppure sarebbero una ricchezza culturale e turistica per il territorio non indifferente. Oltre che una testimonianza tangibile per le nuove generazioni, per i turisti, per chi ha sete di storia. La continuazione di una memoria storica molto importante: del territorio e del nostro Paese. Abbiamo chiesto a i due sindaci, Priora e Garelli, il motivo.

Avevo proposto ai tempi in cui ero Assessore in Provincia di recuperarne un tratto di circa 100 metri – dichiara Domenico Priora, attuale sindaco di Gabiano -. Un tratto di una delle gallerie più in superficie, già con i mattoni, non così difficile e dispendioso da recuperare. Anche ai fini turistici sarebbe un ottimo punto di attrazione culturale. Pensiamo a tutti i recuperi che sono stati fatti. Prima di tutto in Piemonte stesso, alla miniera di talco della Val Germanasca, o a quelli esteri delle miniere in Alsazia e Boemia.

Domenico Priora, sindaco di Gabiano
Cosa è andato storto nella sua proposta di allora sindaco Priora?

Essenzialmente, dato che era una proposta presentata a fine mandato, credo che chi mi ha succeduto non nutrisse interesse per portare avanti il discorso. Ha compiuto altre scelte. Io, dal punto di vista turistico, invece è una scelta che avrei fatto. Innanzitutto perché l’epopea di queste persone meritava di essere ricordata e, secondariamente, perchè sottolineo che rappresenta una potenzialità turistica vera.

Aveva presentato un progetto concreto?

Assolutamente si. Si trattava di un progetto, costato allora circa 5.000 euro, commissionato ad un architetto che prevedeva la rivalorizzazione e il recupero di una galleria e di un pozzo. Il progetto è arrivato in provincia verso la primavera del 2009. Io, appunto, stavo finendo il mandato per cui non ho potuto portarlo in discussione in Giunta. Tecnicamente è stato prodotto ma non discusso. L’ho lasciato sulla scrivania del mio successore. Che fine abbia fatto non so. Penso sia stato archiviato.

Sono visibili sul territorio anche altre costruzioni afferenti alla miniera?

Ci sono ancora oggi, nel tratto di statale che percorre la collina tra Pontestura e Casale a distanza di circa 200 metri dalla strada, delle costruzioni, alte circa una decina di metri, che stanno letteralmente cadendo a pezzi. Quelli erano gli ingressi dei vari pozzi. Dove gli ascensori scendevano nel sottosuolo. Oltretutto non sono nemmeno segnalati, anche solo come spiegazione a titolo turistico.

Arles Garelli :abbiamo cercato di recuperare quanto possibile per il Museo

Della miniera oggi sono visibili le entrate: tutte murate – dichiara il sindaco di Coniolo Arles Garelli -. A livello turistico e visitabile non c’è niente. Siamo entrati nella miniera tramite una galleria che serviva solo come trasporto, e qui abbiamo cercato di recuperare quanto più materiale possibile per portarlo qui al Museo. Tutto ciò che si vede, tranne qualche pezzo, arriva da lì. Attualmente non esiste nessun piano di recupero. Anzi, la proprietà dei terreni sotto cui si snodano le miniere non ci permette di entrare“.

Quindi sindaco in pratica la miniera è ormai diventata proprietà pubblica, ma i terreni sotto cui sorge sono privati?

Esattamente. Noi non abbiamo la proprietà dei terreni. E la proprietà attuale non ci permette di entrare nel suo territorio. Il vecchio proprietario invece permetteva il transito sui terreni, per cui avevamo anche istituito delle manifestazioni importanti. Una gara nazionale di corsa mountain-bike e motocicletta, i campionati regionali di mountain-bike, una corsa podistica, ed era in programma anche una gara nazionale di mountain-bike. Nessuno ovviamente entrava in miniera. Attraversarne a livello sportivo i terreni soprastante era però un modo per rendere omaggio e ricordare. Da circa due anni invece, dopo che è subentrato l’erede del vecchio proprietario, ci è stato proibito. A livello turistico e di immagine, abbiamo perso moltissimo.

Vi è stata motivata la proibizione al transito sui terreni?

Da quello che abbiamo capito non vuole avere responsabilità. Parla di sicurezza. Noi avevamo anche proposto alla proprietà di fare percorsi podistici in assoluta sicurezza, ma non siamo arrivati neanche a discuterne.

Il museo é sempre aperto

Quello che colpisce di questo piccolo Museo, è la passione e l’impegno con cui è stato costruito. Il rigore storico, la ricchezza dei documenti presenti. La ricostruzione quasi maniacale della galleria, costata ore e ore di riunioni, di fatica, di tempo, di sforzo della memoria dei minatori.

Coniolo è un luogo in cui è passata la storia e ha lasciato solchi profondi, nella terra e nelle anime. È un luogo da visitare.

Anche se la miniera è chiusa, anche se sul suo terreno non si può più passare. Anche se il progetto di recupero è stato dimenticato su una scrivania, vittima inconsapevole di un passaggio di consegne tra due amministrazioni diverse.

Ma nonostante tutto e tutti, il Museo di Coniolo, invece, è sempre aperto. Basta telefonare e, come dice il sindaco, “qualche volontario che apre e spiega si trova sempre. Anche di sera“.

Noi infatti l’abbiamo trovato.

insegna del museo di Coniolo

può interessarti leggere anche

Il museo dello spazzacamino. I “rusca” della Val Vigezzo.

Digitalizzazione glocal: il Monferrato esempio di innovazione tecnologica

Maria Iaccarino una libraia in tempi moderni, una storia di “Libri on the road”

Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".