Coronavirus musica e arte: Cristo si è fermato a Sanremo

Cristo si è fermato a Sanremo. Non voglio sembrare blasfemo e potrà sembrare banale, parlarne in questo periodo di isolamento forzato, per nulla rispettato (scusate la rima), dovuto al Coronavirus. Ma è proprio così, purtroppo. Per il Coronavirus, musica e arte si sono fermate almeno “pubblicamente”.

E’ passato poco più di un mese, cinquanta giorni di calendario, e sembra un’eternità.

C’era una volta il Festival

I teorici del complotto, i più critici, troveranno sicuramente pane per i loro denti, se affermo che, giusto agli inizi di febbraio, già si sapeva di questo virus, dalla Cina arrivavano notizie inquietanti, e nulla, dico nulla, è stato fatto a livello di prevenzione. Coronavirus, musica e arte hanno convissuto per qualche mese.

Il virus viaggiava già, usando ogni mezzo a disposizione, treno, aereo, autobus o auto che sia. Circolava sommesso, furtivo e si sapeva. Almeno, chi di dovere già sapeva. E tutto si muoveva con lui. La vita dell’arte era tutta in fermento, con l’organizzazione di concerti, spettacoli, rappresentazioni teatrali, mostre, rassegne, meeting, convegni.

Un mondo di artisti e di addetti ai lavori che sono preziosi ingranaggi di una macchina chiamata arte, sotto qualsiasi forma. Tutto questo per regalare emozioni.

Il Festival di Sanremo 2020 diventa uno storico punto di non ritorno, perchè da li tutto ha subito uno strano sortilegio che ha fermato a mezz’aria questo grande circo universale. Il Festival è stata l’ultima grande occasione per fare musica tutti insieme.

Cristo si è fermato a Sanremo, giusto per non togliere questo svago agli italiani, in previsione di un lungo periodo di quarantena forzata? Forse, può darsi.

Per quanto riguarda la nostra vita da giornalisti, vi confesso che abbiamo convissuto per sei giorni consecutivi, in una sala che conteneva circa duecento persone, provenienti da tutta Italia, che lavoravano a strettissimo contatto fisico, chiaramente senza alcuna protezione.

Ci poteva già essere qualcuno contagiato tra la sala stampa “Lucio Dalla” e il “Roof” del Teatro Ariston? Non lo sappiamo e non lo sapremo mai.

In giro per Sanremo

Le cose in giro per la città, nei bar, nei ristoranti, tra cacciatori di selfie e semplici curiosi, non è che andassero molto meglio: migliaia di persone ammassate come sardine, causa anche gli innumerevoli check-point sparsi per la città, per motivi di sicurezza.

Vorrei fare giusto una piccola chiosa su questo argomento. Sicurezza che è stata garantita al 100%, grazie anche al prezioso contributo del I° Battaglione Carabinieri “Piemonte”, per intenderci i militari che hanno la sede nel Castello Reale di Moncalieri. Un orgoglio tutto moncalierese, permettetemi il campanilismo: persone che voglio ringraziare pubblicamente per la competenza e la professionalità, con cui hanno svolto il proprio lavoro.

Il backstage della musica

Il Festival naturalmente è anche musica, ma è anche spettacolo televisivo, e questo aspetto merita un approfondimento, perché Cristo si è fermato anche in questo caso.

Lo show televisivo, come del resto un tour di concerti, comprende un indotto di persone: attrezzisti, facchini, montatori, autotrasportatori, tecnici audio e luci, addetti al merchandising, musicisti e fonici di palco, ai quali il decreto “Cura Italia” non ha pensato, e probabilmente non penserà. Coronavirus, musica e arte non sono compatibili.

Senza dimenticare produttori discografici, tour manager, addetti stampa: tutte figure che ruotano attorno ad un artista, e che in questo momento si trovano in ginocchio, esattamente come molte altre categorie di lavoratori e piccoli imprenditori.

E i locali? Penso ai teatri, stadi, palazzetti, pub, centri commerciali e persino i paninari che ci aspettano alla fine di un concerto. Tutti a casa e senza lavoro.

Music economy

A questo proposito, come ha dichiarato l’amico e autorevole collega Maurizio Scandurra, all’agenzia Adnkronos: “Gli artisti vivono di cachet, percentuali sul ticketing dei concerti, diritto d’autore, diritti connessi alla produzione fonografica e cinematografica, all’emissione radiofonica o televisiva delle proprie canzoni. Ma anche di royalties sulla vendita dei dischi e lo streaming, monetizzazione delle views dei propri canali video e profili social, sponsorizzazioni per beni o servizi. Al contrario dei loro staff per cui tutto questo non vale: tutte figure che lavorano con contratti temporanei. La differenza è una, ma sostanziale”.

Cristo si è fermato a Sanremo

Il mondo si è fermato a Sanremo, anche quello della musica e dello spettacolo: concerti e spettacoli annullati, firmacopie cancellati, teatri e locali chiusi, probabilmente a tempo indeterminato.

Un danno enorme, anche a livello economico. Certo, per il momento ci si arrangia con dirette web e mini video, ma non potrà durare a lungo, perché anche per gli artisti e gli addetti ai lavori si presenteranno scadenze, bollette e pagamenti.

Ma un artista è artista, lo dice la parola stessa. La massima gratificazione viene dall’applauso, dal calore, dall’energia di quel pubblico che per ora e chissà per quanto mancherà.

Se penso che fino a poco più di un mese fa, la domanda esistenziale, a livello nazionale era: “Dov’è Bugo?”…sembra passato un secolo.

Coronavirus, musica e arte
Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.