Film di auto – Tre thriller horror con macchine da paura

Diciamoci la verità, ognuno di noi ha almeno una volta desiderato le splendide auto che ci capita di vedere nei film.

Potremmo ricordare le innumerevoli Aston Martin di 007, per esempio, sempre lanciate in incredibili inseguimenti mozzafiato con un assortimento internazionale di nemici sparacchianti al seguito.

Parlando di inseguimenti poi, come non citare la fantastica Dodge Challenger bianca di Punto Zero?

La sua increbibile fuga attraverso gli Stati Uniti era un inno alla libertà degli anni 70, universalmente riconosciuto tra i migliori film on the road di sempre.

Personalmente non sono molto entusiasta della piega presa dal filone automobilistico nel cinema moderno, i cui massimi esponenti sono produzioni pacchiane come i tanti Fast and Furious.

Ma i film di cui parliamo oggi sono molto diversi, puntando tutto sulla onnipresente paura e tensione narrativa e restando sempre o quasi dentro un auto.

Perciò senza ulteriori preamboli, ingraniamo la marcia e pigiamo l’accelleratore a tavoletta, è ora di fare urlare i nostri motori.

La macchina nera (1977)

La macchina nera - film di auto

Iniziamo con un pauroso horror stradale che per mia fortuna/sfortuna vidi una notte a casa da solo quando ero ancora molto piccolino.

Tutto inizia in un paesello nel mezzo del deserto nel sud degli Stati Uniti, dove la vita scorre tranquilla e ogni giorno è uguale al precedente.

Lo sceriffo fa la corte a una bella maestra locale, cercando di capire se le sue bambine la accetteranno al posto della madre, morta molti anni prima.

Il suo aiutante di origini indiane litiga spesso con il burbero e razzista maniscalco, arrivando spesso quasi a fare a pugni.

La moglie di un noto alcoolizzato continua ad andare al pronto soccorso piena di lividi, segno evidente che il marito la maltratta.

Ma i bambini sono felici e contenti, perchè si sta avvicinando il grande giorno della parata cittadina dove tutti faranno festa.

In questo contesto rurale, quasi banale, un’auto nera senza targa e con i vetri oscurati emerge come un demone dall’inferno dalla galleria sulla superstrada.

Non c’è modo di vedere chi sia al volante, nascosto dietro il muso dell’auto i cui fari e il radiatore sembrano quasi il ghigno feroce di un animale.

Infatti, questo animale a quattro ruote inizia subito a uccidere chiunque incroci il suo cammino senza nessun motivo apparente.

Lo sceriffo e i suoi uomini cercano invano di fermarlo e catturarlo, ma presto diventa chiaro che la minaccia è in realtà qualcosa di più che una semplice auto.

Decimati nel numero e sconvolti dalla ferocia di questi omicidi, gli ultimi superstiti organizzano un attacco disperato contro quello che sembra un nemico invincibile.

Non date mai la patente al diavolo

Forse le miei impressioni riguardo all’auto di questo film saranno deformate perchè a quei tempi ero giovane e impressionabile, non lo nego.

Tuttavia ricordo di aver vissuto una grande esperienza di paura e meraviglia quando vidi La Macchina Nera per la prima volta.

Le atmosfere ricalcano palesemente quelle di un capolavoro horror come Lo Squalo di Steven Spielberg, non a caso uscito giusto un paio d’anni prima.

Anche in questo caso, il regista Elliot Silverstein ci svela il mostro un poco alla volta, nascondendolo nel buio della notte o la fitta polvere alzata a forza di sgommate.

Proprio come un pericoloso predatore, l’auto attacca da principio pedoni e ciclisti sulla strada, scomparendo poi nei recessi del deserto.

Una volta assaggiato il sangue e la paura delle sue vittime, il mostro stringe il cerchio attorno alla città terrorizzando tutta la popolazione.

Oltre a una coinvolgente atmosfera diabolica, inoltre, il film offre alcune eccellenti sequenze di guida, accellerate in modo supersonico nel montaggio.

Il cast non ha volti famosi se non quello del grande James Brolin, padre dell’oggi più conosciuto Josh Brolin, il cattivissimo Thanos della saga degli Avengers.

Al suo fianco ricordiamo la simpatica Kathleen Lloyd, combattiva compagna che sarà la prima a sfidare apertamente il malefico invasore a quattro ruote.

Per il resto i caratteristi fanno il loro sporco lavoro, il quale per lo più consiste nell’essere carne da macello sparpagliata per le strade.

Ma ciò che conta è l’atmosfera di (non) vedere il diavolo al volante di un auto satanica in un film che, forse per pochi, è un cult indimenticabile e consigliatissimo.

Roadgames (1981)

RoadGames - film di auto

Dopo un film un pò dimenticato ma che ha comunque avuto i suoi fans, ci spostiamo verso un piccolo thriller che invece molto pochi conosceranno.

Il nostro protagonista questa volta non viaggia in auto ma su un camion, attraversando in lungo e in largo l’Australia meridionale per le sue consegne.

La sua unica compagnia è il suo fedele cane dingo, il quale per lo più dorme bellamente nel retro della cabina tutto il tempo.

L’uomo non si ammazza particolarmente di fatica nel fare il suo lavoro, prendendosela spesso comoda e facendo le cose con i suoi tempi.

Durante i suoi viaggi, litiga spesso con altri automobilisti per futili motivi, quando ad esempio vanno troppo lentamente e non riesce a sorpassarli.

Tuttavia un giorno gli capita di osservare un uomo molto sospetto accanto a un furgone, intento a scavare una fossa poco lontano dalla strada.

Turbato dalle continue notizie alla radio che parlano di un serial killer responsabile di numerose sparizioni di donne, crede di aver finalmente trovato l’assassino.

Inizialmente cerca di contattare la polizia condividendo i suoi sospetti, ma conoscendo la sua reputazione, questi non sono minimamente disposti a credergli.

Decide così di dare la caccia da solo all’uomo con il furgone, convinto che se non ci pensa lui non lo farà nessun altro.

Una sexy autostoppista in fuga da un papà rompiscatole è l’unica che crede alla sua storia, accompagnandolo e aiutandolo nella caccia all’uomo.

Ma per lei le cose si metteranno peggio di quanto avesse pensato, quando finisce rapita dallo stesso maniaco.

A quel punto il camionista sarà l’unico che potrà salvarla, se prima non si metterà nei guai per altre sciocchezze come suo solito.

Un film e un regista dal destino poco famoso

Roadgames è un film di auto e camion con un onnipresente e leggero senso dell’umorismo.

La storia non è molto diversa di quella in La finestra sul cortile del grande Alfred Hitchcock, di cui condivide diversi punti e colpi di scena.

Solo che in questo caso, invece di un protagonista chiuso in casa sulla sedia a rotelle, abbiamo un allegro camionista in cerca di guai.

Stacey Keach raggiunge l’apice di una carriera da caratterista in ruoli di supporto, questa volta come protagonista assoluto e coinvolgente.

È impossibile non provare simpatia per questa simpatica canaglia, a volte volgare e rompiscatole, ma sempre piena di gioia e di voglia di libertà.

L’ironia finale arriva quando, per una serie di equivoci, diventa il sospettato numero uno della polizia e contemporaneamente lotta per salvare la ragazza.

Altrettanto libera e bella come un fiore è Jamie Lee Curtis, giovanissima e ancora agli inizi della sua vita di star di Hollywood.

I momenti e i dialoghi tra l’autostoppista e il camionista sono la parte migliore, dove i due piccioncini si innamorano nonostante la differenza di età ed estrazione sociale.

Richard Franklin non è stato molto apprezzato negli anni ’80, pur essendo l’autore di diversi film emozionanti, come l’eccellente horror Patrick.

Nel suo cinema si ritrovano molto della narrazione e dei personaggi del grande Hitchcock, di cui non a caso ha diretto il sequel del celebre Psycho.

In conclusione, Roadgames potrebbe essere un’occasione per conoscere non solo un ottimo film ma anche un regista che in vita non ha ingiustamente mai raggiunto la fama.

Highwaymen – I banditi della strada (2004)

Highwaymen - Film di auto

Tornando sulle immense autostrade americane, arriviamo infine a un film dove i protagonisti si scontrano a bordo di potenti auto truccate.

La storia comincia con una giovane ragazza e la sua migliore amica che restano coinvolte in terribile tamponamento in mezzo al traffico.

Mentre l’amica esce dall’auto in cerca di aiuto, improvvisamente una strana Cadillac spunta dal nulla e le piomba addosso uccidendola all’istante.

Tempo dopo la ragazza soffre ancora del trauma di quel giorno, cosi frequenta alcuni gruppi di sostegno con altri sopravvissuti di incidenti stradali.

Durante una di queste sedute di terapia collettiva conosce un altro ragazzo, molto silenzioso e affascinante, il quale sembra reticente riguardo l’efficacia di quei gruppi.

Il ragazzo sparisce misteriosamente come è arrivato, così lei torna a casa accompagnato da un amico.

Ma la stessa Cadillac che aveva ucciso la sua amica torna sulla strada, inseguendoli e cercando di uccidere anche lei per completare l’opera.

Il misterioso ragazzo ricompare allora arrivando in suo soccorso, giusto in tempo per salvarla miracolosamente dallo psicopatico aggressore.

A quel punto lui le spiega tutto, dicendole che il pilota assassino è in realtà un serial killer che da anni uccide giovani donne sulle strade più isolate d’America.

Diventa chiaro allora perchè lui sia cosi ossessionato, visto che molti anni prima lo stesso maniaco aveva ucciso sua moglie investendola per strada.

La ragazza diventa allora il fulcro della sfida con questo serial killer della strada, mentre il film romba verso un finale a tutta velocità come le auto truccate dei contendenti.

Ammazzando il tempo (e non solo) in autostrada

Robert Harmon ritorna in strada quasi vent’anni dopo il capolavoro degli anni 80 The Hitcher con un magnifico e completamente folle Rutger Hauer.

Questa volta lo psicopatico di turno non è un autostoppista, ma un uomo su una sedia a rotelle che vive dentro e con la sua amata Cadillac.

L’auto in questione è l’arma del delitto con cui caccia e uccide le sue vittime sgommando poi via senza lasciare tracce.

In questo modo nessuno gli da la caccia, anzi la polizia non crede neppure alla sua esistenza.

Colm Feore interpreta molto bene questo predatore della strada, sopravvissuto anch’egli a un incidente e ora con degli arti meccanici che lo rendono simile a una macchina.

Peccato solo che non lo vediamo molto durante il film, se non nella parte finale ad altissima tensione.

Alle sue costole, senza mollare mai un chilometro, c’è Jim Caviezel, marito furioso ben lontano dal perdono messianico di La passione di Cristo.

Tutto sommato gli inseguimenti in auto non sono neppure molti, ma entrambi i protagonisti sono determinati e credibili dietro al volante.

Il premio per il vincitore di questa sfida tra auto truccate sarà la bellissima Rhona Mitra, indiscussa reginetta drammatica di tutta la vicenda.

Una attrice che non ha mai avuto quello che davvero merita nella sua carriera, anche essendo protagonista di action fortissimi come Doomsday.

In questo caso, seppur interpretando la classica damigella da salvare, dona quello spessore aggiuntivo che da un valore aggiunto a un personaggio altrimenti banale.

Negli anni Robert Harmon e i suoi film hanno raccolto un buon numero di affezionati. Ma per chi volesse approcciarsi per la prima volta alla sua filmografia, allora Highwaymen è di certo un ottimo punto di partenza.

Concluso anche oggi il mio trittico di consigli cinematografici assortiti, vi invito come ogni volta a visitare il mio sito per aiutarmi a crescere sempre più, ringraziandovi anticipatamente:

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Fabio Emme
Fabio Emme
Amante del buon cinema, grande arte che ha sempre fatto parte della mia vita, plasmando il mio modo di essere e vedere il mondo negli anni e aiutandomi a formare la mia cultura. Da quando ho memoria ho sempre letto, scritto e parlato di film e spero vivamente con i miei articoli di aiutare altri a fare altrettanto. Hobby? ...Il cinema, naturalmente!