Gianluca Purgatorio: “La scrittura, per me, non ha censure”

“Si legge quello che piace leggere, ma si scrive quello che si è capaci di scrivere”, diceva Jorge Luis Borges, scrittore e poeta argentino.
Seppur accomunati dallo stesso mezzo, ogni scrittore abita un mondo unico e speciale. Abbiamo avuto il piacere di incontrare Gianluca Purgatorio, noto scrittore italiano, per scoprire la sua arte tra scrittura e scienza.

Intervista con Gianluca Purgatorio

“La scrittura è la pittura della voce”, diceva Voltaire. La tua come nasce?

Nasce da una visione che si allontana molto dall’esigenza e dalla passione. Qualsiasi forma d’arte che scegliamo, dalla pittura alla musica, passando per la scrittura, porta con sè storie differenti dettate da una realtà percepita dai nostri occhi. Il modo in cui ci relazioniamo alla vita e alla realtà, crea uno stile artistico alla cui base penso, fortemente, ci debba essere una dose generosa di curiosità. Vengo, spesso, travolto da momenti epifanici che mi hanno portato fin da sempre ad avere un modo particolare di vedere le cose.
Ognuno ha il suo modo di vivere, di stare al mondo. Ecco, la scrittura è il mio.

“La scrittura è un modo di stare al mondo”, hai affermato. Cosa pensi della figura dello scrittore?

Prima di raccontarti cosa penso, mi piacerebbe fare una riflessione su ciò che pensano gli altri. Lo scrittore viene visto come una figura primitiva, razionale e distante dalla realtà. Si è sempre creduto e affermato che chi è bravo a scrivere vada male in matematica. Voglio smentire! Al giorno d’oggi, tutti pensano di poter e voler scrivere. Non mi piace pensare che qualche figura divina abbia introdotto, nell’animo di ognuno di noi, una sorta di dote o talento. Questo perchè credo che il talento sia una questione di studio, esercizio e costanza. Non è questa l’idea che bisogna avere degli artisti. E’ vero, possiamo definirci detentori di una vita sregolata ma solo perchè in questo lavoro c’è un impegno notevole e molta concentrazione. A differenza di ciò che si pensa, invece, credo che ci sia un rapporto stretto tra letteratura e scienza. Lo scrittore e lo scienziato sono due figure che possiedono la capacità di scavarsi dentro e osservare con attenzione. Due professioni etichettabili come una sorta di guida.

Restando su questa linea di pensiero possiamo, quindi, affermare che la scrittura per te non ha a che fare solo con il talento. Come vivi il rapporto con la tua arte? Se così possiamo, dunque, definirla.

La vera scrittura deve essere in grado di anticipare i tempi, deve insegnare e richiede, quindi, un grande impegno. La parola d’ordine è, senza dubbio, costanza. La scrittura è costruzione. La costruzione è arte. Un’equazione perfetta, a parer mio. Quindi, sì, possiamo assolutamente definirla come tale.
Il rapporto con la mia scrittura è pigro, un po’ come la mia personalità forse. E me rendo conto quando, dopo tanto tempo passato a non scrivere, inizia una vera sfida tra me e il foglio bianco. Ma quando ti appassioni alle parole, prima o poi il blocco lo superi. Per scrivere devo vivere in totale isolamento, soprattutto fisicamente. I miei pensieri, generalmente, escono dalla routine, sono fuori da qualsiasi comfort zone. Non creo censure su di loro. Sono proiettato al futuro e alla tecnologia. Con me non esistono fogli. Ho una grafia molto lenta e di difficile comprensione anche ai miei occhi, quindi, il telefono e il pc sono, per me, di vitale importanza.

Restiamo per un attimo nel mondo digitale. I social network sono diventati lo specchio di noi stessi. Tu come gestisci il rapporto con loro?

L’uomo è alla ricerca costante di approvazione da parte di un gruppo e questo porta le persone ad avere un rapporto quasi morboso con i social network. Sono un’arma a doppio taglio. Possono essere oggetto di inclusività ma anche di totale esclusione. Definisco i social una proiezione della vita reale e, di conseguenza, dovrebbero essere presi poco sul serio.. forse un po’ come la vita stessa. Dovrebbero essere uno strumento per sentirsi più leggeri ma di questi ultimi tempi hanno assunto un ruolo del tutto contrario. Personalmente, sono sempre stato diffidente nel pubblicare ciò che scrivevo. Ho sempre preferito essere tradizionalista in questo. Lunghe lettere agli editori e infinite attese. Non posso negare, però, che ormai Instagram e Facebook rappresentino le vetrine della mia arte.

Alessandro Morandotti, aforista italiano, diceva che “l’unico viaggio irrinunciabile è l’esplorazione dell’io”. Dalle tue parole traspare un anima protagonista di un corpo in continuo movimento e introspezione. C’è qualcosa che vorresti fare ma non hai ancora fatto? Quali sono i tuoi progetti?

Porto con me un senso di inadeguatezza in certe dinamiche. Ma nonostante questo sono molto ambizioso e pieno di traguardi non raggiunti. Mi piacerebbe avere un podcast e, essendo un’amante del cinema, il sogno più grande sarebbe realizzare un film tratto da un mio libro.
Per ora mi godo l’uscita del mio ultimo romanzo “Di uomini e mostri”, poi chissà, forse inizierò a pensare a qualche nuovo progetto.

Romanzo di Gianluca Purgatorio.

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Arianna Pino
Arianna Pino
Autrice del libro “Resta almeno il tempo di un tramonto” e di “Quando fuori piove”, finalista al concorso letterario “Il Tiburtino”. Iscritta all’ Università delle scienze e tecnologia del farmaco. Dice di sé:“Sono nata in città ma vivo col mare dentro. Ho occhi  grandi per guardare il mondo, ogni giorno, con colori diversi. Ho la testa tra le nuvole ma cammino su strade fatte di sogni pronti a sbocciare, mi piace stupire come il sole, quello che la mattina ti accarezza il volto e ti fa ricordare che c’è sempre un buon motivo per alzarsi. Amo la pizza, il gelato e la cioccolata calda perché io vivo così, di sensazioni estreme, perché a vent’anni una cosa o gela o brucia. Mi piace vivere tra le parole che scrivo, che danno forma alla mia vita come i bambini fanno con le nuvole”.