#Sanremo2018 e #Sanremo2019: i messaggi contro il razzismo di C’era una volta Sanremo

Torniamo anche questa settimana con la rubrica “C’era una volta Sanremo” e lo facciamo ancora una volta legandoci all’attualità. E no, non parliamo di Coronavirus, per una volta. I fatti che stanno sconvolgendo Minneapolis, ma soprattutto la morte di George Floyd per mano di un poliziotto bianco e le giuste polemiche sul razzismo dilagante in America ci portano inevitabilmente ad analizzare i Sanremo che hanno messo in luce gli odi nei confronti delle minoranze. Così torniamo indietro ad anni recenti con #Sanremo2018 e #Sanremo2019.

#Sanremo2018

Una delle poche canzoni che hanno evidenziato il tema del razzismo è “Stiamo tutti bene” di Mirkoeilcane di #Sanremo2018. Arrivata seconda tra le Nuove proposte dietro a “Il ballo delle incertezze” di Ultimo, la canzone convince grazie all’ironica leggerezza attraverso cui il cantautore è stato capace di rendere un tema toccante e attuale come il viaggio dei migranti. Il protagonista del brano, il bambino Mario prima di arrendersi davanti all’evidenza, affronta il dolore con la fantasia e la spensieratezza proprie della sua fanciullezza. Una risposta efficace che quell’anno ben si sposava alla canzone vincitrice di #Sanremo2018, “Non mi avete fatto niente” del duo Ermal Meta e Fabrizio Moro: anche lì la soluzione era nelle mani dei fanciulli perché “il mondo si rialza col sorriso di un bambino”.

Sul podio di #Sanremo2018 dietro a Meta e Moro arrivano secondo Lo Stato Sociale con “Una vita in vacanza”, un’altra sprezzante critica contro i luoghi comuni e le tipizzazioni all’italiana, terza Annalisa con “Il mondo prima di te”. Per le Nuove Proposte, oltre ai già citati Ultimo al primo posto e Mirkoeilcane al secondo, sul terzo gradino del podio arriva Mudimbi con “Il mago”. Anche lui porta sul palco un po’ di riflessione: il rapper e cantautore italiano ha, infatti, origini congolesi.

Alla conduzione c’è la novità Claudio Baglioni affiancato da Pierfrancesco Favino e Michelle Hunziker.

“Stiamo tutti bene”

Per tornare a Mirkoeilcane, la sua “Stiamo tutti bene” è un inno di speranza sin dal titolo. A metà tra la parlata incisiva di Giorgio Faletti e l’ironica e leggera verve di denuncia di, tra i tanti, Simone Cristicchi e Enzo Jannacci il cantautore di origini romane presenta un tema sociale impregnato di attualità: una storia di migranti, troppo spesso denigrati, derisi e ghettizzati.

È un viaggio di vita e di morte, un racconto inventato ma realistico fatto di forza e coraggio incrollabili, propri di un’umanità incapace di sprofondare e per intensificare il messaggio la frase emblema del brano viene ripetuta più volte. Non a caso, se il brano di Meta-Moro vince l’intera kermesse, quello di Mirkoeilcane riceve il premio “Sergio Bardotti” come miglior testo.

E non solo. A “Stiamo tutti bene” va anche il riconoscimento “Enzo Jannacci” per la miglior interpretazione degna di una costruzione del testo pensata e di impatto. La presentazione iniziale di Mario, bambino spensierato, lascia presto il posto alla riflessione di una realtà cruda e, apparentemente, senza speranza. Il giovane protagonista della canzone viene inizialmente presentato mentre gioca a pallone con gli amici, quando la mamma lo chiama per partire e raggiungere il padre. Inizia un viaggio di cui il ragazzino non prende subito consapevolezza, ma che pian piano si fa sempre più pesante e insopportabile: onde e disperazione, lacrime e sonni profondi prendono il posto dei sogni e delle illusioni iniziali.

Mirkoeilcane canta “Stiamo tutti bene” a #Sanremo2018

Sopraggiunge la disperazione e il lento addormentarsi di una madre, presto accompagnata dal figlio. Ciononostante la speranza non svanisce: il “stiamo tutti bene” torna imperterrito a infondere coraggio.

I messaggi di tolleranza

Una tecnica di racconto che ricorda quella di qualche anno prima con il messaggio di tolleranza lanciato da “Gli altri siamo noi” di Umberto Tozzi, in gara a #Sanremo1991 di cui abbiamo già ricordato i successi. Ancora una volta il titolo è un monito che basterebbe seguire per evitare atteggiamenti razzisti e incivili: immedesimandosi nell’altro, che è uguale a noi, e comprendendo che prima o poi potrebbe toccare a chiunque, l’insegnamento è quello di vivere con empatia e umanità. Un messaggio che nonostante il quarto posto in gara fa di Tozzi il vincitore morale di quel Festival.

#Sanremo2019

I messaggi, però, a volte non bastano nemmeno a Sanremo. L’anno dopo a #Sanremo2019 vince da Mahmood con “Soldi”, rivelazione dell’anno. La sua italianità al 100% non basta per scongiurare i pregiudizi razziali. Le sue origini egiziane da parte di padre portano addirittura i giornalisti a chiedergli se gli manca la sua terra. E la sua vittoria finisce quasi in secondo piano. Dietro Mahmood arriva secondo il sofferente Ultimo con “I tuoi particolari” e terzo Il Volo con “Musica che resta”.

Un podio interessante quello di #Sanremo2019 se si pensa che il primo posto è andato alla novità che unisce il tormentone al buon testo, ma che proprio per questo non piace alla plebe. Non fosse stato per la giuria degli esperti e della sala stampa, “Soldi” non avrebbe mai vinto. E poi diciamocelo: un omosessuale di razza non pura italiana crede veramente di poter fare successo? Meglio Ultimo, forse, portavoce della classica canzone sanremese: una serenata d’amore con un po’ di contenuto, ma su cui il bel faccino prevale. Al popolo piace proprio perché è l’immagine che conta e chissene dell’arroganza con cui si pretende la vittoria. O ancora meglio Il Volo, exemplum del persistente sentimento malinconico italiano. Perché non ci scolleremo mai (o meglio, speriamo che prima o poi accada) dal bel canto che dice tutto e dice niente. Insomma, un podio che è riuscito a distruggere tutti i luoghi comuni dell’Italia.

Mahmood vince #Sanremo2019

Saltiamo le Nuove proposte perché a #Sanremo2019 non esistono: lo stesso Mahmood era una novità inglobata, però, dopo la programmazione di Sanremo Giovani 2018 proprio nel novero dei Campioni. Alla conduzione c’è di nuovo, ma per l’ultima volta, Claudio Baglioni questa volta con Claudio Bisio e Virginia Raffaele.

Gli altri messaggi

Menzioni speciali in tema di razzismo, pregiudizi e tolleranza vanno anche al commuovente monologo di Rula Jebreal a #Sanremo2020 cotro i fondamentalismi e il messaggio reso celebre da Martin Luther King dall’omonimo discorso, “I have a dream”, che a Sanremo è stato riportato nella canzone in gara nel 1994 di Gerardina Trovato “Non è un film” sugli orrori della guerra in Bosnia: nel testo viene inserita proprio la storica frase dell’attivista americano. Il brano è in gara tra i Campioni di #Sanremo1994 e arriva quarto in classifica.

Gerardina Trovato canta “Non è un film” a #Sanremo1994

Infine, “I have a dream” ritorna anche in formato ballo con la coreografia di Daniel Ezralow nella seconda serata di #Sanremo2012: bianchi contro neri si amalgamano nel segno della fratellanza e si mettono d’accordo “perché è giusto avere idee diverse”.

Giulia Di Leo
Giulia Di Leo
Laureata in Lettere moderne, ha frequentato la scuola di giornalismo all’Università Cattolica di Milano e oggi scrive per La Stampa e Zetatielle. Dice di sé: “ Sono una ragazza di provincia nata col sogno di scrivere, amo la mia città, Casale Monferrato, che mi ha insegnato a vivere di semplicità e bellezza, portandomi, poi, ad apprezzare la metropoli milanese che nella maturità mi ha conquistata. Non riesco a vivere senza musica: nata nel ’95, ho vissuto di riflesso gli anni delle musicassette degli 883. Mi nutro di cantautorato, pop, indie e trap per aprirmi al vecchio e al nuovo. Senza mai averne capito il perché, il giornalismo è sempre stato il sogno della vita, amo scrivere e la mia attitudine è raccontare e raccontarmi, con stile razionale e schietto. Il mio più grande desiderio è fare della mia passione un lavoro, avvicinandomi a tutti i mondi che fanno parte di me”.