Sanremo 2023 Masterclass: le pagelle di Gae Capitano

Sanremo 2023 Masterclass: la scheda tecnica delle canzoni, il songwriting, il commento e altro ancora nelle pagelle di Gae Capitano

Sanremo 2023 Masterclass parte da alcune premesse:

Non occorre essere esperti di statistica per capire che i numeri che accompagnano la kermesse sanremese sono tutti manipolabili e cambiano quando cambia la prospettiva da cui si osservano le cose.

Aldilà dei numeri, questa è stata un’edizione molto bella, con dei nomi veramente notevoli. Ma non dobbiamo dimenticare che i nostri ascolti sono stati decisi da qualcuno.

Sono stati rifiutati 300 artisti e canzoni, e tra questi Paola Turci, Carmen Consoli, Ermal Meta, Tommaso Paradiso, Clementino, Cosmo, Nada, Francesco Gabbani, Arisa, Raf, Alice, solo tra i nomi trapelati. Avevano tutti brani più brutti? Un po’ semplicistico pensarlo. Erano personaggi meno meritevoli? Non credo.

Il parametro principale con cui sono stati selezionati gli artisti è stato “pescare” da ogni genere musicale e stilistico, con particolare attenzione al panorama attuale delle vendite. Per cercare di offrire il carnet più ampio possibile di offerte e raggiungere ogni target di pubblico. Una scelta giusta? Forse non per la buona musica, che dovrebbe essere l’unico e assoluto parametro per una vetrina così importante.

Infine, di ogni brano presentato si è gridato al miracolo o allo scandalo, sottolineando che ognuno ha i propri gusti e la propria sensibilità musicale, che deve essere rispettata.

Sanremo 2023 Masterclass

Per tutti questi motivi, ho cercato di ascoltare le canzoni di questa edizione con gli occhi chiusi, cercando di scindere lo spettacolo televisivo dall’essenzialità delle proposte musicali. Senza farmi distrarre da numeri da circo, informazioni truccate, polemiche ed effetti speciali vari. Il risultato?

A Sanremo sono tornate le melodie orecchiabili e cantabili, anche se attinte a piene mani da brani del passato. Si sono esibiti ragazzi nuovi che non si sono mai dimostrati non meritevoli. Sono tornati artisti straordinari che hanno confermato il loro talento, ricordandoci la magia della musica.

I giudizi sui brani e sugli artisti sono personali, dicevamo, anche e soprattutto i miei, che sono un ascoltatore ibrido: per metà amatore appassionato e per l’altra, addetto ai lavori con competenze tecniche specifiche.

Per questo motivo le analisi che seguono sono semplicemente pensieri individuali espressi ad alta voce, filtrati, come per tutti noi, dal background dei miei gusti musicali, i miei studi, la mia idea del mondo. Pensieri opinabili ma condivisi anche con l’intenzione di indurvi qualche riflessione. Grazie a chi vorrà dedicargli un po’ di tempo. Gli artisti erano tanti, le considerazioni non meno.

Anna Oxa 8

Il suo consueto e altero atteggiamento da diva, il soundscape cinematografico dell’arrangiamento e la scelta di un testo che ricorda l’evocazione di un demone da “L’Horrido Delomelanicon” di Lucifero, ci fanno dimenticare di essere al cospetto di una delle più grandi interpreti italiane di sempre. Con “Sali”, brano firmato anche da Bianconi dei Baustelle, riporta la sua bravura e bellezza iconica sul palco più importante d’Italia.

Ci regala un’interpretazione di altissimo livello, molto tecnica, messa in difficoltà dalle scelte atipiche degli acuti, quasi jodel, dallo spessore della parte letteraria, che rende a tratti di difficile intelligibilità il testo. E infine dalla fitta trama sonora dell’orchestrazione che sembra volerle rubare la scena. In realtà il ritornello ha una linea melodica molto semplice. Spogliato di tutta l’impalcatura epica, l’incipit della parte clou del pezzo ha le stesse cellule sonore del brano “Scusami” di Gigi D’Alessio e fa quasi sorridere pensarlo in una versione solo piano e voce. Anna Oxa non è riuscita, almeno al festival, ad accontentare la macchina mediatica di Sanremo, ma il brano si riscatterà nel tempo restituendole il titolo di una delle regine indiscusse della musica italiana.

gIANMARIA 6,5

Accordi piacioni, sound da filmtrack di Gomorra, immagine adolescenziale in perfetto contrasto con una voce più scura di quella che ti aspetti. Il ritornello con cassa in quattro non si apre mai completamente e alla fine il bridge rimane la parte più interessante. Dalla seconda parte il brano prosegue ridondante su sé stesso senza sorprese. Con una tematica ambiziosa e un hook letterario che potrebbe rimanere nell’immaginario (“Ti sembro un mostro?”), Gianmaria esce credibile dal suo passaggio sanremese, con un brano senza lode e senza infamia, ma con il mio giudizio di meritare il suo piccolo spazio mediatico.

Mr. Rain 5

Vi è piaciuto Mr. Rain? Certo. Al suo spettacolino sul palco mancavano solo dei teneri cuccioli e la consegna di rose in sala per completare la fiera dei trucchi da baraccone. Look Eminem, coro meraviglioso dei bambini, bravissimi, e citazioni letterarie (“Siamo angeli con un’ala soltanto e riusciremo a volare solo restando l’uno accanto all’altro”) prese da “Così parlò Bellavista” di Luciano De Crescenzo. Conosco Mr. Rain perché è un apprezzato beatmaker e artista, e non ho quindi apprezzato la sua scelta di adottare un’infinità di espedienti, come se non avesse altre carte artistiche da giocarsi.

Certo con quest’offerta stucchevole di cliché ha vinto facile e fatto fare la figura del pivello a Povia, che in fatto di escamotage sanremesi non scherza. Con Beppe Varrone, mio collaboratore in Songwriting Academy, ci siamo chiesti il perché questa canzone, a parte i non celati trucchi melodici e scenici, ci sia entrata subito in testa, più del previsto. La risposta è perché tutto ci ricorda, in forma molto annacquata, naturalmente, le suggestioni evocate dal brano “Wing$” di Macklemorev & Ryan, mood di pianoforte e cori dei bambini compresi. Il brano è firmato dalla splendida e talentuosa Federica Abate, con il bravo Vizzini: più complici che autori questa volta. Supereroi.

Mengoni 9

Il re è tornato con l’intenzione di rubare la scena a tutti. Missione non semplice: per la presenza di Giorgia e di agguerrite nuove realtà del panorama musicale attuale. Il brano portato da Marco è subito vincente: un ipnotico disegno di pianoforte crea un hook che anticipa cellule sonore veloci, piacevoli ed essenziali.

Gli accordi sono internazionali e il bridge che porta al ritornello subisce un’improvvisa accelerata grazie al suo range vocale unico. Che ci porta in meno di cinquanta secondi a uno stacco prima del punto centrale della canzone, molto d’effetto, creando un perfetto ingresso a un ritornello ruffiano, arioso e orchestrato ad hoc dagli archi, in perfetto stile sanremese. Certo anche qui non è oro tutto quello che luccica e non mancano le malizie da mestieranti: l’aria del ritornello è spudoratamente ramazzottiana.

Le linee melodiche utilizzano gli stessi accordi, cadenze metriche e cellule sonore di apertura e chiusura del bridge di “Adesso tu” del 1986 di Eros (il punto preciso è: “Ed ho imparato che nella vita nessuno mai ci dà di più”). Anche lo spazio di suspense di cui parlavo, creato con il silenzio prima del ritornello, è una malizia usata nello stesso brano di Eros. Attenzione: non parlo assolutamente di plagio diretto, ma di utilizzo di tecniche collaudate di songwrting: ci tengo a sottolinearlo.

marco mengoni indossa una felpa rosa e ha le mani appoggiate alle guance

Marco Mengoni II

D’altronde lo stereotipo di questo tipo di accordi e melodie usa una struttura che è periodicamente ripresentata dalla discografia italiana come una sorta di “Usato melodico sicuro” che garantisce una forte presa sul pubblico. Dalle strofe di “Con tutto l’amore che posso” di Baglioni, passando dai ritornelli di “Se mi lasci non vale” di Julio Iglesias, fino alla più recente “Nessun grado di separazione” della Michielin. Si parla di suggestioni evocate dalle stanze sonore degli accordi, e dalle metriche delle linee melodiche.

I meno esperti possono provare a sovrapporre le canzoni canticchiando i ritornelli citati sul ritornello del pezzo sanremese: con un pò di malizia potrete sentirne l’effetto. Tra l’altro anche il ritornello di Tananai utilizza la stessa tecnica e fa parte del quadretto di questi rimandi sonori. Comunque “Due vite” funziona alla grande: completano il quadro di buone scelte stacchi e ripartenze del brano, che lasciano spazio alla sua voce top, e la straordinaria performance della serata cover, unica per bellezza solo a Giorgia e Elisa. Mengoni vince con una canzone non epocale ma sfrontatamente efficiente, che grazie alle sue strategie sorpassa una squadra di artiste femminili che avrebbero potuto rubargli la vittoria. Da un punto di vista della kermesse, Mengoni inarrivabile.

Ariete7

Pianoforte e chitarre fuori dal suo stile e il tocco di Calcutta, che sa come piacere al pubblico. Ariete è brava, ed è giusto Sanremo sia l’occasione per sdoganarla dal circuito indie, in cui è una certezza, ad un pubblico più grande e pop. Peccato farlo con un brano adolescenziale, sdolcinato e con coretti che sembrano rubati a un musical delle scuole medie. Lei è piacevolmente imperfetta, e nella sua produzione ci ha regalato molti brani belli; quindi, questa partecipazione rimane un passaggio di marketing, da un punto di vista autorale, minore al suo spessore artistico, ma strategicamente un’occasione discografica ben sfruttata. Purtroppo, il suo ritornello apparentemente innocuo ci ossessionerà per parecchio tempo con la sua linea melodica infantile.

Ultimo 6

Ultimo canta in stile Ultimo e si rivolge al suo pubblico, uno dei più forti e meritatamente guadagnati da un artista. Niccolò è uno dei più grandi autori delle recenti generazioni e sa come far crescere emozionalmente un brano, con pathos e interpretazione da grande mestierante e artista. L’apporto dell’orchestrazione crea infine quella sensazione di farci sentire davanti ad un’opera di valore. Peccato il brano sia difficile, non guizzi del suo solito genio e sia permeato da una sorta d’effetto già sentito. Ma Ultimo ha poco da dimostrare: canta quello che gli piace e se ne frega. E sale verso il podio.

Coma cose 8,5

Il brano dell’anno scorso l’ho accolto tiepidamente e ancora di meno mi ha convinto il loro ultimo album “Un meraviglioso modo di salvarsi”. Ma in questa edizione sono stati tra gli artisti più bravi e preparati. Il brano è semplice ma scritto bene, a tratti Vasco, a tratti Grignani  e, come un buon vino d’annata, lascia il retrogusto di una certa raffinatezza.

Il pezzo è scorrevole, introspettivo, e montato con una serie di particolari di pregio, tra cui la chiusura perfetta, interpretazioni credibili, quella di Francesca in particolare, e un testo pieno d’immagini affascinanti e originali che spicca tra le nullità letterarie degli altri brani in gara. Tutto al suo posto, anche se manca sempre quella scintilla artistica che scinde il terreno tra il “ben fatto” (o l’indovinato) e il “bello”. In mancanza dei nomi altisonanti e blasonati di questa ricca edizione, sarebbe risultato il brano migliore. E da molti punti di vista, lo è.

Elodie 8

Perfetta. Dopo il commerciale passaggio di quest’estate di “Bagno a mezzanotte” (“Uno, due, tre: chiappe”) che ha portato grandi benefit al suo impero commerciale e meno al suo prestigio artistico, Elodie, in modo non appariscente, porta sul palco un brano internazionale, orchestrato in stile Beyoncè, interpretato da grande star quale lei è. Magnifica e preparata, è una delle nostre artiste italiane di punta, in grado di “bucare lo schermo” ma anche di essere all’altezza interpretativa di produzioni che esulano da stili definiti. Certo la macchina discografica alle sue spalle è notevole e fa la differenza sul campo, ma qui si sente lo sforzo di voler alzare l’asticella della qualità per farla ancora crescere. Balla, canta, ammalia. Possiamo sorvolare sul testo che in questo tipo di produzioni è un optional dovuto. Si è guadagnata ogni briciola del suo successo.

Leo Gassman 6,5

Aveva già tutte le carte in regola: immagine, voce interessante e pedigree. Che a volte è un bagaglio pesante, ma sempre meno pesante di non averlo per niente. Mancava solo il pezzo giusto e per questo motivo l’operazione commerciale di coinvolgere Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari è perfettamente riuscita. Meme letterari confusi ma facilmente assimilabili, giri armonici ruffiani e un ritornello che solo Tommaso Paradiso avrebbe copiato meglio dalle produzioni anni 80 di Umberto Tozzi. Ma tutto funziona e forse questa volta Leo si prende finalmente il suo posticino nell’inflazionata discografia adolescenziale italiana.

Cugini di campagna 6

Operazione Frankenstein diabolicamente ideata da Amadeus. Il brano è della Rappresentante di Lista che con il suo team è una delle nostre eccellenze italiane più belle, talentuose e importanti. I Cugini di campagna cavalcano l’occasione inaspettata e lo fanno con professionalità rendendo meno trash del previsto l’operazione commerciale. Il sound è uno dei più modesti del Festival, ma quest’anno c’erano mostri sacri tra i producer degli altri brani. A parte la malizia della manovra mediatica e la presenza di alcuni déjà-vu stilistici presenti nel brano, loro cantano bene e sono simpatici, e alla fine si districano dai giochi con una bella figura. E non era così scontato.

i fratelli michetti, fondatori dei Cugini di Campagna

Grignani 7,5

Che bello il ritorno di Grignani. Tutti si aspettavano il solito ribelle che avrebbe combinato qualcosa. Il testo dedicato al padre sembrava melenso e inadatto al festival e quando abbiamo ascoltato musicalmente il brano sono saltati fuori molti difetti strutturali che non lo collocano tra le sue opere migliori. Ma Grignani è ancora in grado di graffiare, anche quando non lo vuole. E’ capace di emozionarci con la sua semplicità, di conquistarci con la sua umanità ed empatia. I suoi eventuali difetti ce lo fanno solo amare come un fratello più grande e incasinato di noi, a cui tutto si può perdonare. Aldilà dei puri aspetti tecnici, un grande ritorno: la canzone passerà magari in secondo piano ma la sua partecipazione no. Uno dei grandi di questa edizione.

Olly 6

Filastrocca ritmica sulle strofe e ritornello senza ritmica. Poi ritmo dance incalzante. Lui tiene bene il palco, ed è piacevole. Bravo da un punto di vista interpretativo, in particolare sul bridge dove il suo cantato si fa più interessante, autotune a parte. La produzione sonora è molto alta e l’effetto finale (cercato) è di una canzoncina che sarà puntualmente premiata dalle radio.

Olly in sala stampa, vestito di bianco, durante l'intervista con i giornalisti
Sanremo 2023 masterclass: Olly

Colla zio 6

Avevamo finito i gruppi tipo Lo stato Sociale o Pinguini Tattici Nucleari, quindi abbiamo chiamato i loro cloni.  Sono gli amici casinari, quelli che riempiono comunque il palco anche se, come in questo caso, il pezzo sanremese non ce l’avevano. Ma stupiscono con l’inedita formazione di tre interpreti e il brano è pieno di tutti quei riferimenti che piacciono al pubblico: coretti gospel, giri di basso, stacchi tipo Alexia. Sembrano moderni Luna pop. Il testo è inesistente ma qui non serve. Un passaggio importante non sprecato. “Fuochi d’artificio” a parte, occorre vedere come si muoveranno da adesso.

Mara Sattei 7

Un’incognita. Una macchina produttiva allucinante assemblata con il meglio del meglio: una bella immagine, un testo super firmato da Damiano dei Maneskin (che per il pubblico di oggi vale come quello di Fossati). Il tocco di suo fratello, uno dei più importanti producer italiani (Thasup, ex Tha Supreme). E poi arriva questa canzone, cantata apparentemente un tono sotto il suo range vocale, e una struttura autorale di arie già sentite, in particolare nel flow del bridge e nella scelta classica degli accordi delle strofe.

A parte la prima nota stile Modà dell’attacco del ritornello, l’aria centrale è bella, anche se non decolla e rimane intimistica. Ci pensano gli archi a mantenere incollate tra loro le parti melodiche e a far crescere leggermente la dinamica del pezzo che altrimenti rimarrebbe sonnolenta. Il risultato è orecchiabile ed elegante nel complesso, ma l’effetto è lo stesso di una cena dove le posate d’argento e i bicchieri di cristallo diventano più importanti delle portate commestibili. Mara è brava e lo sappiamo: da lei mi aspetto di più perché ha tutti i mezzi per poterlo fare.

Will 6,5

William ha un’aria fresca, una voce giovanile perfetta per il protagonista di un personaggio della Disney e una faccia adatta ad accogliere tutti questi particolari. Al festival presenta una ballad senza pretese se non quella di farsi ascoltare. Scritta bene, con le sue chitarrine folk e un finto rap che dai trenta secondi vira velocemente su un ritornello classico e in linea agli standard copia/incolla attuali. Non si è fatto intimidire nella serata delle cover: il confronto con Zarrillo sarebbe stato devastante per molti, ma lui lo ha affrontato con un certo stile. Una partecipazione al festival onesta e un personaggio dedicato a un pubblico molto adolescenziale, ma molto più meritevole di tanti altri.

Modà 6

I Modà cantano i Modà e, nel caso del brano sanremese, imitano i Modà più iconici e riusciti della loro carriera. Intro romantico, testo importante nelle tematiche ed easy nel risultato finale, archi da commedia, ritornello senza grandi sforzi autorali. La voce stridula alla Facchinetti, i violini da soap opera, gli stacchi, i cori ruffiani, sono tutti elementi immancabili delle loro produzioni e quindi piaceranno al loro pubblico. In alcuni punti ricordano (l’ombra lontana della scrittura di) Curreri degli Stadio e il testo è debole. Gli “oh ohoh” finali del ritornello “nonepossonosentì “e ce li potevano risparmiare. Come la coda piagnucolante di chiusura che cerca di dare un tono nobile al pezzo. Ma nonostante tutte le aggravanti, non hanno giocato male la carta sanremese, tornando a modo loro sul mercato. Senza essere il peggio in circolazione.

sanremo 2023 masterclass - i modà in sala stampa durante l'intervista ai giornalisti
Sanremo 2023 masterclass – i Modà

Sethu 6

Ma quanto gli è costata la campagna promozionale con cui ha riempito l’Italia di cartelloni con la sua faccia? Comunque, il brano scivola all’ascolto e non sarebbe sfigurato nella colonna sonora di un American Pie. Si cercano gli effetti speciali nel testo (“Ho una testa di merda e ti sto odiando ma al contrario”). Ma tutto lì. Certo non dobbiamo dimenticare che Marco arriva dalla selezione di Sanremo Giovani, ha già piazzato un brano credibile (“Sottoterra”) e porta un po’ di stile musicale e un look differente. Note meritevoli comunque. Classe 1997, ha ancora il tempo di dimostrarci cosa sa fare.

Articolo 31 6,5

Gli vogliamo bene. Portano una canzone nostalgica dedicata al loro pubblico che chiude il cerchio (o comunque indica la direzione finale) di una meritata carriera. Sound e modus sentiti mille, mille e mille volte. Meglio quando arriva il marchio di fabbrica del loro flow. Il prodotto globale è modesto, ma va bene lo stesso. Il testo è bello, ma solo perché raccontato da loro.

Sanremo 2023 serata finale - Articolo 31 in sala stampa Lucio Dalla
Sanremo 2023 masterclass – Articolo 31

Lazza 8

Con Lazza si vola alto: un team galattico, suoni moderni firmati Dardust, campionamenti molto suggestivi, in particolare nell’ingresso del pezzo. Un bel look e una interpretazione professionale. “Cenere” ha probabilmente il ritornello più bello del festival, quello che tutti avrebbero voluto. Tralasciando i trucchi sonori dei ritornelli dei big, Mengoni, Mara Sattei Giorgia, Oxa, che sono efficienti ma sanno comunque di vecchio, il suo brano ha un refrain orecchiabile ma lontano dall’essere banale, in grado di non lasciare mai cadere la tensione. Il testo funziona, anche se non è un particolare fondamentale per questa operazione. Lui regge nell’interpretazione e nella tenuta scenica, e mette a segno un bellissimo passaggio della sua carriera.

Giorgia 7

Perplessità. Giorgia è un’aliena della musica italiana, seconda solo a Mina. La sua bravura è incontestabile e nel duetto con Elisa ci ha regalato una performance da pelle d’oca. Il brano che ha portato a Sanremo è stato firmato tra l’altro da uno degli autori indie più bravi e ricercati che abbiamo in Italia, Alberto Bianco. Ed è quasi inutile ricordarlo, la sua voce magica, che evoca suggestioni black e soul, è in grado di cantare qualunque cosa e farla sembrare un capolavoro.

Da lei, di cui sono innamorato da sempre, avrei voluto ascoltare qualcosa di più ambizioso. Mi lascia perplesso il pensiero che, senza nulla togliere al team che ha scelto quest’anno, questa Dea della musica italiana, avrebbe potuto selezionare un inedito tra decine di nomi: Fossati, Maurizio Fabrizio, De Gregori, Bungaro, Saverio Grandi, Renato Zero, Pacifico. La voce e il talento di Giorgia sono uno Stradivari, uno strumento raro e prezioso per cui qualunque autore sarebbe stato felice e onorato di poter scrivere. Io avrei voluto non una canzone orecchiabile ma un brano da conservare per sempre come un gioiello prezioso. Il tempo naturalmente, aldilà del mio pensiero, confermerà o no le sue scelte.

Colapesce & Dimartino 7,5

Déjà-vu battistiani, chitarre folk, testo alternativo e intelligente. Lorenzo e Antonio sono due ottimi autori e hanno trovato la formula di saper sempre arrivare al pubblico pur non abbassando il livello della qualità. Alcune immagini letterarie e alcuni concetti sono davvero colti, delicati e originali. Il ritornello stupisce meno di “Musica leggerissima” ma è comunque radiofonico. Certo, mi chiedo quanto ancora funzionerà questa miscellanea di un pop sospeso tra canzonetta, genio e lampi di profondità a cui ci hanno abituato. Ma Colapesce & Di Martino sono artisti intelligenti, basta ascoltare i loro primi album da solisti, quindi aspetto, curioso, la loro prossima mossa discografica.

Shari 6

Bella voce e bella immagine, interpretazioni non perfette, forse per l’emozione. Il taglio metrico ricorda le produzioni di Giusy Ferreri, ma il brano ha l’irriverenza di Salmo e, a differenza della maggior parte dei brani del festival, non è scritto per un pubblico adolescenziale. E questo le fa merito.

Madame 8

Il testo alla sola lettura sembrava ribelle, confusionario e debole ma, quando arriva il ritornello funziona e le parole diventano ipnotiche. Madame non sbaglia un colpo: il sound è molto moderno e curato e sembra arrivare dai Dj internazionali di Tomorrowland. Lei ha perfezionato l’immagine, limitato l’autotune regalandoci un’interpretazione da grande professionista. Leggermente meno criptica del suo brano dell’anno scorso.Sia per le melodie più leggere, sia per intelligibilità del cantato, che questa volta arriva dritto e chiaro. Una scelta musicale pop, meno personale dello stile che l’ha lanciata, ma che le permetterà di arrivare a un pubblico più grande, senza stravolgersi completamente.

Levante 8,5

Levante porta sul palco sanremese Levante. E lo fa solo come una grande vera artista può permettersi: con un brano scritto da lei (è una delle poche in questa edizione, con Ultimo) e senza utilizzare nessun trucco.

A parte la sua bellezza e il suo talento, anzi mostrando le sue debolezze, e affrontando un tema delicato, originale, anti sanremese, come la riscoperta del suo essere donna dopo la gravidanza. Già solo per questi motivi, e la sua gentilezza da antidiva, meriterebbe un premio. Il testo è uno dei più interessanti tra quelli in gara, tra assonanze, slogan apparenti e metriche musicalmente funzionali, si celano argomenti profondi cui è possibile arrivare, come in una matriosca, solo con un adeguato approccio non superficiale.

Anche la scelta musicale non cerca facili consensi ed è coerente con il suo mondo sonoro originale. Se esistessero premi per le emozioni che gli artisti sono in grado di suscitare, a Levante toccherebbe quello di aver saputo evocare i pensieri di chi ha affrontato le sue stesse naturali paure e incertezze. E di averle combattute ed esorcizzate in musica sul palco più importante d’Italia. Certo, la verità non è un parametro di moda a Sanremo e le sue scelte coraggiose le costeranno qualche livido sulla pelle; lividi che non intaccheranno minimamente il suo spessore. Levante raggiunge due obiettivi che esulano da numeri, classifiche e scalette, e che sono, secondo me, straordinari.

Il primo è che la sua canzone nasconde la magia di lasciare un messaggio preciso: un piccolo seme di pensiero ottimistico che il tempo farà fiorire nei giusti terreni emozionali. Il secondo, più piccolo e meraviglioso, è essere riuscita a portare sul palco in qualche modo, la sua piccola Alma. Sua figlia, il cui nome in spagnolo significa “Anima”. Mi piace pensare Claudia sia riuscita a portare sul palcoscenico, con sé, entrambe le sue anime.

Tananai 7,5

Dalla sua performance stonata dell’anno scorso, passando per uno dei pezzi più belli pubblicati quest’anno (“Abissale”) fino a una partecipazione notevole in questa edizione, Alberto è uno di quegli artisti che è stato capace di sorprendermi. Certo, dopo averlo penalizzato nelle valutazioni dello scorso anno, comuni amici come Adrien Viglierchio di FareMusic mi hanno invitato a tenere d’occhio questo artista. E avevano ragione: Tananai ha studiato canto, ha scelto un look da fidanzatino d’Italia e portato sul palco una ballad romantica e sdolcinata, vergognosamente ruffiana, ma perfettamente in linea con gli standard sanremesi. Una scelta che regalerà un’ulteriore bella accelerata alla sua carriera, inserendolo in una posizione privilegiata della musica italiana. Un personaggio carismatico che ha saputo ribaltare i giudizi, anche con la sua simpatia e leggerezza, ricordandoci che gli aspetti puramente tecnici alla fine sono un optional trascurabile, nel mondo dello spettacolo attuale. Successo studiato, preparato, meritato.

Rosa Chemical 7

Non ha copiato nessuno e ha avuto stile. Rosa Chemical, già autore e artista con importanti collaborazioni alle spalle, porta sul palco dell’Ariston una ventata di freschezza musicale. Nonché uno dei testi più interessanti di questa edizione, che dissacra i luoghi comuni della bella Italia. La sua presunta trasgressività? Per chi come me ha visto i Krisma e Sophia Urista, solo per citare i più estremi, lui un è un chierichetto in gita domenicale che ci ha fatto solo sorridere. Aldilà del gossip, un’artista interessante e una bella canzone, realizzata ad hoc, che ci farà compagnia per un po’ di tempo.

LDA 6

Come Gassman, ha sulle spalle un cognome importante e una carriera da costruire allontanandosi da questo. Il brano è piacevole anche se il testo è da scuole elementari. Accordi classici, piacioni e assonanze con le produzioni di Ed Sheeran subito “sgamate” anche dal pubblico meno attento, perché plateali. L’operazione globale è venderci un remake di Pupo del 1980, ma sarà premiato da scalette e spettatori, perché Sanremo è anche questo. E in questa edizione, notevole da un punto di vista di ruffianerie musicali, non solo è in buona compagnia, ma nemmeno il primo della lista.

Paola & Chiara 6

L’impressione è di trovarsi in una scena di “Ritorno al futuro” di Robert Zemeckis, dove le belle protagoniste vengono proiettate dall’anno 2000 ad oggi, annullando in un battito di ciglia ogni evoluzione musicale e stilistica degli ultimi vent’anni. I balletti mi hanno notevolmente imbarazzato, ma mi aspetto saranno prossimamente imitati da tutto un certo tipo di pubblico che mima ancora volentieri “Gioca Jouer” di Claudio Cecchetto nella versione originale.

Il brano non si fa mancare niente: dai riferimenti LGBT ad un esercito di autori, dalle discese di archi agli stacchi orchestrali. E come ciliegina sulla torta un testo inesistente che scorre a livello mentale senza stancarci con l’uso di un singolo neurone. Un brano che entrerà di diritto nelle playlist dei villaggi turistici per sempre. Paola e Chiara si giocano in modo perfettamente strategico il loro ritorno sulle scene, e “chi se ne frega” se non stiamo scrivendo la storia della musica ma solo quella del trash e del business.

Sanremo 2023 Masterclass termina qui.

Appuntamento all’anno prossimo.

Gae Capitano.

nella foto in bianco e nero gae capitano, in primo piano, con un abacchetta da direttore d'orechestra tenuta davanti al viso
Sanremo 2023 masterclass – Gae Capitano
Gae Capitano
Gae Capitanohttps://gaecapitano.it/
Paroliere, compositore, arrangiatore e musicista italiano. Disco d’Oro – Disco di Platino – Finalista Premio Tenco – Vincitore Premio Lunezia Autori- Vincitore Premio Panchina, Resto del Carlino – Vincitore Premio Huco- Finalista Premio De Andrè – Valutazione Ottimo Mogol e Docenti Centro Europeo di Toscolano