L’agrifoglio, inatteso mese estivo nel calendario arboreo irlandese

L’agrifoglio, ovvero il mese lunare di Tinne

Chi fra noi non associa l’agrifoglio al Natale? Eppure per gli antichi irlandesi era il simbolo dell’ottavo mese lunare del loro calendario arboreo, che cadeva in estate. Era preceduto dal mese della quercia e seguito dal mese del nocciolo ed era compreso tra le attuali date dell’8 luglio e del 4 agosto. Allora si chiamava Tinne e la lettera iniziale era la consonante T nel relativo alfabeto arboreo. Questo nome richiama il fuoco, che in irlandese si traduce come tine, anche se in gaelico l’agrifoglio è oggi cuileann. Per i celti, era un albero prettamente maschile, considerato sacro sia dai guerrieri, sia dagli artigiani che forgiavano le armi. 

cespuglio di agrifoglio pieno di bacche rosse

Albero della Domenica delle Palme e di Natale, per i cristiani

Sempre in Irlanda, in epoca precristiana si era convinti che le sue bacche rosse tenessero lontani spiriti maligni e streghe. Per questo motivo, dopo l’evangelizzazione dell’Isola di Smeraldo, si pensò che i suoi rami benedetti proteggessero anche le famiglie cristiane. Era tradizione benedirli la Domenica delle Palme, al posto dei rami d’ulivo, raro nei paesi nordici. Si sceglievano fronde cariche di foglie perché ognuna di esse simboleggiava un passo di Gesù sulle strade di Galilea. Solo gli uomini potevano tagliarne i rami e, una volta benedetti, portarli in casa, a custodia della pace domestica. Era un chiaro retaggio celtico, perché tra il popolo l’agrifoglio continuava a essere una pianta da maschi.

I rami di agrifoglio erano rinnovati la Vigilia di Natale, scelti questa volta con tante bacche rosse: più ce n’erano, più sarebbe stato fortunato l’anno venturo. L’importante era che non perdessero le foglie prima della Dodicesima Notte, ossia l’Epifania, perché quello sarebbe stato un segno di disgrazia. Quando gli addobbi natalizi venivano ritirati – e ciò accadeva nella festa di santa Brigida, 1° febbraio, vigilia della Madonna Candelora – non si gettava mai via l’agrifoglio. I suoi rami venivano bruciati nel camino, mentre si recitavano le preghiere del vespro.

in primo piano bacche orsse con punta nera e foglie verdi

Altre curiosità nel mondo

In Belgio, l’agrifoglio è considerato la pianta dei carrettieri. Un tempo, infatti, mettevano nelle ruote un perno o un raggio realizzato nel suo legno, per avere sempre un viaggio tranquillo e un felice ritorno a casa. Negli Stati Uniti, in un certo senso, è il patrono del grande cinema: in inglese diventa holly e Hollywood, come toponimo, significa appunto “bosco di agrifogli”. Infine, in Sud America, ha un “cugino” le cui foglie tostate sono assai apprezzate per ricavarne una bevanda simile al tè. Si tratta dell’erba mate, classificata come Ilex paraguaiensis St. Hill.

Descrizione botanica dell’agrifoglio

Il nostro agrifoglio europeo, invece, è stato catalogato come Ilex aquifolium L. e appartiene alla famiglia delle Aquifoliacee (dette anche Ileacee). Si tratta di un alberello sempreverde d’altezza compresa tra 5 e 15 metri circa, a lenta crescita, la cui chioma è conica. La ramificazione è regolare negli esemplari giovani e diventa alquanto disordinata in quelli più longevi, considerando che può raggiungere diversi secoli d’età. Anche la corteccia liscia, inizialmente verde, s’ingrigisce con il trascorrere degli anni. È una specie dioica, con individui maschili e femminili distinti. Le foglie sono alterne, dentate e spinose, assai coriacee, di un bel verde lucido sulla pagina superiore. I fiori, che sbocciano tra aprile e giugno, sono piccini, biancastri e a 4 petali. Le bacche scarlatte invernali, che maturano tra settembre e marzo, compaiono solo sulle piante femminili e contengono 4 semi ciascuna. È specie protetta in molte Nazioni europee.

primo piano di voglie verdi smeraldo appuntite di agrifoglio

Studi clinici controversi

In fitoterapia, l’agrifoglio non vanta un’antica tradizione. Basti pensare che Andrea Mattioli, nel XVI secolo, lo riteneva utile, con le sue foglie spinose, per tenere lontani i ratti dalla carne salata! Il suo contemporaneo Rambert Dodoens ne consigliava al contrario le bacche, 5 per volta, per risolvere coliche e stitichezza. Andrès de Laguna, nel 1555, proponeva di porle a macerare nel vino, per renderne più dolce il sapore. Ed erano entrambi pessimi consigli, perché i frutti dell’agrifoglio sono un veleno che può rivelarsi addirittura mortale! Solo per gli uccelli sono innocue e di questo particolare, purtroppo, si sono spesso serviti i cacciatori di frodo.

Il primo a imboccare la strada giusta fu Paracelso, di qualche decennio precedente agli altri due medici citati, che ne prescriveva le foglie contro l’artrite. Nel XVIII secolo si cominciò a impiegarle nella cura delle febbri intermittenti e, nel secolo successivo, il dottor Magendie, ottenne ottimi risultati su 13 pazienti. In questo caso, le foglie furono fatte macerare nel vino. Sempre nel XIX secolo, Reil, Rousseau e Werlhoff verificarono l’intuizione di Paracelso e utilizzarono la droga per combattere artrite, gotta e reumatismi. In uso esterno, Jean Ruel, altro medico del tempo di Paracelso, applicava cataplasmi di foglie tritate su ascessi e gonfiori in genere, disinfiammando la zona colpita.

suggestivo ramo frondato con tantissime bacche invernali rosse di agrifoglio

Attuali impieghi fitoterapici

La droga dell’agrifoglio è costituita dalle foglie ma, essendo le bacche tossiche, viene vista comunque con sospetto. A parità di efficacia, le vengono preferiti altri rimedi. Come principi attivi, contiene ilicina, rutina, teobromina, tannini e saponine. Il decotto si prepara mettendo due cucchiai rasi di droga in mezzo litro d’acqua. Si fa bollire per qualche minuto e si tiene in infusione per un quarto d’ora. Si filtra e si dolcifica: di sapore gradevole, può essere bevuto lungo la giornata come se fosse il mate sudamericano. Giova a chi soffre di reumatismi, affezioni febbrili (compresa la malaria), atonia gastrica e spasmi. I medici omeopatici prescrivono i farmaci nell’opportuna diluizione non solo per i dolori articolari ma anche per i disturbi oculari.

Da ultimo, se volete provare il vino di agrifoglio quale rimedio febbrifugo, ve lo proponiamo nella ricetta di Henri Leclerc, riportata da Pierre Lieutaghi. Si versano 25 grammi di foglie fresche tritate in 20 centilitri di alcool e si lascia macerare per 8 giorni al sole. Si aggiungono 80 centilitri di vino bianco e si fa macerare per altri 8 giorni. Poi il vino di agrifoglio filtrato è pronto per essere gustato, a piccole dosi.

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Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.